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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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“Il marito di mio figlio” un successo per la prima nazionale al teatro Manfredi

Sul palcoscenico un cast di grande rilievo con un sorprendente Andrea Roncato, una fantastica come sempre Monica Scattini

Commedia degli equivoci, scatola a sorpresa. Un vortice di risate, un testo garbato e intelligente, un cast stellare. Ed è subito successo per “Il marito di mio figlio”, al debutto assoluto al teatro Nino Manfredi di Ostia. La commedia scritta e diretta da Daniele Falleri, in scena fino a domenica 16 dicembre nella sala lidense, nel 2011, è stata selezionata dall’Istituto di cultura italiana di Washington, per essere rappresentata negli States, all’interno di una rassegna dedicata alla nuova drammaturgia. 

Sul palcoscenico un cast di grande rilievo con un sorprendente Andrea Roncato, una fantastica come sempre Monica Scattini. Che dire dell’eclettico Pietro De Silva, di Pia Engleberth e dei giovani e talentuosi Roberta Giarrusso, Ludovico Fremont e Domenico Balsamo. Una commedia degli equivoci che affronta con ironia un tabù sulla cresta dell’onda in tutto il mondo: il matrimonio gay. Di come dare l’annuncio ai rispettivi genitori. E grazie alla vicenda emergono situazioni e storie che forse non sarebbero mai emerse. I personaggi sono legati l’uno all’altro con imprevisti e il racconto scorrevolissimo diverte il pubblico che applaude a scena aperta.
“Il marito di mio figlio”, come spiega Falleri non vuole essere “un manifesto gay. Non è una storia di propaganda. Non vuole portare la bandiera di nessun movimento. Vuole andare oltre. O più precisamente vuole essere tutto questo ed altro. La chiave di osservazione della storia esige di non prescindere da una considerazione fondamentale, e cioè che Michael e George ancor prima di essere gay sono due ragazzi che si amano. Non è la loro inclinazione sessuale a fare da protagonista in questa storia. Il protagonista, se ce n’è uno, è l’amore. Per un compagno, per un figlio, per una madre, per un sogno, per un ideale, per se stessi, per la vita. L’intento - afferma ancora Falleri - è dichiarato dalla scelta del titolo. Il punto di vista si colloca inequivocabilmente all’esterno della coppia di sposi che diventano un elemento fra gli elementi. Chi parla è una mamma o un papà. Questo è ciò che più mi interessa, indagare sull’istituzione famiglia. Sull’effetto deflagrante che una notizia inaspettata e sconvolgente ha sull’ipocrisia di facciata del nucleo familiare come metafora di una società. Le famiglie di Michael e George - conclude Falleri -sarebbero potute andare avanti sull’onda delle convenzioni per anni, forse per sempre. Rapporti sedimentati su codici falsi e apparentemente inamovibili. Ma la comparsa di un elemento imprevisto (e qui fa la sua entrata trionfale il matrimonio gay) smantella gli equilibri costituiti e obbliga tutti a rifare i conti con se stessi e il resto del mondo, riesaminando ex novo tutto ciò che ci circonda e che davamo per scontato”.

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