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Campo di Salone, il villaggio modello manifesto del fallimento del piano nomadi

L'associazione "21 luglio" ha presentato una ricerca che racconta il sovraffolamento, la ghettizzazione e il degrado che contraddistinguono il campo: "Un ambiente dove tutto è fermo e uguale a sè stesso"

esclusiIl dossier “Esclusi e ammassati” redatto dall'associazione “21 Luglio” e presentato alla Pontificia Università Gregoriana, se è vero che ha portato nubi oscure sulla gestione capitolina dei rom, allo stesso modo ha cercato di far luce sulla situazione di degrado, criminalità e poca sicurezza per la salute, nella quale vivono gli abitanti del “villaggio attrezzato” per rom, di via Di Salone.

LA STORIA DEL CAMPO - Il campo, nato nel 1999 ma attrezzato e inaugurato nel Giugno del 2006, è stato considerato, fino più o meno al 2008, "a norma", anche grazie ad un regolamento sottoscritto dagli abitanti del campo, dalla polizia municipale e dalle associazioni. Alla base dell'accordo, il mantenimento di buone condizioni strutturali del campo, la partecipazione attiva delle donne alla vita sociale e le buone condizioni di vita dei minori presenti all'interno del "villaggio".

La struttura del campo, prevedeva una ricettività di 600-650 persone ospitando al suo interno 138 moduli abitativi, 5 container di servizio, un'area adibita ad attività sportive, 3 aree comuni e un presidio socio-sanitario.  Lo spazio, di circa 23000 km quadrati, era stato inoltre circondato da una recinzione metallica e provvisto di un sistema di video-sorveglianza con l'installazione di circa 30 telecamere.

Nel 2008, i residenti, (rom provenienti da Bosnia, Serbia, Montenegro e Romania) risultavano essere circa 700, tra i quali, 210 minori in età scolare, tutti iscritti alla scuola dell'obbligo.

IL PEGGIORAMENTO - Il peggioramento arrivò, quando iniziarono i trasferimenti di famiglie provenienti da insediamenti sgomberati (Casilino 900 su tutti), con un aumento impressionante del numero degli ospiti del campo di via di Salone. Gli spazi che erano adibiti alle attività di socializzazione, sono stati occupati dalle case-container per i nuovi arrivati. Troppo piccole, troppe anguste per poterci vivere tranquillamente. Troppo calde d'estate, troppo fredde d'inverno.

I NUMERI ATTUALI - Al momento, gli abitanti del "villaggio" risultano essere 1076, il cui 10% è rappresentato da non autorizzati che, rompendo le recinzioni, si sono introdotti abusivamente nel campo. Tutte queste persone vivono in 198 case-container.

LA SITUAZIONE ATTUALE - La situazione attuale è disastrosa. Oltre al sovraffollamento, che causa liti, risse continue tra le diverse comunità, criminalità, droga e prostituzione, un problema gravissimo risulta essere quello dela condizione igenico-sanitaria e la relativa sicurezza, soprattutto per i più piccoli. I materiali delle discariche non vengono quasi mai smaltiti, gli apparati fognari sono continuamente rotti e, come se non bastasse, a poca distanza dal campo si trova un inceneritore per rifiuti tossici e nocivi.

GLI STUDI DELLE ASL - Vari studi e ricerche, come quelle dell' Istituto epidemiologico (ASL RME) o dell'  ASL RMB, hanno presentato dei dati che dimostrano come nella zona ci sia stato un notevole aumento di casi di decesso per tumori al cervello e per il  Linfomi non Hodgkin. Le patologie "da ghetto" sono quelle maggiormente diffuse all'interno del "villaggio"e i bambini  pagano il prezzo più alto: gravi e numerosi sono i problemi respiratori dovuti alle abitazioni i cui ambienti sono molto caldi nei mesi estivi e freddi in quelli invernali; dermatiti, pediculosi, verruche e scabbia. Gli adulti invece vengono colpiti frequentemente da ipertensione e malattie dell'apparato cardiovascolare, legate a tabagismo, alcolismo, tossicodipendenza e cattiva alimentazione.

LA SICUREZZA - Anche la sicurezza vera e proprio lascia molto a desiderare: sempre in base alla ricerca di “21 Luglio”, risulta che oltre a criminalità e cani randagi liberi nel campo, sia assente l'erogazione dell'acqua alle pompe antincendio. Anche il cancello, unica via di accesso e di uscita del campo, sembra avere un apertura insufficiente a permettere la fuga sicura degli abitanti in caso di pericolo.

L'ISOLAMENTO - Oltre a tutto questo, il campo è completamente isolato. La distanza dai servizi essenziali, e in particolare dai servizi di trasporto che collegano il campo alla città, è considerevole, si parla di chilometri. Questa difficoltà, oltre a favorire il lavoro “nero” e lo smercio di prodotti di prima necessità, mette estremamente a rischio la frequenza dei bambini a scuola. Assolutamente preoccupanti sono soprattutto i disagi psicologici dei bambini causati dall'ambiente in cui vivono.

La presenza di queste problematiche è stata confermata dal coordinatore dall’area sanitaria per il progetto 'Gestione campi attrezzati' del V dipartimento del Comune di Roma: “C’è una forte correlazione tra lo sviluppo del bambino e l’ambiente in cui vive o è costretto a vivere. I bambini del campo di via di Salone sono inevitabilmente più vulnerabili rispetto ad altri bambini. Sono predittivi di disturbi più gravi nell’età adolescenziale e adulta. Un ambiente degradato e deprivato non consente la crescita piena, libera e consapevole della persona, perché quello di via di Salone è un ambiente dove il tempo è fermo, dove tutto è sempre uguale a se stesso e dove non si può coltivare nessuna ambizione e nessuna speranza.”

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