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Stop a minimarket e souvenir, l'appello a Raggi: "Regole M5s non tutelano il decoro del Centro"

La lettera appello di 25 tra comitati e associazioni che si battono per la salvaguardia del tessuto commerciale cittadino

Tutti contro il regolamento del commercio nel centro storico, il testo licenziato in giunta a febbraio 2018 pronto ad approdare in aula Giulio Cesare. Sono 25 le realtà civiche tra associazioni e comitati di quartiere che hanno firmato un appello diretto alla sindaca Virginia Raggi e a tutta l'assemblea capitolina. Da Italia Nostra al Fai (Fondo per l'ambiente italiano) al  Coordinamento residenti della città storica, da Sos Coronari a Vivere Trastevere a Progetto Celio, dal comitato per la Bellezza a quello per la tutela di via Giulia al comitato rione Monti, la richiesta va nella direzione di norme più stringenti per salvare il cuore della Città Eterna dall'invasione lenta e costante di minimarket, fast food, pizzerie a taglio, negozi di souvenir di ogni genere.

Tutelare il tessuto commerciale del centro è tra le missioni chiave delle associazioni, e il testo che verrà votato in Consiglio non sembra andare in questa direzione. Comincia così la nota consegnata in Campidoglio: "Il nostro è un invito alla responsabilità che vi abbiamo delegato. Qualsiasi decisione favorevole all’interesse di alcuni ma contraria all’interesse generale rappresenterebbe una scelta politicamente incomprensibile oltre che deleteria per il presente e futuro della città storica". Perché "così com’è" il testo "produrrebbe effetti palesemente opposti a quelli che dichiara di voler perseguire. Tutto sarebbe vano e peggiorativo, perché tenderebbe ad annullare quel poco che ha funzionato delle prescrizioni contenute nelle delibere in vigore". 

Con una serie di cifre significative, i firmatari danno un rapido quadro dello status quo: nel I municipio centro storico, le attività di somministrazione costituiscono circa il 22% di quelle presenti in tutta Roma, i laboratori artigianali alimentari il 24% e le attività di vicinato alimentare il 23%. Un territorio già saturo quello del centro di Roma.

Al centro delle critiche le mancate restrizioni su nuove aperture per somministrazioni di cibo e bevande in diversi quartieri chiave della movida romana, vedi San Lorenzo e Ponte Milvio, oltre al mancato stop anche nei siti Unesco ai negozi di souvenir e alle finte gallerie d'arte che all'occorrenza si trasformano in bar, enoteche, pub.  "Avevamo chiesto che l’inibitoria fosse estesa a tali attività commerciali, ma la richiesta non è stata accolta con la motivazione che Roma è una città a vocazione turistica e che, pertanto, non si possono limitare le aperture di questi esercizi". Eppure "basta guardarsi intorno per rendersi conto dello scempio causato dall’incontrollata moltiplicazione dei negozi di souvenir che, con la loro merce esposta, di infima qualità, deturpano facciate di edifici e monumenti". 

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