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Cronaca

Inchiesta bus, Alemanno: "Estraneo alla vicenda, mi ricandido"

Sulla presunta tangente di 600 mila euro per la fornitura di 45 bus a Roma Metropolitane il sindaco si difende: "Niente a che fare"

Ha chiamato in causa "la segreteria del sindaco Alemanno" e adesso le sue dichiarazioni sono al vaglio degli inquirenti. Continua il terremoto ai vertici del Campidoglio per l'inchiesta sulla tangente di 600 mila euro che avrebbe fatto da sfondo alla commessa da 20 milioni di euro per la fornitura di 45 bus a Roma Metropolitane. A scuotere l'entourage del primo cittadino le dichiarazioni dell'imprenditore Edoardo D'Incà Levis per i riferimenti alla destinazione della mazzetta.

Le verifiche disposte dalla procura su quanto emerso dall'interrogatorio del manager portano in Svizzera e più precisamente in due istituti di credito dai quali sono usciti, secondo il resoconto del manager, italiano residente a Praga da 40 anni, circa 750 mila euro. Questi, attraverso il meccanismo delle sovrafatturazioni, avrebbe consentito a Roberto Ceraudo, all'epoca dei fatti, 2009, amministratore delegato della Breda Menarini, azienda interessata alla commessa, di realizzare il "fondo nero" da 600 mila euro necessario per il versamento del balzello.

Di questi 750 mila euro, 100 mila sarebbero stati trattenuti da D'Incà Levis come compenso, ed altri 50 mila sarebbero finiti in altri rivoli. Da qui la rogatoria internazionale che il pm Paolo Ielo, titolare degli accertamenti, si appresta ad inoltrare a Berna. Contatti, tuttavia, con le autorità elvetiche, sono già stati avviati tanto che due conti citati dall'imprenditore sono bloccati e non più operativi. Ma l'attendibilità di D'Incà Levis passa anche attraverso altre considerazioni: la frase "Ceraudo fece riferimento alla 'segreteria di Alemanno' come destinataria delle risorse finanziarie" è al vaglio degli inquirenti e gli accertamenti hanno già toccato, Riccardo Mancini, ex ad dell'Ente Eur ritenuto destinatario di una parte della tangente, 150 mila euro.

Oggi sulla figura di D'Incà Levis è intervenuto il suo difensore, Alessandro Diddi. "Il mio assistito - ha detto - ha fornito documentazione inconfutabile di ciò che è accaduto ed altra ne consegnerà nei prossimi giorni così che potranno essere messe a tacere tutte le illazioni riguardanti possibili strumentalizzazioni politiche alle quali il mio cliente si sarebbe prestato attraverso insinuazioni". "D'Incà Levis - ha aggiunto - non è un oscuro personaggio come qualcuno, incautamente, lo ha definito. Egli è un rispettabilissimo imprenditore che si è trovato suo malgrado coinvolto in una vicenda che ha potuto chiarire immediatamente". Gli sviluppi dell'inchiesta potrebbero quindi riservare nuove sorprese. Allo stato gli indagati sono sei: oltre a Mancini, Ceraudo, attualmente detenuto a Regina Coeli e interrogato ieri per 5 ore a Coeli, e D'Incà Levis, ci sono Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Cola, ex consulente esterno del colosso di piazza Monte Grappa, e Marco Iannilli, commercialista di Cola. Intanto, la vicenda finisce all'attenzione della politica.

ALEMANNO - Il sindaco Alemanno nega di aver avuto alcun potere sulla gara in questione e conferma la sua ricandidatura alle comunali di Roma. Al suo fianco, dopo il segretario del Pdl Angelino Alfano, che ha accusato la sinistra di accuse "strumentali", "ventilate e non provate", si è schierato anche Silvio Berlusconi denunciando "l'ennesimo caso di giustizia ad orologeria".

"In una mail del 10 aprile 2008 secondo D'Incà Levis si definiscono già gli elementi di corruzione. Vorrei ricordare che in quella data non si era ancora svolto il primo appuntamento delle elezioni" ha detto il primo cittadino durante una conferenza stampa in Campidoglio indetta per chiarire l'accaduto. "Bisogna chiedere a questo signore perché e percome ha citato questa mia segreteria - ha aggiunto - Per la mia amministrazione il potere di influenza era zero. Non so a che titolo cita il mio staff. Così come è da chiedere a lui come e perché vengono fuori queste vicende. Prima è uscita fuori l'ipotesi che Mancini è diventato amministrato di Eur Spa proprio per questa intermediazione, poi che era stato Mancini a prendere questa tangente e infine la segreteria di Alemanno. Tra un po' uscirà fuori che è stata mia madre a prenderla". "Inoltre vorrei sottolineare il fatto che il rapporto con la Breda Menarini è un subappalto gestito dall'Ati privata - ha concluso Aleamanno - e non riguarda il Comune".

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