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Lunedì, 29 Aprile 2024
Politica

Perché l'occupazione a Rebibbia ha messo a serio rischio il dialogo sull'emergenza casa

Il blitz dei movimenti nell'ex scuola di via Tiburtina è durato quasi 10 ore, ma l'intento era arrivare al 26 giugno. Per l'assessore Zevi non era accettabile: "Nuove occupazioni sono fuori discussione"

L'occupazione da parte dei movimenti per il diritto alla casa dell'ex istituto professionale di Rebibbia, ha creato non pochi imbarazzi nell'amministrazione capitolina. In pochi si aspettavano un atto del genere all'indomani di un'audizione in commissione politiche abitative proprio sul tema del Piano Casa, prossimo ad essere approvato in assemblea capitolina. L'imbarazzo, però, è stato quasi subito soppiantato dalla fermezza: "Nuove occupazioni non sono accettabili". L'assessore alla casa, Tobia Zevi, lo ha detto subito, proponendosi poi come mediatore per trovare una soluzione immediata e pacifica. Non c'è stato bisogno, perché le forze dell'ordine hanno sgomberato senza grossi problemi e non risultano conseguenze per gli attivisti. 

La difficile opera di superamento delle occupazioni storiche a Roma

Ma quello che è successo giovedì 22 giugno a via Tiburtina 967, se non fosse stato gestito in quella maniera, avrebbe messo in pericolo un dialogo che tra Campidoglio e movimenti c'è, è costante e alla luce del sole. Ma se vengono fatte pressioni tramite azioni di forza, i toni cambiano. Anche perché in questi mesi l'amministrazione sta cercando, non senza difficoltà, di risolvere le principali occupazioni storiche di Roma. Due sono state chiuse (viale delle Province e l'ex clinica Valle Fiorita a Primavalle), ormai 9 mesi fa. E' stato aperto - e sembra vada bene - il tavolo tecnico interistituzionale per Metropoliz e il Maam, cioè l'occupazione abitativa e l'annesso museo di arte contemporanea nati nell'ex salumificio Fiorucci sulla via Prenestina. Oggi, venerdì 23 giugno, si terrà il rogito per l'acquisizione da parte di Roma Capitale del palazzo di via del Porto Fluviale, dove partirà un progetto di riqualificazione e riassegnazione degli alloggi grazie ai fondi europei contenuti nel Pnrr. Entro l'estate l'aula Giulio Cesare dovrebbe approvare sia il Piano Casa (passato in giunta un mese fa) sia il nuovo dispositivo per il welfare abitativo, lo strumento unico che sostituirà il contributo all'affitto e il sostegno alla morosità incolpevole. 

La pressione dei movimenti ottiene risultati: il 26 giugno tavolo in prefettura

Ai movimenti l'uscita di Zevi ("la nostra disponibilità ad un percorso condiviso non ammette nuove occupazioni di immobili, siano essi pubblici o privati, che rischiano solamente di interrompere il dialogo fruttuoso") non è piaciuta moltissimo. Però un risultato, nonostante l'occupazione sia durata meno di 10 ore, l'hanno ottenuto: lunedì è stato convocato un tavolo in prefettura, con il nuovo inquilino di Palazzo Valentini, Lamberto Giannini, che incontrerà proprio i movimenti. Sulla presenza di altre istituzioni non si hanno ancora conferme: il Comune, ad ora, non ha ricevuto alcun invito. Ma potrebbe arrivare anche la mattina stessa dell'incontro. "Noi ci auguriamo che ci siano tutti, Regione e Città Metropolitana comprese" dicono da Sinistra Civica Ecologista, partito che si è espresso subito sull'occupazione di Rebibbia, a quanto si apprende anche presentandosi alla ex scuola di via Tiburtina con un rappresentante capitolino, Alessandro Luparelli.  "E' necessario fare il punto sulla situazione delle scuole e altri immobili in disuso - hanno detto i capitolini, insieme anche all'esponente SCE nell'ex provincia, Roberto Eufemia - per cui non esistano già progetti in corso, e definire un precorso per il loro riutilizzo. Per noi la strada da percorrere è quella della rigenerazione urbana dal basso". 

La linea Zevi: combattere l'illegalità pensando ai più fragili. Ma basta occupazioni

Qualche mese fa ha tenuto banco per alcuni giorni la polemica sulla chat WhatsApp creata dall'assessorato capitolino per condividere il Piano Casa, ancora in bozze, con sindacati inquilini e movimenti. Le destre, il Movimento Cinquestelle e una parte della stampa (soprattutto televisiva) hanno sottolineato l'inopportunità di un filo rosso tra occupanti e istituzioni. Si potrebbe pensare che la mano ferma di Zevi nelle ore dell'occupazione di Rebibbia sia stato un modo per "recuperare terreno" rispetto a coloro che ritengono si debbano mantenere le distanze tra i due mondi. Non è così. Da parte del Comune c'è la volontà, a quanto si apprende, di mantenere un delicatissimo equilibrio tra il ripristino della legalità e la tutela dei più fragili: da una parte non si può permettere che i cittadini paghino con le loro tasse i risarcimenti da riconoscere ai proprietari di immobili occupati, dall'altra non si può lasciare che famiglie con gravi difficoltà economiche, problematiche legate alla salute fisica e mentale e magari anche lunghe esperienze di precarietà abitativa si trovino in strada oppure nelle condizioni di occupare perché reduci da uno sfratto. In mezzo a tutto ciò, le irruzioni nei palazzi vuoti non aiutano, pensano dalle parti di largo Giovanni da Verrazzano. 

Per arginare gli sfratti ruolo chiave dei tribunali

Cosa dobbiamo aspettarci da adesso in poi? Fondamentalmente niente di diverso. Il tentativo dei movimenti di trasformare il blitz di giovedì mattina in una vera e propria occupazione è fallito, il dialogo è salvo. E quello che farà il Campidoglio in tema di politiche abitative, soprattutto su precarietà abitativa e sfratti, sembra abbastanza chiaro: maggiore condivisione dei processi con le altre istituzioni, in particolare prefettura, ministero degli interni e Regione. Sgomberare un palazzo occupato dalla sera alla mattina è impensabile per il Campidoglio: le case a disposizione non si trovano in poche ore. Sugli sfratti la linea esiste già, anche se i sindacati non la ritengono efficiente: già con Matteo Piantedosi prefetto, Roma Capitale aveva proposto un protocollo - mai reso ufficiale - grazie al quale avrebbe conosciuto in anticipo gli sfratti in esecuzione. Un modo per tamponare i casi estremi, non tutti. A volte il Comune, in collaborazione con i municipi ci è riuscito, molte altre no. Quello che Zevi si aspetta, a quanto si apprende, è maggiore collaborazione da parte dei tribunali: in primis anticipando la segnalazione in tempi che diano possibilità ai servizi sociali di intervenire e poi, nei casi veramente disperati, differendo l'esecuzione. Saranno strade percorribili? Le interlocuzioni con il nuovo prefetto, ancora non partite in maniera strutturata, daranno la risposta.  

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