rotate-mobile
Lo stratagemma / Casal de Pazzi / Via Raffaele Majetti

Carcere Rebibbia: un drone per portare droga e telefoni cellulari ai detenuti

Il carico intercettato e sequestrato dalla polizia penitenziaria

Come nella seria televisiva "Vis a Vis" ambientata in un carcere femminile spagnolo, facevano entrare droga e telefoni cellulari nelle celle attraverso un drone. Finzione scenica della serie tv spagnola che ha trovato riscontro nel carcere romano di Rebibbia dove gli agenti della polizia penitenziaria hanno sequestrato diversi telefoni cellulari e dello stupefacente che erano stato introdotti nel Nuovo complesso della casa circondariale di via Majetti attraverso un drone. A darne notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, per voce del Segretario Nazionale per il Lazio Maurizio Somma ed il Sindacato di Polizia Penitenziaria (Spp) per voce del segretario generale Aldo Di Giacomo. 

Il sindacalista del Sappe spiega che il personale di polizia penitenziaria di Rebibbia "è stato molto bravo ad intercettare il drone ed a eseguire prontamente una perquisizione che ha permesso di sequestrare più di dieci telefonini, pani di hashish, cavi e fili per la ricarica degli apparecchi telefonici e svariate carte Sim - spiega Maurizio Somma -. L'attenta sorveglianza posta in essere alla video sorveglianza ha consentito ai baschi azzurri di rilevare la presenza del drone nonostante le tenebre della sera. Non è la prima volta che si rinvengono involucri contenenti droga e telefonini illecitamente introdotti con droni; una vera e propria “manna dal cielo" per i detenuti destinatari che possono condurre i loro illeciti traffici anche con l'esterno. Vengono cosi confermate tutte le ipotesi investigative circa l'ormai conclamato fenomeno di traffico illecito a mezzo droni, fenomeno questo favorito anche dalla libertà di movimento dei detenuti a seguito del regime custodiale aperto e delle criticità operative attuali, in cui opera la polizia penitenziaria, con dei livelli minimi di sicurezza". 

"I droni - gli fa eco Aldo Di Giacomo del Spp - sono diventati da tempo lo strumento più diffuso per far entrare in carcere di tutto, senza dimenticare la pistola arrivata con il drone nel carcere di Frosinone e la sparatoria che è seguita, e soprattutto telefonini. E’ il caso di ricordare che nel giro di un anno nelle carceri italiane sono stati rinvenuti 1.761 telefoni cellulari. Erano stati 1.206 nel 2019 e 394 nel 2018. Solo una piccola parte arriva attraverso droni contro i quali non credo serva a molto la “schermatura” delle carceri come pure qualcuno ha proposto tenuto conto che come è stato accertato la “consegna” avviene in tanti altri modi, tra i quali c’è il sistema dei fucili o pistole ad aria compressa, come quelli dei bambini ma potenziati e modificati, in grado di sparare il mini telefono cellulare direttamente in cella da distanze considerevoli".

Il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria sottolinea che "la disponibilità di un telefono cellulare durante il periodo di detenzione, altro che per parlare a fidanzate ed amanti, è funzionale a obiettivi criminali ed a coltivare la supremazia nell'ambito dei rapporti carcerari perché quella disponibilità permette al detenuto di mantenere continui rapporti con il proprio ambiente esterno di provenienza e persino di continuare ad impartire disposizioni criminose da eseguire al di fuori della struttura carceraria, con ricadute assai negative sia sulla praticabilità di percorsi rieducativi (ove si tratti di condannati definitivi), sia per il soddisfacimento di eventuali esigenze cautelari per i così detti 'non definitivi', sia in generale per l'ordine pubblico".

Ferma infine denuncia di Donato Capece, segretario generale del Sappe: "I droni, se da un lato hanno grandi possibilità di sviluppo, comportano, però, anche innumerevoli questioni in termini di privacy e di sicurezza, in quanto per la loro natura si prestano ad essere impiegati in diverse attività illecite. Con riferimento alla sicurezza negli istituti penitenziari, è dal 2015 che abbiamo denunciato l’introduzione illecita di sostanze stupefacenti, e di oggetti comunque non consentiti, all’interno degli istituti penitenziari, mediante appunto l’utilizzo dei droni.  Pensiamo cosa potrebbe accadere se un drone riuscisse a trasportare esplosivo o armi dentro a un carcere, come per altro è successo alcuni mesi fa in quello di Frosinone quando un detenuto prese in ostaggio il personale di Polizia con una pistola giunta col drone.

Segretario generale del Sappe che quindi conclude: "Io credo che la Polizia Penitenziaria debba disporre di un Nucleo di poliziotti penitenziari specializzati ed esperti nell’utilizzo e nella gestione dei droni sia in ottica preventiva che dissuasiva dei fenomeni di violazione degli spazi penitenziari o di introduzione di materiale illecito di qualsiasi natura. Per altro i droni si prestano bene alla ricognizione delle aree vicine ad un carcere e possono fornire valido aiuto: pensiamo, ad esempio, in caso di evasione giacché consentono velocemente di rilevare e monitorare ampi spazi senza essere visti. Ovviamente - conclude Capece - al drone si devono accompagnare strumenti di ultima generazione, ad esempio software in grado di utilizzare i frame dei video mandati alle centrali operative e, soprattutto, una formazione specializzata per il personale". 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Carcere Rebibbia: un drone per portare droga e telefoni cellulari ai detenuti

RomaToday è in caricamento