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Matteo Scarlino

Direttore responsabile RomaToday

Elezioni, la paura dell'effetto Gualtieri sui collegi romani e il rimpasto di giunta come paracadute

Tra i parlamentari dem uscenti serpeggia la paura. Archiviata, dimenticata e ridimensionata la vittoria elettorale di ottobre 2021. Al contrario si teme che i romani possano presentare il conto del primo anno di amministrazione di centrosinistra

In una Roma di centrosinistra, che da poco meno di un anno ha eletto il proprio sindaco e in cui praticamente tutti i municipi sono dello stesso colore del Campidoglio, chi - per merito o per grazia ricevuta - ha strappato la candidatura in un collegio uninominale dovrebbe fare i salti di gioia. Dati reali di meno di un anno fa, e non sondaggi, infatti certificano la possibilità di intercettare il consenso popolare e quindi di poter vincere. 

Nello strano mondo del centrosinistra però anche - e forse soprattutto - a Roma la formalizzazione delle candidature si è trasformata in un vero e proprio psicodramma. Altro che salti di gioia: chi ha ottenuto una candidatura nell'uninominale in uno dei collegi della Capitale infatti appare da giorni rassegnato alla sconfitta, come se la vittoria di 10 mesi fa non ci fosse stata o fosse arrivata per caso. Quasi nessuno ha salutato con soddisfazione la candidatura. Cirinnà, apertamente, ha parlato di schiaffo, annunciando il ritiro salvo poi ripensarci. Altri invece hanno rinunciato, mandando avanti compagni di corrente, nonostante il lavoro di anni finalizzato proprio per questo appuntamento. Altri ancora lamentano l'assenza del paracadute del plurinominale.  

La certezza è che tutti hanno visto le proiezioni dell'istituto Cattaneo che danno in bilico i collegi romani. Tutti insomma hanno annusato l'aria che oltre a sapere di monnezza profuma di sconfitta. Lo chiamano effetto Gualtieri ed agita, forse anche più del dovuto, soprattutto i parlamentari uscenti dei dem. E' la paura dell' "onda Meloni" e del modello Calenda, capace di minare le fragili certezze costruite dalla cavalcata elettorale di ottobre 2021.

Da un lato infatti tutti sanno bene come il trionfo di Gualtieri sia stato aiutato dalla debolezza del candidato di centrodestra, capace di annullare le trascinanti figure nazionali di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Dall'altro la campagna elettorale di Calenda di un anno fa, portò la lista del leader di Azione ad essere la più votata nella Capitale, più dei dem. Un modello, quello calendiano, che mostra (tra le altre cose) la ricettività dei romani verso figure mediaticamente trascinanti.

Le candidature del centrosinistra a Roma: chi ride e chi piange

Così, in un'elezione nazionale, la forza di una figura (romana di borgata per di più) come Giorgia Meloni fa paura, a prescindere da quelli che saranno gli sfidanti nei singoli collegi. Non ci sarà insomma un impacciato Michetti di turno a soffiare sulla vela rossa.  Al contrario ci sarà l'onda, sin qui travolgente, che ha portato Fratelli d'Italia ad essere il primo partito nei sondaggi.

Da qui i timori di sconfitta che diventano certezze se si guarda all'anno di amministrazione Gualtieri. Il vento a Roma è infatti tutt'altro che cambiato. I rifiuti sono a terra, il decoro latita, i trasporti sono fermi. Nessun cambio di passo, anzi decisioni difficili da digerire (vedi il termovalorizzatore) e ancora più difficili da spiegare ad un elettorato di sinistra. La luna di miele con i romani è insomma finita e il timore che il conto arrivi alle urne è forte. 

In pochi però si espongono pubblicamente in quel senso, in ossequio a quel clima da "volemose bene" che attraversa i dem romani. Tutti sanno infatti bene che proprio il Campidoglio potrebbe trasformarsi in uno dei due paracadute (l'altro sarà quello delle regionali di inizio 2023), con un rimpasto di giunta pronto ad accogliere chi eventualmente non supererà il test del 25 settembre.

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