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Sabato, 27 Aprile 2024
Dossier Disastro costoso

Erosione costiera nel litorale romano, centinaia di milioni spesi per peggiorare la situazione

Le spiagge stanno scomparendo di anno in anno, non solo per il cambiamento climatico. Ma nel Lazio gli interventi dell'uomo per fermare il fenomeno hanno solo amplificato il problema e aumentato i danni

Se abitate nei pressi del litorale romano e non siete interessati all’erosione costiera è molto probabile che l’erosione costiera si interesserà a voi. Se non lo ha già fatto. Negli ultimi trent’anni sono stati spesi centinaia di milioni di euro per non migliorare la situazione, anzi: la costa romana è in arretramento, i dati sono di facile lettura. E oltre il danno economico, c’è quello ambientale. I tratti di spiaggia senza pennelli, barriere sommerse e frangiflutti sono ormai in minoranza. Come si è arrivati a questo punto? Chiariamo subito: non è il mare che avanza, è l’uomo che modifica il delicato equilibrio su cui si reggono le coste, devastando l’ecosistema e provocando danni ambientali ed economici. Gli interventi non hanno risolto il problema, lo hanno amplificato: in questo domino di responsabilità ci vanno di mezzo la natura e la collettività. Dossier RomaToday ha estratto, analizzato e ordinato tutti i dati necessari a capire la situazione del litorale romano, intervistando i protagonisti della vicenda: balneari, ambientalisti, esperti ed esponenti della pubblica amministrazione. 

I meccanismi dell’erosione

Esiste un equilibrio sottile che regola nascita, espansione ed eventuale morte di una spiaggia: è il ciclo dei sedimenti, ossia lo scambio continuo di materiale (banalmente, di sabbia) tra la spiaggia e l’ecosistema circostante, di cui fa parte anche il mare. La spiaggia dà al mare, che a sua volta prende e restituisce. Spesso è la natura stessa a modificare questo equilibrio, con azioni lente che possono metterci anche centinaia di anni per produrre degli effetti visibili. 

I fattori naturali, come correnti, venti e fiumi, hanno dunque un ruolo predominante, soprattutto nel lungo periodo. Le modifiche fatte dall’uomo al litorale hanno però accelerato processi di erosione già in corso o ne hanno creati di nuovi, in tempi decisamente più rapidi rispetto a quelli naturali. L’impatto antropico sulle coste si fa sentire con opere dette “rigide” come porti, stabilimenti balneari, lungomari, e le stesse opere di difesa. 

La mappa estratta dall’ultimo rapporto sul consumo di suolo dell’Ispra relativo al 2021, mostra quanto suolo naturale è stato eliminato all’uomo nelle vicinanze di una spiaggia, in un raggio di 300 metri dal mare. L’impatto è tangibile, soprattutto nel litorale romano: secondo il rapporto Ispra più del 31% del suolo naturale a 300 metri dal mare è andato perso. In più, le opere rigide di difesa sono una fonte di pericolo per i bagnanti: oltre a innescare l’erosione anzichè diminuirla, questi elementi artificiali modificano la corrente scatenando, in determinate condizioni, delle accelerazioni improvvise rischiose anche per i nuotatori esperti. Le azioni dell’uomo hanno destabilizzato i complicati e delicati equilibri che regolano la vita dei litorali, mettendone a rischio l’esistenza. 

Come sta il litorale romano

Il litorale laziale si sviluppa complessivamente per 290 km, di cui 220 km sono coste basse e sabbiose. Gli ultimi dati regionali aggiornati e pubblicati nelle Linee guida nazionali sull’erosione costiera* sono riferiti al periodo 2007-2012 e riportano la presenza di 103 km di tratti di litorale in erosione (pari a circa il 44% del totale delle spiagge basse sabbiose), con una perdita di superficie stimata in circa 200mila metri quadrati l’anno. 



*Documento elaborato dal Tavolo Nazionale sull'Erosione Costiera MATTM-Regioni con il coordinamento tecnico di ISPRA

Secondo il rapporto sul dissesto idrogeologico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), al 2019, solo in provincia di Roma un terzo della costa bassa era in erosione, quasi 40 km.

Nonostante un forte intervento sulle coste negli anni, dunque, l'erosione costiera sul litorale romano non si è arrestata, anzi. Al 2019 i km di costa laziale già protetti con opere di difesa erano 84, pari al 22% sul totale dei 220 km di costa bassa e sabbiosa della regione. 

Secondo dati del Ministero dell’Ambiente, nel 2000 almeno metà della costa laziale in erosione era già stata “protetta” da opere rigide, con pennelli, barriere radenti e scogliere che risultavano già essere 460. Al 2019 in provincia di Roma quasi un terzo della costa (47 km) risultava protetto con opere di difesa. Ma il problema dell’erosione non è stato risolto, anzi. Il risultato è un litorale snaturato, pieno di opere rigide costose e che andrebbero anche manutenute.

“È un po’ la questione del terremoto, corriamo dietro alle emergenze senza pianificare - ha detto a Dossier Sergio Pirozzi, ex sindaco di Amatrice e vice presidente della VI Commissione Lavori pubblici, infrastrutture, mobilità, trasporti ed ex presidente della Commissione (la XII) che si occupa, tra le altre cose, di erosione costiera - Alla Regione Lazio mancava un piano strategico generale: è paradossale intervenire ogni anno solo in un tratto di costa danneggiando quella subito dopo. Se non c’è una visione strategica si va sempre dietro le emergenze. Magari si è intervenuti prima nel comune amico e poi negli altri, senza una programmazione generale. Metti una toppa senza risolvere il problema”, ha affermato Pirozzi.  La Regione Lazio ha fatto una ricognizione del fenomeno dell’erosione nel 2016, con il documento “Rapporto sulle criticità dei litorali laziali, sui criteri di priorità e sulla possibile programmazione degli interventi”, mappando i rischi e cercando di aumentare il numero di ripascimenti, rigenerando le spiagge con nuova sabbia.

Abbiamo contattato l’assessore della Regione Lazio ai Lavori pubblici, tutela del territorio e mobilità Mauro Alessandri, ma non si è reso disponibile per un’intervista per capire se si è sviluppato un piano di azione strategico. In ogni caso, le opere rigide vengono ancora installate inseguendo l’emergenza e quelle esistenti sono ancora lì, a fare danni. “Gli interventi fatti nel passato hanno aumentato i problemi, anche tra i ripascimenti, ma bisogna capire bene le cause, a partire dalla portata del Tevere”, sottolinea a Dossier Enrico Cavallari, l’attuale presidente della Commissione, la dodicesima, che si occupa tra le altre cose di erosione costiera.

L’orientamento di Cavallari è di posizionare altre barriere soffolte (ovvero strutture modulari in cemento armato, posate e accostate sul fondale marino, lungo una linea continua, parallela al litorale e a distanza di almeno cento metri da esso, allo scopo di dissipare l'energia del moto ondoso) a discapito dei ripascimenti: “Ci sono soldi che possono essere spesi per lavorare su altre barriere soffolte da posizionare - ha detto Cavallari a Dossier - Stiamo aspettando uno studio dell’Università del mare. Secondo me l’intervento strategico da fare è il posizionamento di barriere soffolte, in modo da risolvere il problema. Un ripascimento - secondo Cavallari - e la sabbia che porta può essere annullato dal vento e dalle correnti. La Regione non ha ancora un piano strategico, dobbiamo capire se continuare o meno con i ripascimenti. A settembre andrò in commissione per portare delle proposte. Ma più in generale, propendo per le barriere soffolte e non per i ripascimenti”, il pensiero di Cavallari.

Il problema è che le opere di difesa nate per proteggere la costa in alcuni casi hanno accentuato l’erosione, portando a nuovi interventi e a continui sprechi di denaro pubblico. Secondo un documento della Regione Lazio dal titolo “Rapporto sulle criticità dei litorali laziali”, dal 1990 al 2005 la perdita di spiaggia è stata costante, di circa 6 ettari l’anno, al netto dei ripascimenti. È evidente che le numerose opere rigide disseminate sul litorale non hanno funzionato, aggravando il problema: “L’erosione costiera nel litorale romano è determinata da fattori antropici: si rincorre sempre l’emergenza, senza avere una visione di medio-lungo termine - ha detto a Dossier Ilaria Falconi, tecnico del Ministero delle Politiche agricole e forestali - Basterebbe effettuare dei ripascimenti, certo non mettere delle opere rigide solo per salvare la stagione”. Come ha detto Falconi, “salvare la stagione” nel modo sbagliato causa altri problemi e aumenta, di conseguenza, la spesa della pubblica amministrazione. 

Quando inizia la storia dell’erosione del litorale romano

L’erosione costiera non è un fenomeno nuovo, nel litorale romano e in Italia. Negli ultimi 40 anni gli interventi sulle coste causati dallo sviluppo economico e turistico hanno cambiato l’aspetto delle spiagge, scatenando l’azione del mare. E spesso sono state proprio le opere di difesa a peggiorare la situazione. Anche le modifiche subìte dal Tevere hanno un ruolo nell’erosione della costa laziale. Soprattutto per quanto riguarda il litorale romano il fiume svolge infatti un ruolo fondamentale: le spiagge di Ostia, Fregene e Fiumicino derivano proprio dai sedimenti trasportati lungo il fiume e distribuiti sul litorale dalla corrente.

Nel corso dell’ultimo secolo diversi interventi umani a carico del Tevere ne hanno ridotto la portata, causando un minore trasporto di sedimenti. Tra questi interventi si ricordano diversi argini costruiti da inizio Novecento per proteggere i territori dalle esondazioni e cinque centrali idroelettriche costruite dall’ Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea). “Il trasporto solido del Tevere è diminuito dell’80% secondo i dati della stazione idrometrica di Roma-Ripetta”, ha specificato l'esperta Ilaria Falconi. 

Nel 1970 la Commissione interministeriale De Marchi volle affrontare il problema del dissesto idrogeologico sul territorio italiano, mappandone l’intensità. Dai dati ufficiali relativi allo studio, già allora i fenomeni di erosione accentuata erano presenti in diverse zone del litorale laziale con circa 20-25 km di costa coinvolti (il 10% circa del litorale sabbioso).

Dai dati pubblicati dal Ministero dell’Ambiente, nel 1990 i km di spiagge in erosione erano saliti a 77, per poi passare a 117 sette anni dopo, secondo l’Atlante delle Spiagge del CNR. All’anno 2000 secondo l’Ispra la Regione Lazio aveva perduto circa 2 milioni di metri quadrati di arenile, un bene economico quantificabile in circa 3 miliardi di euro. 

Il problema è che le opere di difesa nate per proteggere la costa in alcuni casi hanno accentuato il problema dell’erosione, portando a nuovi interventi e a continui sprechi di denaro pubblico. Secondo un documento della regione Lazio dal titolo “Rapporto sulle criticità dei litorali laziali”, dal 1990 al 2005 la perdita di spiaggia è stata costante, di circa 6 ettari l’anno, al netto dei ripascimenti.

È evidente che le numerose opere rigide disseminate sul litorale non hanno funzionato, aggravando il problema: “L’erosione costiera nel litorale romano è determinata da fattori antropici: si rincorre sempre l’emergenza, senza avere una visione di medio-lungo termine - ha detto a Dossier Ilaria Falconi - Basterebbe effettuare dei ripascimenti, certo non mettere delle opere rigide solo per salvare la stagione”. Come ha detto Falconi, “salvare la stagione” nel modo sbagliato causa altri problemi e aumenta, di conseguenza, la spesa della pubblica amministrazione.

​I soldi pubblici spesi male e quelli finiti in mare

Negli ultimi 30 anni sono stati spesi centinaia di milioni di euro per opere di difesa costiera sul litorale laziale. Solo sul litorale di Ostia dal 1990 al 2015 sono stati spesi circa 50 mln di euro e la spiaggia persa è passata da 50mila metri quadri a 120mila. Gli interventi non sono risolutivi, e richiamano altri interventi per riparare i danni di una mancata visione organica e a medio-lungo termine del problema dell’erosione costiera.

In più, l’anno scorso la Regione Lazio ha annunciato che erano in progettazione 38 opere di difesa della costa in 17 comuni con un investimento di altri 51 milioni di euro. Nel rapporto della Regione Lazio sulle criticità dell’erosione costiera venivano individuate opere ritenute “necessarie” per circa 84 milioni di euro solo tra il 2016 e il 2018. Oltre al costo degli interventi, bisogna considerare il danno economico in termini di spiaggia persa: il litorale, soprattutto quello romano, produce valore aggiunto nell’economia regionale.

Oltre al costo degli interventi, bisogna considerare il danno economico in termini di spiaggia persa: il litorale, soprattutto quello romano, produce valore aggiunto nell’economia regionale. Un recente studio sviluppato all’interno del progetto europeo Intercoast e condotto da LazioInnova evidenzia che il valore aggiunto annuo prodotto dall’economia del mare laziale è di 6,6 miliardi di euro. In termini esclusivamente turistici il valore delle spiagge laziali può essere stimato in circa 26 miliardi di euro. Incrociando questi dati sul valore aggiunto con quelli relativi all’arretramento delle spiagge viene fuori il dato sulla perdita di valore aggiunto annuo a causa dell’erosione: 207 euro per ogni metro di spiaggia persa ogni anno.

In generale, l’aumento negli anni delle aree a rischio inondazione ha moltiplicato il ricorso a opere di protezione dei litorali. Le opere rigide non hanno risolto il problema dell’erosione, soprattutto nel medio e lungo termine, e in molti casi hanno contribuito “al processo di artificializzazione e di degradazione degli habitat marino- costieri”, come sottolineato dall’Ispra.

Il caso di Ostia: spostare il problema un po’ più in là

Ostia è tra i litorali laziali più colpiti dall’erosione costiera, nonostante i numerosi interventi - costosi - di opere rigide e ripascimenti. In 10 km di litorale sono state realizzate opere rigide come barriere sommerse ravvicinate (Ostia Ponente) o distanziate (Ostia Centro), pennelli semisommersi (Ostia Ponente e centro), ripascimenti con sabbie da cave terrestri (Ostia Ponente e Centro), con sabbia da cave marine (Ostia Ponente e Levante). 

Eppure, dal 1990 al 2015 l’erosione complessiva del litorale di Ostia è passata da circa 50mila metri quadri a 120mila mq. Dal 2016 al 2018 la situazione è ulteriormente peggiorata, richiamando altri interventi di difesa. In questo tratto di costa compreso tra Ostia e Fiumicino, più di 16,20 chilometri sono in erosione, oltre l’80% dei 19,80 chilometri totali di lunghezza. Secondo gli ultimi dati disponibili elaborati da Dossier, a oggi, solo a Ostia, sono presenti 79 opere di difesa rigide. Che spesso hanno funzionato solo nelle immediate vicinanze, spostando il problema un po’ più in là.

Le foto

Ogni volta che si agisce solo localmente - magari con un pennello o una barriera - si sposta il problema nel tratto di spiaggia accanto. O nello stabilimento accanto, visto che a Ostia vi sono 61 stabilimenti su 13,8 Km di costa. Ad esempio, la recente la posa di 17 pennelli a Focene (frazione di Fiumicino)  ha causato l’erosione della spiaggia di Fregene, che non aveva mai avuto problemi simili.

I protagonisti: balneari vs. ambientalisti

Nel disastro costoso delle spiagge laziali si fronteggiano due rumorosi gruppi portatori di interesse, naturalmente entrambi implicati: ambientalisti e balneari. Gli interventi in via emergenziale approvati dalla pubblica amministrazione arrivano spesso su pressione dei proprietari degli stabilimenti che, legittimamente, chiedono che la loro attività venga protetta dal mare. Purtroppo, come abbiamo visto l'artefice non è il mare, ma l’uomo, che con interventi simili ha innescato una spirale di erosione che si aggrava di intervento in intervento, peggiorando il problema senza risolverlo. 

“Quando abbiamo aperto nel 2005 la passerella era in salita, davanti a me avevo delle dune - la testimonianza di Antonio Quaranta a Dossier, gestore balneare e delegato dal comune di Fiumicino alle spiagge - Due anni dopo non c’era più nulla, tutto spazzato via, anche il chiosco. Io da solo ho realizzato un lavoro con le ruspe spendendo centomila euro, aiutando anche le case davanti alla spiaggia. Il problema è in crescendo. Ma già quando ero piccolo, 40 anni fa, a Fiumicino il mare creava già delle voragini nel lungomare. Vanno fatti interventi importanti, dove sono questi progetti?". 

I balneari chiedono interventi, gli ambientalisti criticano quelli già fatti: “Questo non è più mare: negli ultimi decenni abbiamo disposto pennelli di ogni tipo, frangiflutti, barriere un po’ ovunque - ha detto a Dossier Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio - La situazione è incredibile: stiamo provando a fermare il mare con i sassi, gettando i soldi in mare. Questi interventi fermano l’erosione nel tratto ‘protetto’ permettendo a qualche balneare di mettere un’altra fila di ombrelloni, ma lo spostano nel tratto accanto”. Gettare soldi pubblici in mare, danneggiare l’economia locale, devastare l’ecosistema marino: il disastro, oltre che costoso, è colposo. 

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