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Cronaca

Trentatre anni fa la tragedia di Alfredino Rampi

Rimase intrappolato a sei anni in un pozzo artesiano a Vermicino, vicino Frascati. Morì dopo tre giorni di soccorsi vani, con le telecamere che hanno ripreso i fatti in diretta, minuto per minuto

Trentatre anni fa, a Vermicino, è morto Alfredo Rampi. Un fatto di cronaca che ha segnato l'Italia, che tutti conoscono, che nessuno dimentica. Il piccolo Alfredino, sei anni, è caduto in un pozzo artesiano in via Sant'Ireneo, in località Selvotta, una piccola frazione di campagna vicino a Frascati, lungo la via di Vermicino

Rimasto intrappolato a 60 metri di profondità ha perso la vita dopo tre giorni di vani tentativi di salvataggio. Una corsa mortale contro il tempo che, per la prima volta nella storia del paese, è stata ripresa minuto per minuto. Una diretta "del dolore" che ha sdoganato qualunque pudore mediatico. Rai 1, Rai 2, Rai 3, speleologi, volontari, familiari, curiosi che hanno accerchiato quel pozzo, non transennato, per ore.   

LA CADUTA - Intorno alle 19 di mercoledì 10 giugno 1981, il piccolo Alfredo Rampi sta tornando da una passeggiata in campagna con il padre Ferdinando. Poco distante da casa, chiede di poter continuare il cammino da solo. Il padre acconsente, ma il piccolo non torna a casa e i genitori alle 21 e 30 allertano le forze dell'ordine.

Vane le ricerche nella campagna circostante. Alle 24 l'agente di polizia Giorgio Serranti si accorge che dall'imboccatura di un pozzo artesiano, coperto da un bandone di lamiera e sito a poca distanza dalla casa dei Rampi, provengono lamenti. E' Alfredino. 

I TENTATIVI FALLITI - Sul posto i Vigili del Fuoco assumono il comando delle operazioni di salvataggio. Il bambino viene localizzato a 36 metri di profondità. Si prova a calare nell'imboccatura una tavoletta legata a corde, per consentire al bimbo di aggrapparsi, ma si fa peggio che meglio: la tavoletta si incastra e ostruisce il condotto. I soccorritori comunicano con Alfredo tramite un ricetrasmettitore a filo fatto scendere nella cavità. 

Calare una persona direttamente nel pertugio è difficile perché troppo stretto, si pensa di scavare un tunnel parallelo al pozzo con un trivella, da cui aprire un cunicolo orizzontale che consenta di arrivare alla cavità. La perforazione si rivela impossibile per i duri strati di roccia incontrati, anzi, fa peggio perché le vibrazioni fanno calare Alfredino ancora più giù. Si prova con una seconda trivella più potente. Invano. 

Alcuni volontari si propongono per scendere direttamente nel pozzo e provare a togliere la tavoletta. Nessuno riesce ad avvicinarsi a sufficienza al piccolo Alfredo, che intanto viene nutrito con una lunga sonda collegata a una flebo. Intorno al pozzo si raccoglie una folla di dieci mila persone. Ambulanti vendono cibo e bevande, tutti possono avvicinarsi perchè non ci sono transenne. 

LA MORTE - Un caos delirante che certo non ha aiutato la macchina dei soccorsi, più volte sotto accusa per inefficienza e disorganizzazione. Sul posto il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini e le telecamere che continuano a riprendere imperterrite senza sosta. Volontari su volontari che si calano nel pozzo tornando indietro senza successo fino alle 5 del mattino del 13 giugno, quando uno di loro risale annunciando la morte di Alfredino. 
Il corpo del bimbo fu recuperato un mese dopo, e seppellito al Verano. 

Qualche mese dopo la morte del figlio, la madre, Franca Rampi, fondò il "Centro Alfredo Rampi" (poi divenuto una ONLUS), che da allora si occupa di formazione alla prevenzione e di educazione al rischio ambientale. È ormai accertato che nei soccorsi mancarono organizzazione e coordinamento. Di tutti gli errori e le manchevolezze la donna parlò al presidente Pertini, intervenuto sul luogo della tragedia, promuovendo di fatto la nascita della Protezione Civile, all'epoca ancora solo sulla carta. 

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