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Tor Bella Monaca Torre Angela / Viale Duilio Cambellotti

Fiducia a Scipioni, parlano gli sconfitti: "Maggioranza si regge con il centrodestra"

A tre mesi dalle elezioni giunge la mozione di sfiducia a Scipioni. Il ritardo è imputato alla caccia delle firme, dieci nomi al documento per far cadere il numero uno di viale Cambellotti

Non passa la mozione di sfiducia al presidente Scipioni. Solo undici i voti favoreli al documento discusso nel pomeriggio di ieri nei locali di viale Cambellotti a Tor Bella Monaca. A voler sfiduciare il presidente del parlamentino VI, oltre il Partito Democratico anche il Movimento Cinque Stelle, Noi con Salvini, Gruppo Misto. Eppure la mozione di sfiducia discussa il primo febbraio ha una storia lunga. Già durante il mese di luglio, i pentastellati alle Torri hanno provato a sfiduciare Scipioni arrivando poi a dicembre quando si è raggiunto il numero sufficiente per depositare la mozione. Dieci le firme apposte al documento: Angelucci, Grasso, Compagnone, Onorati, Gasparutto, Amici, Lorenzotti, Tranchina, Mammì e Sardone. A queste poi è aggiunto il voto favorevole del consigliere Stirparo. Sfiduciare Scipioni a tre mesi dalle elezioni per molti è stato 'un atto dovuto'. 

FABIO TRANCHINA - "Le prime mozioni di sfiducia sono state protocollate nel luglio dello scorso anno" - commenta Fabio Tranchina portavoce dei pentastellati alle Torri. "Abbiamo manifestato coerenza e continuità di percorso anche a tre mesi dalle elezioni - ha continuato Tranchina - per noi Scipioni era da mandare a casa, per una forma di coerenza e rispetto nei confronti dei cittadini". 

DANIELE GRASSO - "Non abbiamo presentato prima la mozione di sfiducia per un fattore meramente tecnico - spiega il consigliere Pd Daniele Grasso, anche vice capogruppo del pd di Migliore alle Torri - Abbiamo raggiunto il numero con la firma del consigliere Amici che ha richiesto di mettere i simboli dei partiti insieme ai nomi". Poi ha continuato: "Il fatto che la mozione di sfiducia non sia passata non è per questo meno valida". Inoltre ha aggiunto: "Il partito democratico ha chiesto a Scipioni di dimettersi a luglio e non essendosi verificato questo c'è stata poi la manovra in aula, oltretutto - continua - essendo noi cinque usciti dalla maggioranza, la maggioranza stessa non aveva più i numeri per essere tale anche se la votazione di ieri ci ha dimostrato che la maggioranza è composta da nuovi elementi provenienti dal centro destra e da quelli che danno un appoggio alla maggioranza anche da esterni". 

GIUSEPPE SARDONE - "Sono uscito dal gruppo del partito democratico a pochissima distanza dalle elezioni nel 2013 perché non mi sentivo rappresentato dal capogruppo e dalle modalità utlizzate", precisa il consigliere aderente al gruppo Misto. "Pertanto la mozione presentata è in continuità con quello che negli anni ho dichiarato, l'anomalia delle condivisione della linea politica". E sulla tempistica anche Sardone precisa: "L'attesa è stata dovuta alle firme, senza il numero sufficiente non poteva essere presentata". 

EMANUELE AMICI - "La reticenza è stata dovuta all'incertezza delle dieci firme", spiega il consigliere d'opposizione del gruppo 'Noi con Salvini'. "Inoltre - continua - si è discusso a lungo sui contenuti della mozione e dei simboli da apporre alle firme sul documento come io ho richiesto". Infatti, spiega ancora Amici: "La mozione di sfiducia non deve avere padri, gli esponenti del Pd, invece, per una guerra intestina al partito, avrebbero voluto far passare come loro l'azione della sfiducia e non dell'opposizione, quindi, inizialmente non siamo stati al loro gioco". E sulla presenza dei Municipi, Amici ha parole dure: "I municipi sono da abolire, soprattutto se si considera che in questo momento particolare, ogni commissione e ogni consiglio costano ai cittadini 2.500,00". Poi conclude: "Il Municipio delle Torri avrebbe bisogno di essere un Comune a se considerata l'estensione e il numero degli abitanti che si aggira intorno ai 300mila". 

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