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Ponte di Nona Settecamini / Via di Salone

Ponte di Nona: “Il nostro quartiere è ormai una bomba pronta ad esplodere”

L'appello di Emilio P. al vicecapo di gabinetto Matarazzo: "Ci aiuti: I cittadini sono esasperati. Molti non hanno più voglia di scrivere alle istituzioni. Hanno solo voglia di fare giustizia"

Sono numerose le lettere, le segnalazioni, le e-mail e i fax che ogni giorno i residenti di Ponte di Nona e di Colle degli Abeti inviano al Comune di Roma e alle altre istituzioni. Anche Emilio P. ha provato con una lettera a raccontare al vicecapo di gabinetto con delega alla sicurezza, Rossella Matarazzo, le sue paure, ricordando il periodo della sua malattia, causata da alimenti contaminati da Chernobyl.

“Sono un residente qualunque di Ponte di Nona – si legge nel documento –​: sono sicuro che e-mail come queste ne abbia ricevute moltissime negli ultimi tempi. Le scrivo per la questione dei roghi nocivi accesi presso il campo nomadi di via di Salone, che un giorno sì ed uno no ci regalano una ventata di diossina ed altri materiali tossici che si diffondono nell’aria grazie alla combustione di copertoni di auto e chissà cos’altro. Le chiedo, in qualità di padre e di cittadino, un aiuto, ma dal profondo del mio cuore, lasciando fuori l’ambito politico e quello che ne deriva. Purtroppo io stesso sulla mia pelle ho provato cosa significa essere avvelenato giorno dopo giorno. Ho 37 anni e, vista la mia età anagrafica, sono uno dei tanti ragazzi ad aver vissuto, quando ero piccolo, la tremenda tragedia di Chernobyl.  Un evento tanto disastroso, ma tanto lontano da noi. Ed invece, a distanza di dieci anni,  ho capito che poi non era così lontano.

All’età di diciotto anni mi venne diagnosticato un tumore maligno, posto tra la vena cava del cuore e la spina dorsale. Dopo consulti medici e visite mi dissero che il tumore era sicuramente dovuto agli alimenti contaminati dalla nube di polveri sviluppata dall’esplosione della centrale: quei cibi che da piccolo ho continuato a mangiare ignaro del dramma a cui mi avrebbero portato. Ho passato sei mesi interminabili tra chemioterapia e interventi vari, due volte a settimana mi recavo in ospedale per farmi iniettare nelle vene un cocktail dal colore nero che mi bruciava come lava nelle vene e che mi procurava attacchi di vomito e cambiamenti repentini d’umore. I restanti tre giorni frequentavo regolarmente le lezioni del mio ultimo anno di scuola superiore. Per un ragazzo di diciotto anni è disumano perdere capelli come fossero foglie secche di un albero. Ricordo un giorno in classe mentre seguivo la lezione: mi passai la mano tra i capelli e con orrore vidi sul palmo della mia mano un’intera ciocca di capelli. Ma, nonostante tutto, ho superato gli esami di stato e l’esame più grande, quello con la morte, uscendone vincitore.

Tutto questo per dirle che come padre e come cittadino di questo meraviglioso quartiere mi batterò fino all’ultimo respiro per far si che i miei figli ed i figli dei miei amici non subiscano, tra dieci anni, lo stesso mio calvario.  Non è giusto essere avvelenati, giorno dopo giorno, da individui senza scrupoli, senza il minimo rispetto della legalità e delle regole del paese che li ospita. Non è giusto che noi cittadini che paghiamo le tasse fino all’ultimo centesimo non veniamo ascoltati da nessuno. Non è giusto che un mio amico e la sua compagna qualche giorno fa siano stati vittime di una sassaiola mentre transitavano  in auto davanti al campo nomadi. Non è giusto avere un mutuo di trent’anni sulle spalle per una casa e dover respirare aria malsana e aver paura di percorrere le strade del proprio quartiere.

Allora le chiedo con tutto il cuore di aiutarci. Ci ascolti: ascolti un padre, un cittadino preoccupato per la salute dei figli e la prorpia. Non ci lasci soli, non permetta tutto questo. La prego: i cittadini sono esasperati. Molti non hanno più voglia di scrivere alle istituzioni, ma hanno solo voglia di fare giustizia. Non possiamo permettere all’illegalità e alla criminalità di prevalere. Come cittadino le assicuro che il nostro quartiere è ormai una bomba, pronta ad esplodere al più piccolo problema”. 

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