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Shoah, al Coppedè un nuovo "civico giusto": la storia dei Trella e dei Supino nei giorni del rastrellamento

Due famiglie vicine di casa e amiche hanno scritto uno dei tanti capitoli della Storia, all'indomani di uno degli episodi più tragici vissuto da Roma

Oggi giovedì 27 gennaio, nel Giorno della Memoria che commemora le vittime dell'Olocausto, viene presentato un nuovo "civico giusto" nel quartiere Coppedè in via Olona 7a. L'iniziativa è promossa dall'associazione "Roma Bpa - Mamma Roma e i suoi figli minori" in collaborazione con la Commissione Europea e il Municipio II. 

I Supino e i Trella

E' in questa palazzina elegante che tra l'ottobre e il novembre del 1943 la famiglia Supino (Paolo ed Emma con i tre figli Giulio, Laura e Silvia), di origini ebraiche, venne nascosta dai coniugi Serafino e Amalia Trella nel loro appartamento. Il 16 ottobre si era consumato uno degli episodi più tragici della storia di Roma, ovvero il rastrellamento degli ebrei del Ghetto da parte dei tedeschi. Il giorno dopo il Generale Paolo Supino, destituito dall'esercito italiano dopo l'entrata in vigore delle leggi razziali, ricevette l'offerta di essere ospitato insieme a tutta la famiglia in casa dei loro vicini e amici.  

Il rastrellamento del Ghetto

"In quelle ore per tutta Roma c'era grande fibrillazione tra gli ebrei che vivevano al di fuori del ghetto - racconta Gabriele Scifoni, nipote dei coniugi Trella - perché i tedeschi sapevano bene dove abitavano tutti. Così i miei nonni, senza fare troppi ragionamenti, decisero di ospitarli e quindi nasconderli. Io conosco la storia anche se loro non hanno mai voluto parlarne troppo, non si sono mai considerati degli eroi perché per loro era normale fare una cosa del genere". 

La paura di essere scoperti

"Mamma racconta sempre - continua Gabriele - che una volta i tedeschi arrivarono al Coppedè per cercare un giovane, scappato dopo una rapina. Bussavano casa per casa. In quei giorni i Supino erano già loro ospiti, così nonna andò ad aprire la porta e teneva per mano stretta mia madre come per intimarle di non parlare, di non tradirsi svelando la presenza di altre persone. Per fortuna quel soldato era giovane e inesperto, non mise piede in casa e andò via". Gabriele racconta anche un altro particolare: "Sia i miei nonni sia i Supino avevano tre figli - ricorda - quindi la raccomandazione ai bambini era di uscire sempre e solo in tre, anche se mischiati, per non dare modo a nessuno di pensare che ci fosse qualcuno in casa. Per fortuna, poi, il portiere della scala in cui vivevano i Supino non era un delatore, cosa molto frequente in quegli anni. Anzi, era una bravissima persona". 

"Giusti tra le Nazioni"

Dieci anni fa Serafino e Amalia sono stati riconosciuti "Giusti tra le Nazioni" dalla commissione speciale istituita dallo Stato d'Israele per rendere onore a quelli che, durante l'Olocausto, hanno soccorso e nascosto ebrei perseguitati salvandogli la vita. E in molti casi sono nate amicizie, relazioni forti che hanno superato le difficoltà, la fame, il pericolo di un arresto e conseguente deportazione. 

Da oggi chiunque passerà per via Olona, arrivato al civico 7a potrà conoscere questa storia semplicemente inquadrando il qrcode affisso accanto al numero. 

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