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Dossier Terapie impossibili

Tutti i diritti negati ai bambini autistici del Lazio

Dai ritardi nelle diagnosi all'impossibilità di intraprendere un percorso terapeutico nel pubblico, con conseguenti cause giudiziarie intentate dalle famiglie alle Asl di riferimento. Per correre ai ripari la Regione accredita nuovi centri che non sempre offrono terapie certificate e i criteri di composizione delle infinite liste di attesa sono spesso opachi

Obiettivo della giornata mondiale per l’autismo è aumentare la consapevolezza per tutelare al meglio i diritti delle migliaia di bambini che rientrano nello spettro. Anche a Roma oggi si organizzano eventi di sensibilizzazione di vario tipo come “Comin’Aut”, il talk show con protagoniste proprio persone autistiche, organizzato da Giulia Parla onlus, Gruppo Asperger Lazio, il municipio VIII e l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, o “Uniti si vola in alto”, evento inclusivo organizzato dal Polo Riabilitativo di Torpignattara Nuova Sair, inaugurato appena un anno fa. Eppure, nonostante i numeri raccontino di un problema che colpisce circa un bambino su 77, ancora molto resta da fare perché le famiglie coinvolte riescano a trovare un supporto adeguato, omogeneo nelle varie fasi della crescita ed economicamente sostenibile. Nell’ultimo anno ci siamo occupati approfonditamente della questione: ecco i principali temi affrontati. 

Tempistiche e costi

Lungaggini e costi spesso inaffrontabili sono pane quotidiano per tutte le famiglie che hanno un bambino con un disturbo del neurosviluppo. Nella prima puntata del viaggio di Dossier nelle inefficienze della sanità pubblica nel far fronte a queste patologie abbiamo raccontato problematiche analoghe anche per i bambini che presentano sintomi da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), stimati in città in un numero superiore ai 15mila. Le tempistiche per le diagnosi nel pubblico sono superiori all’anno, fino a dieci anni per l’inizio di una terapia. Ecco perché le famiglie sono costrette a rivolgersi al privato con spese, per chi può sostenerle, fino a 20mila euro l’anno, per cicli di terapia cognitivo comportamentale che le Asl (ma anche i centri convenzionati cui le aziende sanitarie rimandano) non sono in grado di erogare. È il caso dell’ABA, Applied Behavioral Analysis, tecnica utile a migliorare le abilità comunicative e ridurre i comportamenti disfunzionali e consigliata da tutti gli specialisti del settore, che nel Lazio viene costantemente prescritta - ed è anche inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza - ma non risulta tra le terapie erogate in convenzione. 

I bambini con disturbi del neurosviluppo abbandonati dalla sanità pubblica

Corsi e ricorsi

Le mancanze delle Asl, in termini di risorse e personale qualificato, e il rimando a centri che offrono al massimo percorsi di logopedia e psicomotricità, spingono le famiglie a rivolgersi al tribunale per il rimborso delle terapie sostenute nel privato, con ingenti esborsi per le aziende sanitarie che sono spesso e volentieri condannate al risarcimento delle terapie sostenute e delle spese legali. Nella seconda puntata della nostra inchiesta abbiamo raccontato di famiglie arrivate anche a quattro cause in quattro anni, visto che le sentenze riconoscono il rimborso delle terapie settimanali a fronte di piani terapeutici che vengono rinnovati di anno in anno. A fronte di una giurisprudenza del tribunale ordinario ormai piuttosto consolidata, un'ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che i ricorsi dovranno essere rivolti al tribunale amministrativo. Nelle prossime settimane si attende l’esito dei primi ricorsi intentati alla nuova corte, mentre le famiglie continuano a sostenere i costi esorbitanti delle terapie sostenute nel privato. Nella speranza che vengano ancora rimborsate.

L'autismo e le cause in tribunale: Asl condannate a maxi risarcimenti per le terapie negate

Quali terapie

Con una domanda di servizi per l’autismo così elevata la regione Lazio, per quanto possibile, sta provando a rispondere all’emergenza. Con la delibera 642 di luglio 2022 sono stati aumentati i livelli di finanziamento per l’assistenza territoriale accreditata: dai 764 milioni di euro del 2022 si arriverà a 808 milioni nel 2024. Ma i centri che offrono percorsi completi, con una riabilitazione dalla A alla Z nella stessa struttura, sono pochi e tendenzialmente privati. Con enormi differenze di percorso tra chi può investire centinaia di migliaia di euro negli anni e chi no. “Solo stamani io ho visitato quattro bimbi tra i tre anni e mezzo e i cinque: due fanno terapia adeguata, con integrazione nel privato, altri due non la fanno. Con quei genitori cosa fai? Gli devi dire la verità e farli sentire in colpa?” ci raccontava Stefano Mazzoni, direttore dell’Unità Operative. U.O.S.D. Neuropsichiatria Infantile di Tor Vergata. Nel terzo approfondimento che abbiamo dedicato alla questione raccontiamo di come alcuni progressi siano stati fatti nella tempestività delle diagnosi e nell’accreditare nuove strutture per una celere presa in carico. Ma resta il problema delle terapie offerte, con centri in convenzione che offrono soluzioni di ogni tipo, dalla trekking terapia a quella con l’altalena. Tutte attività che possono fare bene a un bimbo ma non possono rientrare universalmente sotto il cappello di terapia. 

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Chi controlla le liste

Infine ci siamo posti una domanda su quali siano i criteri di composizione e scorrimento di queste liste d’attesa infinite. La maggior parte dei centri accreditati presso le Asl non pubblica né i criteri di chiamata né informa i familiari sulle tempistiche. Nella quarta inchiesta dedicata al tema abbiamo parlato con tanti genitori che non riescono a ottenere informazioni realistiche sulle possibili attese. E si vedono passare davanti famiglie che magari hanno ottenuto una diagnosi presso medici privati che collaborano con i centri. Per arginare il problema la regione Lazio ha attivato una procedura per la realizzazione di una lista d’attesa centralizzata e trasparente che tenga conto di vari parametri (cronologico, età, finestra evolutiva, gravità, particolari esigenze socio economiche), consultabile, tramite codice personale, dalle famiglie interessate. A oggi, infatti, le liste e i loro criteri - quando consultabili -variano di Asl in Asl, ma anche di centro in centro, creando disparità territoriali e, persino, una sorta di turismo sanitario: le famiglie cercano di mettere in lista i propri figli dove i criteri siano più corrispondenti alle loro esigenze.

Criteri arbitrari e poco trasparenti: il caos delle liste d'attesa per curare l'autismo

Maledetta estate

Con le scuole che chiudono e i servizi che si diradano, l’estate è un vero e proprio percorso a ostacoli per le famiglie dei bambini con disturbo dello spettro autistico. E in generale per i minori con disabilità. I centri estivi dei singoli Municipi, che a Roma dovrebbero garantire per questa tipologia di utenza due settimane di gratuità, per un totale di 60 ore, sono organizzati solo in alcuni quartieri e scontano un grave ritardo. Stessa cosa per il bando scuole aperte, con intere aree della Capitale del tutto scoperte. L’alternativa sono i centri privati che, per bambini con necessità particolari, richiedono rette che possono toccare anche i 400 euro a settimana. Per chi non può permetterselo resta il welfare familiare - con il ricorso a nonni e parenti - o l’intervento salvifico di qualche parrocchia.

Io non posso entrare. Centri estivi romani vietati ai bambini autistici

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