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Ignazio Marino scalda il Pigneto: "Il sindaco sceriffo ha fallito"

In visita elettorale nel quinto municipio l'ex chirurgo ha attaccato il suo sfidante su sicurezza e criminalità. "Per ricostruire Roma dobbiamo passare da una cultura dell'io a una cultura della comunità"

Dopo aver rifilato l’ennesima “buca” a Gianni Alemanno non presentandosi al faccia a faccia in programma a Cesano, Ignazio Marino ha proseguito il suo tour elettorale in visita nel quinto municipio, prima in Piazza dei Gerani e poi nell’isola pedonale di via del Pigneto. Qui l’ex chirurgo ha parlato davanti a un piccolo gazebo, un comizio durato solo una manciata di minuti ma che comunque ha mostrato un Marino piuttosto in palla anche se il pubblico non era certo quello delle grandi occasioni.

Marino parte con un tema di sicura presa (almeno sul suo elettorato): l’anniversario della liberazione di Roma da parte delle truppe alleate, “una data che Alemanno sembra aver dimenticato”, polemizza l’ex chirurgo tra gli applausi. Chiusa la parentesi storica Marino continua a punzecchiare il suo sfidante. “Alemanno ha detto che sono un marziano: sì e farò cose bizzarre, ad esempio non assumere cubiste all’Atac”. Marino attacca il sindaco anche sul tema degli sperperi: “In un comune che con le municipalizzate arriva a 60mila lavoratori sono stati spesi 70 milioni di euro in consulenze esterne: forse Alemanno aveva bisogno dei marziani...”.

“Noi faremo quello che non è stato fatto in questi 5 anni - ha continuato Marino - la manutenzione ordinaria delle nostre strade, delle nostre scuole. Il nostro sindaco a che cosa ha pensato? Alla pista di sci ad Ostia e alla pista di Formula Uno. Ma se proprio aveva necessità poteva portare a Roma il campionato mondiale di motocross, le strade sono già pronte”.

Il discorso si sposta sul tema della sicurezza: “Secondo Alemanno nel 2008 c’era un problema di microcriminalità. A cinque anni di distanza c’è un problema di criminalità organizzata”. Marino snocciola cifre: “Abbiamo 29 commissariati ospitati in edifici privati con un costo di 14,5 milioni di euro l’anno, 70 milioni in cinque anni. Con quel denaro possiamo raddoppiare il numero delle volanti di pattuglia”. E infine: “Per ricostruire Roma dobbiamo passare da una cultura dell’ io chiuso in una stanza abituato ad aiutare soltanto gli amici, ad una cultura del noi, una cultura della comunità”.

Poi c’è spazio solo per le fatidiche frasi slogan: “Daje” e “voglio indietro la mia Roma”. Cala il sipario: Marino se ne va tra gli applausi, stringe mani, parla con i militanti. Eppure qualche faccia perplessa c’è e forse più di qualcuno si aspettava almeno un accenno ai problemi del quartiere.

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