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Lottavo Colle

Lottavo Colle

A cura di Daniele Nalbone

Non c'è niente da salvare in questa città

Certe volte leggi di politica e ti verrebbe voglia semplicemente di tenere premuto il tasto power del tuo pc, senza nemmeno preoccuparti di disconnettere il sistema. Alla prossima accensione si impalli pure! Non me ne frega niente. Un gesto tecnologicamente estremo per reagire alle chiacchiere da bar sbarcate ormai in Campidoglio da diversi mandati. Prima Rutelli e il suo magnetismo, il suo obiettivo era delocalizzare il potere e fare in modo che ogni municipio avesse il suo centro politico. Un piano importante ma attuato secondo un disegno che avremmo imparato a capire solo con la giunta Veltroni e la sua voglia di decentrare - con le centralità - gli interessi economici della città. O, per dirla alla romana, il cemento. Tanto di quello si tratta quando si parla di Roma.

Inutile provare a regolamentare questa città con il piano di Morassut. L'interesse pubblico è stato subito abdicato sull'altare dei Caltagirone, dei Toti, delle Fiere di Roma e di quella città così lontana dai bisogni reali da essere quasi fastidiosa. Tasto power premuto anche qui. Addio Walter. Sindaco inutile alla città che soffre e utile solo e soltanto agli interessi economici della città. Il pc si riaccende e si impalla. Colpa del virus Alemanno e di una giunta che non sapeva dove mettere mano. Nomine un po' così, fatte col bilancino per tenere insieme una giunta traballante fin dal primo istante. E la politica relegata a mero feticcio di una voglia di conquista che i post-fascisti avevano dentro da anni. Decenni. La storia elettorale ha emesso il suo giudizio. Alemanno fallimentare tanto quanto, se non più di, Veltroni.

Si apre l'epoca dei sindaci illluminati. A Roma sbarca Pisapia. Sbarca Renzi. Che benedicono Marino. Da Genova. Un candidati sindaco che da sindaco non ha mai ragionato. E forse nemmeno da politico. Forse un bene. Nella pratica, un tentativo di resettare il sistema. Il pc si riaccende. Speri non sia impallato. Incroci le dita. Guardi lo schermo che si illumina. La foto del desktop si mostra nitida, forse il sistema riparte. Forse. Le nomine sono fatte anche qui col bilancino. Ma alcune sembrano interessanti. Una su tutte: Caudo all'urbanistica. Nome che sa di discontinuità. Ma poi capisci, giorno dopo giorno, che nemmeno Caudo riesce a mettere in discussione flop come la Città dello Sport di Tor Vergata. Troppo forti gli interessi che bloccano ogni tentativo di cambiamento. Di innovazione. Addirittura, di "mea culpa" da parte dell'intero sistema. E così, pur di non ammettere un fallimento, si prova a riciclare il flop in qualcosa di diverso. Un po' come il Palazzo dei Congressi di Fuksas. La nuvola. Opera che drena milioni di euro dalle casse pubbliche, i lavori ritardano, i soldi non ci sono, il sistema va in crash. Ma anche qui si prova a rimettere ordine spostando cifre e idee. Tor Vergata può smettere di essere un centro sportivo e diventare un giardino. Coperto di vele costate milioni di euro. La nuvola è sì un centro congressi ma che guarda verso il mare, verso Fiumicino, verso l'aeroporto, verso le Terme di Caracalla, verso i parchi a tema. Turismo antico. Turismo moderno. Turismo congressuale. E così ti rendi conto che il vero obiettivo di Marino non è cambiare corso ma provare a salvare il salvabile, a rimettere in piedi quei progetti veltroniani affossati dall'incapacità di Alemanno e dalla superbia del sindaco che poi ha affossato la sinistra italiana.

Anche quelle di Marino sono parole. Il sistema è andato. Si prova a salvare il salvabile. Ma altro che salva Roma. Qui servirebbe un enorme tasto power che spenga le luci sulla città eterna. Proviamo a tornare indietro. A re-immaginare una capitale. Torniamo alla Roma borgatara, periferica, fatta di gente, persone, di romani che sappiano cosa significa vivere nel caos di uno schermo oscurato da una politica incapace. Renzi può mettersi il cuore in pace. I soldi che finiranno nelle casse romane non andranno ai romani ma a chi Roma l'ha distrutta. Anche stavolta. Ma alla fine, a noi romani, non ce ne può fregar di meno. A questa Roma, purtroppo, siamo abituati.

Non c'è niente da salvare in questa città

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