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Municipio X, speciale emergenza lavoro: il caso Almaviva

Un cassaintegrato della società di call center Almaviva ripercorre la sua storia e quella di centinaia di colleghi in grande difficoltà: "Cassaintegrazione con causale fantoccio, i sindacati svendono i diritti dei lavoratori"

Marco Volpi è uno dei 632 dipendenti messi in cassaintegrazione della società Almaviva Contact. Volpi ha ripercorso ieri in Municipio, in occasione di un incontro coi i candidati di Rivoluzione Civile, la sua storia e quella dei suoi colleghi, svelando degli interessanti retroscena:“Almaviva va considerata come la fabbrica del Municipio X – ha esordito Volpi -. Una fabbrica perché nel campo delle comunicazione, questa azienda è associabile ad una sorta di fabbrica post-fordista, per ritmi di lavoro e il tipo di sfruttamento”.

CAUSALE ‘FANTOCCIO’ – “Noi stiamo portando avanti una vertenza che è associabile ad un’altra che fu fatta con Atesia cinque anni fa: l’azienda ha messo 632 lavoratori in cassa integrazione con una causale fantoccio – ha spiegato Volpi -, perché si parla di cessazione di attività quando invece non c’è nessuna cessazione di attività, ma una esplicita delocalizzazione dell’attività verso le zone represse del paese”.

CASSAINTEGRAZIONE FINTA – “Come Comitato di Base siamo venuti a sapere prima dell’apertura della cassa integrazione che l’azienda aveva assunto 300 lavoratori. Assunti al secondo livello con accordo sindacale, firmato da CGIL, CISL e UIL, con salari ben al di sotto quelli della soglia di povertà. E’ quindi una cassa integrazione finta, più che altro il tentativo dell’azienda di soffocare una resistenza di lavoratori che per quattro cinque anni hanno cercato con tutte le forze di bocciare i peggiori accordi sindacali, sulla produttività e sulla ulteriore precarizzazione del lavoro che fanno dentro il call center. La realtà è che hanno aperto una cassa integrazione su un salario medio di 650/700 euro al mese. Questa è una vergogna, aprire una cassa integrazione su salari medi di 650 euro!”.

ATTACCO AI SINDACATI – Non è mancato, nel corso dell’intervento di Volpi, un attacco serrato ai sindacati: “Il silenzio dei signori delle caste sindacali ha permesso a dei cittadini italiani di essere estorti di un diritto fondamentale, come quello di accedere gratuitamente, o quantomeno a prezzi accessibili, al servizio pubblico che era quello dei telefoni di stato e poi della Telecom. Grazie agli accordi sindacali ci siamo ritrovati questi call center, dove il lavoro fa schifo, non esiste produttività, non esiste efficienza, quando c’è un business dietro che fa fare i soldi alle lobby per poi offrire servizi ai cittadini che sono scadenti. Grazie a questi accordi siamo arrivati a questa svendita dei diritti dei lavoratori. Svendita che è stata confermata in questi giorni con il rinnovo del contratto collettivo nazionale, sempre firmato dai soliti conosciuti”.

LA VERTENZA – “La nostra vertenza è importante perché la maggior parte dei lavoratori per essere assunti avevano dovuto firmare quattro anni fa una liberatoria tombale, rinunciando quindi a tutte le mensilità pregresse. Questo vuol dire che questi lavoratori che vengono espulsi dal circuito occupazionale dell’azienda hanno lavorato per quattro cinque anni gratis, perché tutti quei soldi delle mensilità pregresse non sono stati riconosciuti. E dopo questi cinque anni gratis l’azienda si permette di portare, dopo una sanatoria del governo Prodi dopo una circolare che ha cercato di mettere ordine nel comparto, si permette di andare a beneficare di ulteriori sgravi fiscali della legge 404 e dei fondi regionali aprendo in Calabria e nei siti del nostro Paese depresso”.

DENARO PUBBLICO - “Qui c’è poi un problema ancora più grande secondo me, che non riguarda soltanto il nostro comparto, ma in generale l’utilizzo del denaro pubblico. Vediamo questo sistematico e continuo taglio ai sevizi sociali e alla spesa pubblica, poi ci ritroviamo questi imprenditori che beneficiano in maniera sistematica, creano disoccupazione e si fanno grandi con i soldi nostri. La nostra vertenza è molto pragmatica e importante, perché insieme ad altra vertenze ha appoggiato un accordo sindacale al ribasso un po’ sul modello di Marchionne”.

ORGOGLIO - “Noi siamo circa 600 lavoratori e abbiamo fatto un referendum in cui l’azienda ci presentava al posto della cassa integrazione una cassa integrazione senza garanzie per il futuro, con un modello di lavoro paraschiavistico come flessibilità e ritmo, e noi abbiamo detto no a queste forme di lavoro che ci vogliono presentare, e di questo rifiuto siamo orgogliosi perché è stato anche un atto di coscienza, perché questi accordi – ha concluso Volpi - che sviliscono i diritti dei lavoratori non li dobbiamo accettare, per noi e per le generazioni future”.

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