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Arriva l'intitolazione della sala municipale per Don Sardelli, il parroco delle baracche

L'intenzione era stata annunciata un anno fa. Laddaga: "Abbiamo preferito attendere per coinvolgere anche una scuola del territorio"

Venerdì 25 febbraio l’aula della giunta municipale verrà intitolata a Don Roberto Sardella. L’intenzione, annunciata un anno fa dal minisindaco Francesco Laddaga, troverà finalmente attuazione.

L'intitolazione della sala nel municipio 

“Vogliamo che l’importanza che il territorio attribuisce all’opera di don Roberto Sardella possa trovare anche una traduzione simbolica e, per questo, abbiamo pensato di dedicargli la sala dove, nel municipio, vengono prese molte di quelle decisioni che sono finalizzate a migliorare il territorio. E’ anche un auspicio, che facciamo nei confronti della nostra amministrazione, affinché continui ad avere quell’attenzione per le persone in condizione di fragilità, che Don Roberto aveva dimostrato di avere” ha commentato il minisindaco”.

Il parroco delle baracche

L’impegno di Don Sardelli nel territorio, è cominciato in un periodo particolare della storia italiana: il 1968. E’ quello stato l’anno in cui il giovane sacerdote, di origine ciociare, era stato trasferito nella parrocchia di San Policarpo, all’Appio Claudio. Oggi la zona è considerata di pregio, ma all’epoca dietro la chiesa si estendeva a perdita d’occhio una favela abitata soprattutto da migranti giunti nel secondo dopoguerra dal Mezzogiorno. Era lì che migliaia di persone vivevano, poveramente, in condizioni precarie sul piano igienico sanitario. Ed era lì che il parroco aveva deciso di trasferirsi per vivere a contatto con gli ultimi, fino al giorno del loro riscatto. Finché, quindi, gli abitanti della favela non sono stati trasferiti negli alloggi di edilizia popolare loro destinati.

La vita nella favela dell'acquedotto

All’ombra dell’Acquedotto Felice, il parroco aveva realizzato una sorta di doposcuola. Un luogo dove incontrare i ragazzi, leggere insieme il giornale, approfondire tematiche di attualità che poco spazio trovavano nelle fatiche quotidianamente condotte dalle famiglie che vivevano nelle baracche. Dall’esperienza maturata nella “scuola 725”, ebbero così origine il libro “Non tacere” e la “Lettera al sindaco” con il quale il parroco descriveva “il luogo dove viviamo”, definito “un inferno” in cui “l’acqua nessuno può averla in casa” e dove “l’umidità ci tiene compagnia per tutto l’inverno”. 

Perché ora l'intitolazione della sala

A distanza di un anno dall’annuncio, quindi, il nome del sacerdote che cercò di dare voce agli ultimi, facendo loro conoscere, attraverso la scuola 725, la possibilità d’un riscatto sociale, potrà entrare in municipio. “Circa un anno fa avevamo approvato il provvedimento per l’intitolazione – ha riconosciuto Laddaga – abbiamo però voluto coinvolgere una scuola, l’Argan, che ha realizzato un ritratto di Don Sardelli. Ci è stato consegnato poco prima di Natale e di conseguenza abbiamo pensato di aspettare un altro paio di mesi, per presentarlo in occasione della sua scomparsa, avvenuta il 18 febbraio di 4 anni fa”. Un arco di tempo insufficiente, secondo le rigide regole della toponomastica, per potergli intitolare una strada. Ma più che adeguato per dedicare alla figura del sacerdote, uno spazio all’interno dell’istituzione che, come lui, lavora più a contatto con il territorio. Con l’auspicio, dichiarato, di provare a farlo altrettanto bene.
 

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