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Ostiense Garbatella / Via Capitan Bavastro

Ostiense, 100 afgani occupano l'assessorato

Il campo profughi nella stazione Ostiense deve essere sgomberato. Le associazioni umanitarie però allertano sulla criticità della situazione di questi immigrati

Centocinquanta profughi senza acqua, la diffusione di malattie infettive e minori senza cibo: era questa la situazione in cui si trova la cosiddetta Lampedusa di Roma. Uno spiazzale nei pressi della stazione Ostiense che ospita numerosi profughi soprattutto afgani. A lanciare l'allarme è stata l'associazione Medici per i diritti umani (Medu) che ha espresso una "profonda preoccupazione per l'aggravarsi della situazione umanitaria di tutte quelle persone costrette a vivere in condizioni disastrose alla stazione Ostiense e lasciati senza alcuna assistenza".

"Questo disagio", secondo i medici, "é ben noto alle istituzioni e si protrae da anni senza che vengano adottate soluzioni efficaci e sostenibili". Oltre alle disastrose condizioni igienico-sanitare e abitative, Medu sottolinea che da "circa due mesi è stata interrotta la fornitura di acqua potabile che veniva assicurata dall'unica fontanella presente nell'insediamento". La situazione del campo spontaneo dunque è critica anche a causa del grande caldo e della polvere sollevata dai macchinari del cantiere nelle cui vicinanze si trova l'insediamento.

Proprio la presenza di lavori li vicino, inoltre ha reso ancora più grave la situazione. Infatti la proprietà del cantiere ha comunicato ai profughi che per ultimare i lavori il campo dovrà essere smantellato il loro campo. Il panico è dilagato. Immediatamente un centinaio immigrati afghani sostenuti anche da altre associazioni, come dalla "Rete romana per il supporto dei profughi afhgani", hanno occupato la sede dell'assessorato alla Politiche sociali del Comune di Roma come forma di protesta per "l'imminente sgombero" del campo di via Capitan Bavastro.

"Lì - spiegano dalla Rete -, vivono da tempo, circa 150 afgani in condizioni alloggiative e sanitarie estremamente drammatiche, aggravate dalla decisione del consorzio che sta costruendo centinaia di alloggi nelle immediate vicinanze, di chiudere un mese e mezzo fa l'unica fonte d'acqua disponibile. Attualmente i rifugiati vivono senza acqua da tre giorni". "I continui appelli rivolti all'amministrazione comunale - proseguono -, per trovare una soluzione condivisa all'imminente sgombero e più in generale per dare risposte al bisogno di accoglienza di persone che hanno diritti riconosciuti dalla comunità internazionale, finora sono caduti nel vuoto". Per questo i manifestanti chiedono un incontro all'assessore alla Politiche Sociali Sveva Belviso".

A difesa di queste persone, Medu si appella al rispetto dei diritti umani affermando che, "secondo quanto stabilito dai trattati internazionali sui diritti umani sottoscritti dall'Italia, alle persone sottoposte a sgombero forzato, e che si trovino in condizioni di indigenza, deve essere comunque sempre garantito il diritto ad un alloggio alternativo adeguato". Ma per ora le istituzioni ancora non danno risposta.

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