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False perizie per detenuti e il centro recupero diventa covo dello spaccio

La Questura di Roma rende noti i particolari che nella giornata di ieri hanno portato a sgominare una banda dedita al traffico internazionale di droga. A Villa Lauricella i detenuti continuavano indisturbati le loro attività criminose con la compiacenza di una nota psichiatra responsabile della struttura che offriva false perizie

Un centro di recupero per tossicodipendenti nella Capitale, diventato il covo dello spaccio di droga e il 'rifugio' di detenuti, criminali e tossicodipendenti che arrivavano dalla galera per trafficare stupefacenti. Secondo gli inquirenti la responsabile della struttura, una psichiatra romana di 64 anni che avrebbe fatto uso di sostanze stupefacenti, si improvvisava anche pusher e garantiva false perizie. A scoprire i segreti di una 'zona franca', diventata preda di narcotrafficanti anche collegati alla 'ndrangheta, è stata la squadra mobile di Roma con una maxi operazione antidroga che ha portato all'arresto di circa 34 persone, di cui la maggior parte nella Capitale. Gli agenti della squadra mobile, diretti da Vittorio Rizzi, hanno scardinato un'organizzazione con cellule operative su Roma, Milano e in Calabria. Ai vertici c'era una cosca calabrese, che aveva contatti commerciali anche con la Colombia e la Spagna, attraverso un latitante calabrese, Antonio Angelo Pelle.

'NDRANGHETA A ROMA - A Roma l'associazione si appoggiava ad alcuni gruppi locali di alcune zone della periferia nord della Capitale. L'organizzazione era formata da un gruppo calabrese, collegato alla 'ndrangheta, e un gruppo romano, mentre nella Capitale una delle persone chiave dell'organizzazione era una psichiatra di 64 anni, che percepiva somme fino a 30mila euro per false perizie. Chi aveva i soldi per pagare, quindi, poteva ottenere le false certificazioni e trascorrere la detenzione nella comunità diretta dalla psichiatra a Villa Lauricella, nel quartiere prenestino, anche sovvenzionata prima dell'inizio della indagini (in corso dal 2009) dalla Regione Lazio. Nella struttura di recupero alcuni ricoverati continuavano indisturbati la loro attività criminale e alcune persone sono anche morte per overdose. Ma da quel posto diversi pregiudicati erano anche evasi, come un detenuto condannato a 13 anni per stupefacenti.

DROGA E ARMI - Per riuscire a passare dal carcere al Centro di recupero tutto era studiato nei particolari: dalle pantomime con crisi di astinenza e finti pianti provocati da semplici gocce di limone agli occhi, ai falsi certificati garantiti dalla psichiatra. La comunità, un "buco nero" dove si nascondevano pericolosi criminali, era diventata anche una sorta di poligono. Uno degli arrestati si "allenava" all'interno della sua stanza con una pistola calibro 7.65, sparando verso l'armadietto porta abiti. Per gli investigatori al momento il bilancio è di 30 chili di droga sequestrata, oltre a due pistole e 60 perquisizioni, con 39 ordinanze di custodia cautelare. Tra gli arrestati c'é anche un appuntato dei carabinieri che aveva rivelato informazioni riservate. (Fonte Ansa)

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