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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Dalla guerra di Camorra ai napoletani del Tuscolano: le origini della cupola romana

La cronistoria dell'arrivo nella Capitale degli uomini del boss Senese prima e di Pagnozzi poi, ed il successivo radicamento con il substrato criminale romano

Una organizzazione criminale “autoctona”, strutturata secondo un modello tipico della malavita organizzata romana ma attuata sul territorio con le modalità mafiose delle minacce, delle intimidazioni e delle violenze. Questa la struttura dei 'Napoletani del Tuscolano', l'associazione mafiosa operante nelle periferia sud est della Capitale per conto dei boss Michele Senese prima e Domenico Pagnozzi poi.

OPERAZIONE TULIPANO - Una struttura criminale sgominata dai carabinieri del Reparto Opertivo di Roma che hanno eseguito 61 ordinanze di custodia cautelare sequestrando preventivamente beni ed immobili provento delle attività criminali del sodalizio per un totale di oltre 10 milioni di euro.

NUOVA FAMIGLIA DELLA CAMORRA - Secondo quanto ricostruito dagli investigatori l'associazione per delinquere di matrice camorristica individuata nel corso della Operazione Tulipano era capeggiata, fino al suo arresto, dal noto pluripregiudicato di origine campana Domenico Pagnozzi, detto 'Mimì o Professor', e gravitava nell’ambito della variegata e composita compagine criminale operante sotto l’egida di Michele Senese, detto 'O pazz', quest’ultimo in passato appartenente al clan Moccia di Afragola e militante nella Nuova Famiglia della camorra di Carmine Alfieri.

GUERRA DI CAMORRA - In particolare Michele Senese aveva stabilito la sede dei suoi affari nella Capitale nei primi anni '80, dopo essere arrivato nell'Urbe alla ricerca dei cosiddetti 'Cutoliani', scampati alla faida di Camorra nel capoluogo partenopeo e fuggiti in parte nella vicina Capitale. In particolare Michele 'O Pazz', arrivato a Roma dopo la dissoluzione della Banda della Magliana, ha per anni imposto il suo potere criminale su buona parte della città, affermandosi quale leader indiscusso di un agglomerato criminale capace di aggregare sia soggetti di origine campana da anni stabilitisi a Roma, che pericolosi criminali locali e di operare sul territorio avvalendosi del metodo mafioso tipico delle organizzazioni camorristiche.

CUPOLA ROMANA - Sebbene di matrice camorristica, il clan Senese deve essere considerato un’organizzazione criminale “autoctona”, strutturata secondo un modello tipico della malavita organizzata romana e operante prevalentemente nell’area sud della Capitale, dove ha la sua roccaforte nelle zone della Tuscolana e di Cinecittà.

MICHELE O PAZZ - L’autorevolezza e il carisma di Michele Senese, derivante dalla sua sanguinaria militanza camorristica, ne ha fatto comunque un punto di riferimento per tutti gli ambienti criminali romani e gli ha consentito di esercitare la sua influenza sull’intera città, in virtù dei rapporti di non belligeranza nel tempo instaurati con gli altri esponenti apicali della criminalità organizzata romana.

L'ARRIVO DI MIMI' O PROFESSOR - In tale ambito, stante la sua caratura delinquenziale, si inserisce stabilmente su Roma a partire dal 2005 la figura di Domenico Pagnozzi, che ha operato per anni in collaborazione diretta con il Senese, atteggiandosi a suo “reggente” nei periodi di detenzione di quest’ultimo.

RIFERIMENTO DEI CLAN CAMPANI - Sebbene l’esistenza di un clan Senese attivo a Roma non abbia ancora avuto un riconoscimento giudiziale, numerosi collaboratori di giustizia hanno indicato lo stesso Michele O pazz quale punto di riferimento sulla capitale per i clan campani, come è stato peraltro accertato nelle recenti indagini del Nucleo Investigativo Carabinieri di Roma sull’omicidio di Giuseppe Carlino, perpetrato a Torvajanica, litorale romano, il 10 settembre del 2001, sulla base delle quali, il 31 ottobre 2014, la Procura della Repubblica di Roma – Dda ha ottenuto la condanna all’ergastolo di Michele Senese e Domenico Pagnozzi, il primo quale mandante e il secondo quale esecutore materiale del delitto.

L’ASSOCIAZIONE MAFIOSA DI DOMENICO PAGNOZZI - Dunque un nuovo reggente per i 'Napoletani del Tuscolano', una figura criminale di alto livello come quella di Domenico Pagnozzi. Nato a Napoli, 'Mimì o professor', ha riportato numerose condanne per omicidio, partecipazione ad associazione di tipo mafioso, detenzione di armi da guerra e clandestine ed estorsione aggravata. Negli anni ’80, militò insieme a Michele Senese nella federazione camorristica denominata Nuova Famiglia capeggiata da Carmine Alfieri e Pasquale Galasso, partecipando alla cosiddetta guerra di camorra contro la N.C.O. (Nuova Camorra Organizzata) di Raffaele Cutolo.

CLAN DEI CASALESI - In tale ambito, Domenico Pagnozzi era vicino al clan dei “Casalesi” di Antonio Bardellino che gli affidò il controllo della zona di San Martino Valle Caudina (Comune in provincia di Avellino), fino a Benevento. In seguito, egli è stato riconosciuto giudizialmente capo e organizzatore di un’associazione di tipo camorristico denominata “clan Pagnozzi” operante nella Valle Caudina, a Montesarchio, Sant'Agata dei Goti, Airola, Benevento e nella Valle Telesina e territori limitrofi del Sannio e dell'Irpinia.

GRUPPO CAMORRISTICO ROMANO - L’indagine “Tulipano” ha evidenziato come una volta stabilitosi a Roma, Domenico Pagnozzi abbia qui costituito un proprio gruppo mafioso, del tutto autonomo rispetto a quello da lui capeggiato nella Valle Caudina e operante nella zona sud-est di Roma (Tuscolano-Cinecittà), coesistendo, in condizioni di autonomia operativa e di alleanza con il gruppo Senese, in virtù della comune matrice camorristica e della stretta vicinanza tra i due capi.

CRIMINALITA' CAMPANA E ROMANA - Anche l’organizzazione mafiosa capeggiata a Roma dal Pagnozzi è caratterizzata dall’integrazione tra elementi di origine campana e noti criminali romani, tanto da poter essere considerata anch’essa una realtà criminale “autoctona” che si avvale però della connotazione camorristica del suo capo e di alcuni suoi affiliati per accrescere la propria forza intimidatrice sul territorio della capitale, dove il gruppo criminale è noto come “i Napoletani della Tuscolana”; del resto, purmutuando alcune delle caratteristiche della camorra, a Roma anche il Pagnozzi ha dovuto adottare un modus operandi più discreto al fine di adeguarlo alle peculiarità del tessuto sociale romano, profondamente diverso rispetto a quello di origine del metodo mafioso.

L'ASCESA DI MIMI' O PROFESSOR - Per alimentare la componente napoletana del gruppo criminale romano, il Pagnozzi attingeva dalla schiera di soldati del sodalizio da lui capeggiato in Campania, facendo trasferire nella Capitale le persone da lui ritenute più idonee e rimandando indietro coloro che fossero risultati non adeguati all’incarico. L’indagine ha consentito di monitorare il periodo immediatamente successivo alla temporanea uscita di scena di Michele Senese e del gruppo di suoi fedelissimi, arrestati nel 2009 con l’operazione “Orchidea” del ROS e la conseguente ascesa di Domenico Pagnozzi quale “reggente” del contesto criminale e curatore degli interessi del Senese stesso. In sostanza Domenico Pagnozzi ha occupato con la propria struttura criminale il vuoto generatosi sul territorio a seguito dell’arresto di Senese.

LEADERSHIP DI PAGNOZZI -  Nell’ordinanza di custodia cautelare viene riconosciuta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione all’associazione mafiosa promossa e capeggiata da Domenico Pagnozzi per 13 persone, che costituiscono il nucleo centrale di suoi fedelissimi, a cui si affianca la più ampia struttura del clan dedicata al traffico di sostanze stupefacenti, i cui 29 componenti individuati sono indagati del delitto di cui all’art. 74 del DPR 309/90. Entrambe le strutture sono risultate dotate di indiscusse gerarchie, rigide regole di comunicazione interna finalizzate a impedire la rilevazione della struttura criminale ad opera delle forze dell’ordine e da chiare ripartizioni dei compiti tra gli affiliati. Indiscussa la leadership di 'Mimì O Professor'.

GLI AFFARI DEL CLAN PAGNOZZI - Il traffico di sostanze stupefacenti e l’alimentazione di alcune piazze di spaccio della capitale hanno costituito certamente uno dei settori criminali di maggiore interesse per il clan Pagnozzi il quale ha fatto ricorso sistematicamente all’intimidazione e alla violenza per risolvere le vertenze insorte con i clienti ai minori livelli della catena di distribuzione del narcotico e, al contempo, del carisma camorristico di Domenico Pagnozzi per regolare i rapporti con gli altri gruppi criminali, anche di tipo mafioso, operanti nel settore del narcotraffico.

PIAZZE DELLO SPACCIO - Nel corso dell’indagine è stato infatti documentato come il clan Pagnozzi rifornisse le piazze di spaccio delle zone di “Quarticciolo – Centocelle”, “Borghesiana – Ponte di Nona” e “Tor Pignattara – Pigneto” e sono state accertate numerose estorsioni e gravi atti intimidatori realizzati dai componenti del sodalizio al fine di imporre il volere del clan e di recuperare i proventi del traffico di droga.

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