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Pigneto Pigneto / Via Fanfulla da Lodi, 38

Via Fanfulla 38, dopo lo sgombero della comunità senegalese solo abbandono: residenti in allarme per spaccio e furti

Residenti e cittadini del comitato di quartiere in assemblea: "Chi si deve fare carico di questi locali?"

Un anno dopo lo sgombero degli appartamenti di via Fanfulla da Lodi 38, al Pigneto, tra il vicinato cresce la preoccupazione. L’abbandono dei locali che per vent’anni sono stati abitati da una comunità senegalese, vero e proprio punto di riferimento per i connazionali a Roma, hanno lasciato proprio sotto le loro finestre un luogo abbandonato e pericoloso. Un buco nero che ha destabilizzato il quartiere ma che allo stesso tempo rimane irraggiungibile al loro abitarlo. “Dalle nostre finestre vediamo persone che entrano ed escono scavalcando il muro, qualcuno ci vive, visto che vediamo dei panni stesi. Ma quel che ci preoccupa è che c’è una chiara attività di spaccio a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non solo. I tentativi di furto sono sempre più frequenti”, racconta una signora che abita proprio nella palazzina che si trova dalla parte opposta della strada. “Sembra di vedere quello che è accaduto nell’area di via dei Lucani a San Lorenzo. Dobbiamo aspettare la tragedia per rendercene conto davvero?”.

Non è uno sfogo raccolto per strada. Mercoledì sera il comitato di quartiere Pigneto Prenestino si è dato appuntamento proprio in via Fanfulla da Lodi 38, proprio come accadeva pochi giorni dopo lo sgombero quando molti cittadini portavano cibo e aiuti agli ex inquilini in protesta davanti alla loro abitazione. Molti residenti sapevano già dell’appuntamento, molti altri si sono fermati non appena hanno notato il gruppo per condividere la propria preoccupazione.

C’erano anche alcuni ex residenti senegalesi che oggi vivono sparsi in altri appartamenti, tra il Pigneto e altri quartieri più periferici, e che non hanno ancora abbandonato l’idea di tornare a vivere insieme. “La disegregazione della nostra comunità è stata una sofferenza. Oggi viviamo tutti in case separate ma così aiutarci gli uni con gli altri è diventato molto più difficile”, spiega Faty. Del resto, fa capire, “stiamo solo chiedendo di vivere in un posto pagando un affitto”. La comunità senegalese manca a tutti, in via Fanfulla da Lodi, strada cantata da Pasolini, che oggi è bilico tra la vita di quartiere dei suoi residenti e quella vocazione turistica che già svuotato i quartieri del centro. “In tanti anni di convivenza non abbiamo mai avuto problemi. Anzi. Era una comunità attiva, un presidio per il quartiere”, racconta un’altra signora.

Oggi invece le segnalazioni alle forze dell’ordine sono quasi quotidiane. “Lunedì ho assistito a uno scippo”, racconta uno dei residenti. “A una signora in via Braccio da Montone (strada che entra perpendicolare in via Fanfulla da Lodi, ndr) hanno rubato il telefono. L’autore dello scippo è stato raggiunto proprio qui. Ho sentito le grida dalla finestra. Ha tirato fuori il coltello per allontanare gli inseguitori ed è saltato dentro scavalcando il muro”. Mentre termina il racconto si aggiunge subito quello di un altro condomino. Sente la fine del discorso e subito si infiamma. “A me hanno cercato di rubare la macchina la settimana scorsa. Ho avanzato denuncia ma non è ancora accaduto nulla”. Le segnalazioni si ripetono numerose. “Chiamo le forze dell’ordine un giorno sì e un giorno no”, dice una. “Segnaliamo ma ci viene risposto che non si può fare niente”. Qualcuno dice di aver visto dei poliziotti entrare proprio mercoledì mattina. Ma poco o niente è accaduto.

La preoccupazione di vedere il proprio quartiere e la propria quotidianità minati da tanta, incontrollabile, insicurezza non offusca la consapevolezza che quella, pur trasformata dall’abbandono e dall’accumularsi di rifiuti, non è una terra di nessuno. È una proprietà privata alla quale il 20 febbraio 2019 sono stati posti i sigilli dalla Guardia di Finanza. È quindi, inoltre, nelle responsablità di un custode nominato da un giudice. Tutti i residenti hanno ben chiara una cosa: una precisa sequenza di fatti e decisioni ha svuotato quel posto dai suoi abitanti originari, il vuoto ha generato abbandono e quell’abbandono ha attirato emarginazione e disagio. Che oggi fanno paura.

Il sequestro era scattato perché molti mesi prima 4 persone sulle 15 che ci vivevano erano state trovate in possesso di merce contraffatta. Lo sfratto è arrivato per tutti anche se le 4 persone in questione non avevano nemmeno la residenza lì. Non solo. È proprio dalle pagine del decreto di sequestro preventivo che i residenti si sono accorti che la loro casa era stata venduta nel 2014 senza che sapessero niente. L’immobile, c’era scritto, era stato “occupato abusivamente”. Eppure gli affittuari avevano continuato a pagare l’affitto fino a gennaio del 2019. Per questo “abbiamo presentato una denuncia verso il vecchio proprietario”, spiega l’avvocato Cosimo Alvaro del Progetto diritti.

Così al centro della denuncia, insieme alla paura verso spaccio e furti, ci sono anche i sigilli e lo sfratto di una comunità che era parte del quartiere. “Questa storia racconta come lo sgombero non sia avvenuto solo ai danni della comunità senegalese che vi abitava da tanto tempo ma di tutta la comunità residente nel quartiere che ha perso le sue certezze”, racconta Sabrina Baldazzi, del comitato di quartiere Pigneto Prenestino. “Prima abitava una comunità integrata, oggi c’è spazio per l’illecito. Il danno dello sfratto ha un impatto molto più ampio di quello inferto alla sola comunità senegalese. Resta il timore che il sequestro e lo sfratto finiscano per avvantaggiare un intento speculativo. Chi ha la responsabilità di quanto avviene in questi stabili? Chi se ne deve fare carico?”. 

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