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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Elezioni 2022, le candidature del centrosinistra a Roma: chi ride e chi piange

C'è chi ha accettato la candidatura masticando amaro, chi anche stavolta ha ottenuto ciò che voleva. E qualcuno potrebbe rientrare in gioco altrove, per esempio in Campidoglio

La chiusura delle liste di candidati Pd per le elezioni del 25 settembre ha lasciato strascichi ovunque in Italia. E a Roma i militanti e gli affezionati hanno assistito alla scena madre di Monica Cirinnà. La senatrice uscente ha prima rifiutato il collegio uninominale assegnatole dalla direzione del partito, poi ci ha ripensato accusando comunque il segretario di non averla valorizzata. Ma la paladina dei diritti civili non è l'unica scontenta. 

Lo "show" di Cirinnà

Come dicevamo, Cirinnà è tra i "notabili" dem che ha più manifestato disappunto, per usare un eufemismo. Si è sentita tradita, ha parlato di "schiaffo" e ha anche ironizzato sugli "occhi di tigre" di Enrico Letta, quelli che ogni militante deve tirare fuori in campagna elettorale per vincere contro le destre. Per la senatrice, al suo secondo mandato, lottare per strappare una vittoria nel collegio che comprende i municipi VII, VIII, IX e X oltre a Fiumicino e Ciampino sarà difficilissimo. Ed evidentemente quando le cose si fanno troppo difficili, la paura monta. Tra l'altro per lei non c'è neanche il paracadute di un listino. In chiave regionali, dopo quanto accaduto la notte di Ferragosto, Monica Cirinnà sarà quasi certamente da escludere per qualsiasi corsa alla successione di Nicola Zingaretti. 

Il collegio del termovalorizzatore

Anche Patrizia Prestipino non fa i salti di gioia. L'insegnante di latino con una già lunga carriera politica alle spalle, deputata dal 2018, è un'altra che non ha ottenuto un reale paracadute in caso di sconfitta nel suo collegio uninominale. Il partito le ha assegnato un compito difficile: vincere a Ostia e a Pomezia, collegi duri. Zona in cui entro tre anni potrebbe arrivare un inceneritore da 600.000 tonnellate l'anno. La sua area di appartenenza, Base Riformista, si è tenuta fuori dalle spartizioni non partecipando al voto in direzione. Poca pressione e soprattutto interessi altrui arrivati prima e con un peso maggiore, vedi il guru Bettini che ha ottenuto il suo posto (sicuro) con Roberto Morassut. 

L'assessore che sognava il salto in Parlamento

Il terzo e ultimo scontento è sicuramente Massimiliano Valeriani. Anche l'assessore a casa, rifiuti e urbanistica in Regione si aspettava qualcosa di sicuro, mentre sul piatto gli è stato messo il collegio uninominale che abbraccia III e IV municipio. Buono, non buonissimo. Così ha mandato avanti Enzo Foschi, vicesegretario del Pd Lazio. Un nome che poteva essere buono per una terza o quarta posizione in un plurinominale. Per molti dem ha rappresentato una vera sorpresa che ha tenuto banco per ore nelle chat di WhatsApp. Valeriani, dunque, si è rimesso seduto e aspetta l'inizio del 2023, quando si voterà di nuovo, stavolta per le regionali. 

I contenti

C'è invece chi, anche stavolta, ha ottenuto ciò che voleva. AreaDem quattro anni fa portò quattro suoi rappresentanti, stavolta solo due ma in collegi quasi blindati: Bruno Astorre e Michela Di Biase hanno possibilità altissime di vincere. Il primo, già senatore, è capolista del collegio P02 al plurinominale per il Senato (l'area di tutte le province laziali, il suo fortino), la seconda è capolista del collegio P02 al plurinominale per la Camera, che comprende non solo l'VIII municipio (senza Garbatella) e Guidonia, ma anche il municipio dove è nata e cresciuta. 

Ovviamente anche Roberto Morassut può sorridere. Si trova candidato al collegio uninominale per la Camera nelle identiche zone di Di Biase, con l'aggiunta di Ciampino. Come lui Marianna Maddia, l'onnipresente. E' seconda nel listino plurinominale per la Camera dietro a Zingaretti nel collegio considerato il più sicuro in assoluto, quello che unisce il centro storico con Garbatella. Ed è capolista anche nel listino plurinominale a Viterbo. Una doppia candidatura che permetterebbe al segretario romano del Pd, Andrea Casu, di entrare in Parlamento nonostante il terzo posto nel collegio di Zingaretti. Anche Claudio Mancini ha, come nel 2018, la sua zona di comfort: capolista nel collegio plurinominale alla Camera (il P03 che comprende IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV, Pomezia e Fiumicino) e candidato all'uninominale alla Camera nelle zone dell'XI, XII e Fiumicino. Anche in questo caso la doppia candidatura in due collegi contendibili (c'è chi li considera anche abbastanza vincenti, soprattutto quello per la Camera), è strategica: dietro di lui, al plurinominale, ci sono Caterina Cerroni e  - soprattutto - il frusinate Francesco De Angelis. Quattro anni fa non riuscì ad entrare in Parlamento, stavolta potrebbe farcela. 

Sorride Ciani

Il sorriso più grande, sfoggiato anche nella grafica elettorale postata sui social pochi minuti dopo l'ufficializzazione delle liste, è quello di Paolo Ciani. Esponente da trent'anni della comunità di Sant'Egidio, è consigliere regionale dal 2018 e comunale dal 2021. Non è del Pd, ma di Demos - che ha praticamente fondato - e per lui è stato scelto un collegio uninominale alla Camera che meglio di così, si muore: I, II municipio e Garbatella. Se perdi è perché ti ci sei messo d'impegno. 

Dalla Regione, verso la Regione

Sin dall'inizio la partita per le politiche del 25 settembre si è incrociata con quella per le regionali. Nicola Zingaretti, governatore uscente, da mesi lavora per il suo approdo in Parlamento e per riuscirci è stato ben attento nello scansare una candidatura all'uninominale. Per lui c'è un'elezione sicura dietro l'angolo, da capolista del collegio plurinominale alla Camera. Uno che, a quanto pare, avrebbe volentieri giocato il match di fine settembre è Enrico Gasbarra, ma è arrivato tardi: le richieste delle correnti più pesanti erano già state soddisfatte, i posti buoni già occupati. Così, dice chi gli sta vicino, sarebbe proiettato già alla sfida successiva, quella per un posto alla Pisana. Ma anche lì potrebbe trovare tutte le porte chiuse. 

Effetto Gualtieri

Detto di contenti e scontenti, ci sarebbe anche da ragionare sul perché, 10 mesi dopo l'elezione di Roberto Gualtieri, i candidati del Pd non si sentano sicuri dell'elezione praticamente da nessuna parte, tranne che nei collegi della Ztl. A sentire qualche voce da dentro il partito il motivo è drammaticamente semplice: "La città è amministrata male". E allora chissà che prima di quanto si possa pensare, il sindaco possa essere chiamato ad un rimpasto. E qualche scontento post-direzione nazionale potrebbe entrare in gioco per un posto in Campidoglio. Magari per portare qualche peso oggi in carico a Sabrina Alfonsi.

L'effetto Gualtieri sui collegi romani e il rimpasto di giunta come paracadute

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