rotate-mobile
Venerdì, 26 Aprile 2024
Banda della Magliana

Marcello Colafigli resta in carcere, la sentenza della Cassazione: "È ancora pericoloso"

Condannato all'ergastolo nel 1990 aveva beneficiato del regime di semi libertà venendo trovato nel febbraio del 2021 in un bar frequentato da pregiudicati


Resta in carcere in quanto ancora troppo pericoloso. Così la Corte di Cassazione si è espressa sul ricorso dell'avvocato di Marcello Colafigli, il "Bufalo" di Romanzo Criminale ed ex esponente di spicco della Banda della Magliana. Nato a Poggio Mirteto 68 anni fa, "Marcellone" è stato condannato all'ergastolo nel 1990 con sentenza definitiva. Ottenuto il regime di semi libertà nel febbraio di quest'anno Colafigli è stato trovato dalla polizia in un bar frequentato da pregiudicati ad Ostia con gli inquirenti che gli hanno revocato il diritto per non aver rispettato le prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza.

La decisione di lasciare Marcello Colafigli in carcere è stata emessa dalla Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione presieduta da Angela Tardio dopo che l'avvocato di "Marcellone" aveva fatto ricorso in seguito alla revoca del regime di semi libertà. Come si legge nel documento datato 23 settembre 2021, "con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava l'istanza di concessione di detenzione domiciliare per motivi di salute avanzata da Colatigli Marcello, condannato all'ergastolo".

Avvocato di Marcello Colafigli che aveva fatto ricorso in Cassazione "deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. La decisione, alla luce delle condizioni di salute del ricorrente, non era coerente con la tutela del diritto alla salute. La motivazione del provvedimento era apparente". 

Ricorso, che come scrive la Corte di Cassazione "è inammissibile in quanto basato su considerazioni in fatto e argomentazioni manifestamente infondate. Il Tribunale di Sorveglianza ha fatto riferimento alla pericolosità del soggetto", "che impedisce il differimento della pena per motivi di salute se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti". 

"Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la valutazione è stata ancorata all'attualità, avendo il Tribunale di Sorveglianza tenuto conto delle gravi violazioni degli obblighi derivanti dal regime di semilibertà che avevano portato alla revoca della misura - scrive ancora la settima sezione penale della Cassazione -. Con riferimento alle condizioni di salute del ricorrente, l'ordinanza non nega affatto che il detenuto sia affetto da varie patologie che necessitano di contatti con gli specialisti e le strutture ospedaliere, ma esclude che le stesse comportino un'incompatibilità con il regime detentivo".

"L'evocazione del rischio Covid, poi, è del tutto sganciata da elementi concreti. Alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione consegue" "la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di euro 3.000 (tremila) in favore delle Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000)". 

"P.Q.M. (per questo motivo ndr)", la Corte di Cassazione "Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 alla Cassa delle Ammende". 
 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Marcello Colafigli resta in carcere, la sentenza della Cassazione: "È ancora pericoloso"

RomaToday è in caricamento