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Scavi di Ostia Antica: "Quando l'archeologia diventa pattumiera"

Bagni sporchi e malfunzionanti, assenza di controlli all'ingresso, impossibile trovare una guida, erba alta e rifiuti: gli scavi di Ostia Antica nel degrado. La denuncia in una lettera inviata ad Artribune.com

In una lettera pubblicata da Artribune.com si legge lo sfogo di un lettore che porta a conoscenza la drammatica situazione degli scavi di Ostia Antica. Praticamente abbandonato a se stesso, questo patrimonio storico ed artistico è lasciato all'incuria e nel degrado.
Ecco il testo della lettera:

"Domenica scorsa decido con la famiglia di fare una visita agli scavi di Ostia Antica. Pensate che il sito di Ostia Antica del Ministero dice: “ad Ostia Antica, entrerete in un’intera città romana… unico caso al mondo insieme a Pompei”. Ed è vero. Il sito è molto bello e l’area “potrebbe” essere bellissima. Arrivo con l’auto, si paga il parcheggio 2,50 euro. Va bene, è custodito. Vorrei andare al bagno prima di entrare: vicino all’ingresso c’è una specie di container diviso a metà. Qui ci sono i gabinetti sia per le donne che per gli uomini. Alle 10 di mattina erano già impraticabili per lo schifo (suppongo risalente ai giorni precedenti), quello delle donne non l’ho visto ma mia moglie è uscita spaventata. Ovviamente tutti e due i bagni senza carta igienica. Facciamo il biglietto: 6,50 euro a testa. Nessuno controlla i biglietti all’entrata perché stanno provando un sistema sperimentale che però non funziona. Le audio guide non sono attive. Non è possibile fare visite guidate. Immaginate quanto si possa capire a fare una gita in una vasta area archeologica senza nessuno che ti spieghi cosa vedi. Morale? Ho dovuto comprare una guida, 10 euro. Certo non è che mi sia servita molto perché non si può leggere un volume di oltre 100 pagine in due ore e contemporaneamente girare e vedere.

Degrado scavi Ostia Antica - foto Artribune.com

Passiamo all’area archeologica vera e propria. L’erba era alta in tanti luoghi, molte le zone inagibili, le indicazioni scarse, i cartelli, quando c’erano, con poche informazioni e rovinati, i mosaici spesso coperti con plastiche o sommersi da aghi di pino. Macchine (presumibilmente di qualche dipendente, parcheggiate abusivamente dentro l’area degli scavi), bottiglie di plastica, cartaccia e cicche di sigaretta in tanti luoghi. L’unico personale visto nell’area consisteva in tre persone con le pettorine ‘security’: invece di badare alla sicurezza dell’area sono sempre stati tutti insieme a chiacchierare seduti su un rocco di colonna, qualsiasi malintenzionato avrebbe potuto agire liberamente. Vogliamo visitare il museo… ops apre alle 14.30 per la pausa pranzo, va bene aspettiamo. Andiamo a mangiare una cosa. La caffetteria (oltre al bookshop) è l’unica cosa decente (gestita da privati, ovviamente) dove però la bottiglietta d’acqua da mezzo litro te la fanno pagare 2 euro (inutile dire dei prezzi del resto delle cibarie…).

Visitiamo il museo e l’unico custode all’interno (a parte due signorine nella guardiola tutte prese a chiacchierare tra loro) è intento a leggere una copia del ‘Corriere dello Sport’. Sta chino sul quotidiano sportivo nemmeno alza mai lo sguardo. Si trovava nel suo momento di pausa? Chissà, magari sì. Certo è che il danno d’immagine nel vedere l’unico addetto in apnea dentro ad un giornale non è da poco. Gli stranieri presenti, ridevano. E non solo per questo episodio, ma in generale per l’organizzazione del tutto…

Insomma è stata un’esperienza da dimenticare. Peccato perché il sito è affascinante e si potrebbe valorizzare molto. Il biglietto costa 6 euro e mezzo quando un cinema costa minimo 7 euro. Ha senso questo? Non sarebbe meglio, al limite, raddoppiare il costo del biglietto e presentare un’area pulita, perfetta ed ordinata? Se Ostia Antica fosse in Germania, Francia o Inghilterra (ma ormai anche in Croazia o Slovenia) saprebbero sicuramente come fare per valorizzarla e soprattutto come farci tanti soldi, tanti posti di lavoro (di qualità), tanto turismo. Turismo quello buono, che si trova bene e ritorna, non quello che torna in patria raccontando di quanto facciamo ridere. O piangere. Che tristezza."
 

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