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Appio Claudio Appio Claudio / Piazza di Cinecittà

Cinecittà, Don Sardelli entra in municipio: al "parroco delle baracche" intitolata la sala della giunta

Al sacerdote che visse in una favela a ridosso dell'acquedotto il municipio dedica una sala istituzionale. Laddaga: "E' stato educatore ed amico degli ultimi"

Ha legato il suo nome in maniera indelebile al territorio ed ora, Don Roberto Sardelli, entra nella sede istituzionale che il territorio amministra. Perché, la squadra di governo locale, ha  appena deciso di dedicargli l’aula della giunta.

L’iniziativa è contenuta in un atto firmato il 17 febbraio dal presidente Laddaga. Il minisindaco che per commemorare il parroco aveva iniziato il proprio mandato  portando una corona di fiori al parco degli Acquedotti, ha dato mandato al direttore municipale di provvedere all’apposizione di una targa. Sarà affissa nella “Sala Giunta”, unitamente ad una foto del sacerdote.

Il parroco delle baracche

Don Sardelli, arrivato nel 1968 nella parrocchia di San Policarpo, all’Appio Claudio, ha vissuto per anni in quello che oggi è il parco degli Acquedotti. All’epoca, invece, era una vasta favela, abitata da famiglie di migranti giunte a Roma da tutta Italia nel secondo dopoguerra. Come loro Don Sardelli scelse di vivere in una baracca, condividendo con quelle persone l’indigenza ed i disagi di una condizione alloggiativa che il prete contribuì a denunciare.

La vita nella favela

“Il luogo dove viviamo è un inferno – scrisse Don Sardelli, nella sua  'Lettera al sindaco' – l’acqua nessuno può averla in casa. La luce illumina solo un quarto dell’Acquedotto. Dove c’è la scuola si va avanti con il gas. L’umidità ci tiene compagnia per tutto l’inverno. Il caldo soffocante l’estate. I pozzi neri si trovano a pochi metri dalle nostre cosiddette abitazioni. Tutto il quartiere viene a scaricare ogni genere di immondizie a 100 metri dalle baracche. Siamo in continuo pericolo di malattie”.

Il riscatto sociale

Con la sua “Scuola 725”, dal nome della baracca che la ospistava, contribuì a creare le condizioni di un riscatto per chi, in forza della propria condizione socioeconomica, veniva emarginato anche dalla scuola pubblica. Fu una sorta di palestra culturale, da cui scaturivano riflessione poi collezionate in un quindicinale redatto dai ragazzi stessi. E da questo impegno che nacque Da questo lavoro nacque la “Lettera al sindaco” ed il libro “Non tacere”.

Don Sardelli rimase a vivere all’ombra dell’Acquedotto Felice fino a quando alle famiglie dei “baraccati” non venne assegnato un alloggio popolare. La sua figura, e la sua opera, sono sopravvissute ben oltre gli anni trascorsi nella baracche. Al punto che nel 2017, quando era ancora in vita, dal territorio è partita una petizione popolare. Chiedeva di dedicare al parroco una targa. Ma non è stata l'unica iniziativa dedicata al sacerdote.

Iniziative in ricordo di Don Sardelli

“L'opera di Don Sardelli ha un valore civile, sociale e culturale altissimo, riconosciuta in maniera trasversale. Gli è stato dedicato un fondo alla biblioteca Raffaello ed ha ricevuto una laurea honoris causa – ha ricordato il presidente municipale Francesco Laddaga – Era stata lanciata anche una petizione, molto partecipata, per dedicare a Don Sardelli una strada o una piazza. La legge, salvo deroghe, prevede che debbano passare però dieci anni. Proveremo comunque ad avviare l'iter per chiedere questa deroga nel frattempo perl, a lui che fu un educatore ed un amico degli ultimi, dedicheremo la sala istituzionale dove si prendono le decisioni, quello della giunta. Sperando che sia di buon auspicio per le scelte che faremo nel territorio”.

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