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In sciopero della fame per il figlio disabile: "Da 7 anni in lista d'attesa per un centro diurno"

Da 48 ore la madre, Elena Improta, consigliera del Gruppo Misto in II municipio, ha smesso di mangiare. "Questo è un sistema di assistenza che non funziona, i nostri ragazzi vengono rifiutati"

In lista d'attesa da sette anni, accolto in una sola struttura a patto che la famiglia pagasse di tasca sua l'assistente di base, e in un'altra dove è stato rimandato a casa dopo una settimana di prova. Un calvario che va avanti a suon di porte in faccia. Per Mario, 26 anni, affetto da tetraparesi spastica, non c'è posto. 

Da 48 ore la madre, Elena Improta, consigliera del Gruppo Misto in II municipio, è in sciopero della fame. "Non ho più niente da perdere, siamo sfiniti, ci metto la faccia perché è l'unico modo che mi è rimasto per portare alla luce un problema gravissimo, non solo mio, ma di tante famiglie con figli disabili che vedono i loro ragazzi rifiutati". Un sistema che non funziona, che fornisce assistenza solo a un ristretto gruppo di utenti in base a criteri arbitrari, non potendo contare su impianti normativi adeguati a garantire a tutti lo stesso trattamento. 

CENTRI EX ART.26/833 - Nel mirino della denuncia ci sono i centri diurni per disabili ex art.26, che gravano sul bilancio della sanità pubblica, pensati per fornire piani riabilitativi individuali con la partecipazione di tre attori: famiglie, asl, e municipi. Dovrebbero ospitare chi non va più a scuola, ma non è in grado di  strutturare in maniera autonoma un proprio percorso di vita. Le convenzioni in atto con la regione Lazio prevedono il sistema dell'accredimento. Gli enti, molti di natura religiosa, possono aggiundicarsi la prestazione presentando un progetto agli uffici preposti. E decidendo, con un'autonomia di fatto, i criteri di accesso alle strutture. 

"Mio figlio è un disabile ad alto carico assistenziale - ci spiega Elena - necessita di un'assistenza con rapporto 1 a 1, e l'unico caso in cui è stato accettato ci è stato chiesto di pagare noi l'operatore che lo avrebbe seguito, operatore che non ha la copertura assicurativa. Ci dicono che non hanno soldi a sufficienza, ma possono contare su 129 euro al giorno a operatore. Com'è possibile? Le terapie di riabilitazione durano al massimo 40 minuti, nel resto della giornata mio figlio e i disabili come lui svolgono le stesse attività ludiche di tutti gli altri, guardano la televisione, giocano".

Si preferisce piuttosto accogliere chi ha handicap certificati come "medio-lievi", con un grado maggiore di autonomia, che dopo un tot di anni di terapia dovrebbe potersi trasferire in strutture di altro tipo, che però non ci sono. "Facciamo i conti con un'assenza totale di progetti sociali e di inclusione, così mio figlio e tanti ragazzi restano in lista d'attesa, quelli medio-lievi rimango dentro i centri, e posti per i disabili ad alta assistenza non ce ne sono". Così Mario rimane a carico della famiglia, che però non ha intenzione di mollare. 

"Ora è il momento di contarci e andare insieme a bussare alla porta della Regione Lazio, che deve garantire anche ai disabili ad alto carico assistenziale risorse economiche e operatori competenti. Comincio io. E busso forte. Con un digiuno davanti alla sede della Regione, sostenuto anche dalla presidenza della Consulta Handicap Regionale e dall’UFHA". E con la solidarietà di Fish Onlus (Federazione Italiana Superamento Handicap) e del presidente della sede del Lazio, che ha sottoscritta una lettera indirizzato al presidente Zingaretti. La riportiamo di seguito. 

Al Presidente della Regione Lazio
Nicola Zingaretti
Al Dott Alessio D'Amato
Alla D.ssa Flori De Grassi

Facciamo seguito ad alcune segnalazioni riguardanti aspetti critici relativi alla presa in carico di persone disabili con alto carico assistenziale. segnalando la difficoltà nell'accesso alle strutture accreditate a SSR a persone con disabilità gravi che richiedono un livello assistenziale 1 a 1.
L'attuale quadro normativo in materia non favorisce l'accesso delle persone disabili in argomento, a ciò si aggiunge l'affidamento della valutazione per l'ingresso direttamente a dette strutture accreditate, elementi che ci lasciano fortemente perplessi riguardo la presa in carico di persone che, spesso, sono ritenute non adatte anche per l'attuale sistema di regolamentazione di detti centri. Il presidio odierno, da parte di alcune famiglie, rappresenta un primo momento di esasperazione, di cui tutti dobbiamo prendere coscienza, attraverso azioni tempestive. 

Al fine di migliorare il livello di assistenza riabilitativa si chiede un incontro urgente, finalizzato, fra l'altro, ad individuare soluzioni e un'eventuale sistema di deroghe da applicare a specifiche condizioni personali e della struttura ospitante. In questo modo si potrebbe garantire un accomodamento ragionevole che tenga conto delle esigenze delle persone disabili e dell'equilibrio finanziario.
Restiamo in attesa di cortese contatto
Il Presidente della FISH Lazio

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