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Jannuzzi: "Tutti hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge"

L’etica nelle politiche di sostegno a persone diversamente abili

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RomaToday

Partiamo da un assunto: è la politica ad essere a "servizio" dell'uomo e del suo bene, anziché l'inverso. Di conseguenza la nostra Costituzione, una delle migliori del mondo per i suoi principi etici, in quest'ottica va interpretata, così dunque l'art. 3 della Costituzione italiana che recita:

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

Tutti i cittadini sono uguali con eguali diritti e lo Stato deve, o dovrebbe, rimuovere ogni ostacolo affinché questo principio di uguaglianza sia garantito, inoltre l'articolo aggiunge che debbano essere rimossi tutti quegli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la sua effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del paese.

Questo significa, o dovrebbe significare, che lo Stato , di conseguenza chi lo amministra, debba provvedere affinché le persone più disagiate, disabili cognitivi o funzionali, debbano avere quell'assistenza che gli permetta di essere "alla pari" degli altri concittadini, o che almeno li metta in grado di competere, ognuno con le proprie peculiarità, nel mondo scolastico prima e lavorativo poi, con i propri concittadini.

Il punto però è che nel nostro ordinamento, mentre il diritto alla Sanità ed all'Istruzione sono garantiti, tralasciando per il momento la loro qualità, quello all'Assistenza Sociale no, difatti è troppo strettamente collegato alla condizione economica in cui versa lo Stato, è la prima a subirne tagli trasversali e radicali, quasi non fosse un uguale diritto come quello alla salute o all'istruzione.

Probabilmente una classe politica dirigente, con valori etici che si sono viepiù affievoliti, o comunque non tesa davvero al raggiungimento del benessere dell'intera collettività, hanno portato alla visione del disabile come peso per la società, anziché come cittadino il cui diritto alla pari opportunità di competenze, come per gli altri, almeno al nastro di partenza della sua vita sociale, debba essere garantito per essere un componente della vita sociale a tutti gli effetti.

A partire dalla scuola, (dove invero abbastanza è stato fatto in quanto a norme, ma spesso confusamente applicate e comunque direttamente dipendenti dalle casse regionali) a quelle del lavoro, per passare dall'assistenza, ad ogni cambio Di Governo assistiamo a tagli su tagli, o norme disattese (con la scusa dell'ultimo protocollo del tal Ministero che viene interpretato in ogni regione a modo proprio) che generano poi un ingolfamento del TAR dove i cittadini disabili ricorrono per vedere finalmente ristabiliti i propri diritti.

Ma chi è il colpevole? Una burocrazia incerta sulle metodologie da applicare o viceversa troppo rigorosa nella loro applicazione? Una classe politica che non è in grado di salvaguardare i propri "elettori più deboli" o che, passata la campagna elettorale ottenuti i loro voti, in mancanza di riferimenti valoriali certi, si dimenticano delle promesse fatte? Di una classe politica incompetente nel capire quali siano le reali esigenze, materiali e morali, pratiche e di rispetto della dignità, dei loro cittadini disabili? Fatto certo è che ad ogni elezione si nutrono speranze, basate su promesse, che poi vengono disattese o dimenticate.

Chiediamoci allora quale sia il compito di una classe politica, o più genericamente della Politica. Il compito dovrebbe essere quello dell'amministrazione della "polis" per il bene comune, o per il bene della comunità. Nella comunità rientrano i disabili a pieno titolo con pari diritti di tutti.

Questo dovrebbe generare quell'etica di giustizia nella difesa dei diritti di ognuno, ponendo ogni singolo individuo in grado di competere nella vita al pari degli altri. Questo dovrebbe garantire l'applicazione delle norme che permettano ad uno studente disabile di avere la stessa qualità di insegnamento rispetto agli altri, aiutandolo a superare le barriere che lo differenziano dagli altri. La stessa cosa vale per il lavoro e l'inserimento nella vita sociale attiva. Il che tra l'altro ne farebbe invece che un "peso" che grava sulla previdenza pubblica, un cittadino lavoratore contribuente al pari degli altri.

Forse è più facile pensare di fare politica per i disabili con un atteggiamento assistenzialista legato alla fatalità dell'economia vigente, con il principio "finché ci sono i soldi vi aiuto, poi dovrò operare i tagli", piuttosto che porsi l'obiettivo etico di creare una vera politica sociale basata sul superamento delle barriere (fisiche o cognitive) con l'obiettivo di rendere autonomo, socialmente inserito e competitivo, un disabile nel tessuto sociale.

Visto che siamo arrivati al punto che "i soldi non ci sono più", adesso i tagli all'assistenza si fanno pesanti ed in una società basata oramai sul mutuo soccorso familiare, privato o di associativismo, chi non gode della fortuna di avere una famiglia, una associazione che lo rappresenti ed aiuti o non abbia di che potersi permettere un aiuto privato, è solo e disperato, proprio perché una politica miope nel corso degli anni non lo ha messo in grado di essere maggiormente autonomo ma dipendente dalla volontà, o possibilità, assistenziale dello Stato, variando di volta in volta nel "modo " a secondo di chi era al Governo, o peggio ancora vittima inconsapevole della peggiore politica tramite pratiche a volte anche illecite.

In sostanza alle mancanze dello Stato, o per essere più precisi alla miopia della classe politica di una visione futura della società che compone il proprio Paese , nel corso degli anni si sono dovuti sostituire famiglia ed associazioni, le quali, a loro volta, arrancano fra mille difficoltà economiche, ma tengono fede a quel principio di sussidiarietà che invece dovrebbe essere garantito dalle Istituzioni.

Come fare in un periodo di crisi economica? Invece di tagliare i fondi legati all'Assistenza, si dovrebbe riorganizzarli e distribuirli meglio, attivando anche dei protocolli d'intesa e di collaborazione con le associazioni di riferimento della varie disabilità, che comunque sono più idonee (in quanto maggiormente esperte) al tracciare una riforma complessiva circa le politiche legate alla disabilità. In poche parole riconoscere alle associazione, siano esse di stampo cattolico o laico, quel know how e quella competenza che il legislatore spesso non ha. Riconoscere alle associazioni quel ruolo fondamentale che svolgono per supplire alle carenze dello Stato, garantendone la sopravvivenza piuttosto che vessarle, come spesso accade, togliendo sedi, non garantendo un contratto di lavoro equo a coloro che operano il proprio servizio, ed aiutandole invece per esempio con sedi gratuite (penso alle proprietà demaniali dismesse come caserme etc).

Inoltre una politica etica dovrebbe poter garantire il disabile qualora non possa godere dell'assistenza dei propri familiari (pensiamo ad un ragazzo Down - o di qualsiasi altra disabilità cognitiva - che rimane orfano ed è senza fratelli) , che ne è di lui?

Se volessimo sognare uno Stato in cui la politica è tesa veramente verso il bene comune, potremmo immaginare un disabile che abbia la dignità di un proprio lavoro, perché a scuola è stato ben supportato, è un contribuente con uno stipendio medio (certamente superiore alla pensione di invalidità civile) , che ha un'associazione di riferimento che lo aiuta a superare gli ostacoli e che possa vivere, con un affitto calmierato, in un piccolo appartamento facente parte di una proprietà demaniale dismessa e riconvertita. Non avrebbe questa persona maggiore dignità (e benessere) rispetto ad oggi? Oggi sembra un sogno, ma sarebbe realtà se la politica fosse stata amministrata in modo diverso e più lungimirante, con l'obiettivo del reale bene comune, in cui ogni cittadino potesse godere di pari diritti e pari dignità! Questa visione , se divenisse realtà, oltre ad essere un modello di politica sociale contribuirebbe anche al benessere economico dell'intera comunità e dello Stato, poiché non agirebbe sul tamponamento provvisorio di esigenze ma a monte del problema . Chiaramente discorso diverso è per i disabili gravi, che comunque rientrano, a causa delle molteplici patologie connesse , piuttosto nel programma relativo alla Sanità, a cui l a collaterale assistenza debba essere garantita in tutte le sue forme, come diritto inalienabile, poiché ogni cittadino è comunque "figlio" di questo Stato, a costoro maggior ragione non debbono essere applicati tagli di nessuna forma, poiché il loro diritto alla vita, salute e dignità deve essere una priorità per chiunque amministri il nostro Stato.

...

* Intervento di Renata Jannuzzi (Presidente Associazione "Undici settembre - Onlus" e Responsabile Pari Opportunità Associazione "Popolari italiani per l'Europa") al Convegno su "L'etica nella società, nell'economia e nella politica" organizzato l'11 giugno 2013 a Roma dal Comitato di promozione Etica Onlus.

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