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Torri delle Finanze all'Eur: tutto tace. I comitati: "La Provincia investa qui"

"La Provincia di Roma potrebbe rinunciare all'acquisizione della nuova sede da 263 milioni euro e investire su questi stabili che sono già al 50 per cento di proprietà pubblica"

Tutto tace ai piedi delle ex torri delle Finanze dell’Eur. Dopo essere stati “spellati” in tutta fretta nel 2007 come primo passo per un progetto di demolizione e ricostruzione, i tre piccoli grattacieli sono rimasti lì, come nudi scheletri di cemento armato. Tutto fermo. Il progetto del complesso residenziale “di vetro” firmato dall’archistar Renzo Piano non è più conveniente. La notizia è conosciuta da tempo ma mentre i lavori del vicino, nuovo, avveniristico, centro congressi a forma di Nuvola avanzano, il destino delle tre strutture è avvolto nel silenzio.

Poco interessa che la porta del quartiere “razionalista” pensato per l’esposizione universale del ’42 che sarà casa del centro progettato da Massimiliano Fuksas, per chi percorre la via Colombo dal mare verso il centro, sembra l’anticamera di una città distrutta. La metà privata dell’Alfiere spa, società mista pubblico-privata che possiede il complesso, si è ritirata dall’affare. Ma non ufficialmente. Così tutto è fermo e, per ora, senza nessuna soluzione alternativa. Intanto i cittadini del Comitato Salute e Ambiente Eur, avanzano una proposta: “Perché la Provincia di Roma non investe in quelle strutture?”.

LA PROPOSTA DEL COMITATO – “La Provincia di Roma potrebbe rinunciare all’acquisizione della nuova sede da 263 milioni euro e investire su questi stabili che sono già al 50 per cento di proprietà pubblica”. Ecco cosa propose il Comitato Salute e Ambiente Eur che si è da sempre opposto all’ipotesi di abbattere e ricostruire degli edifici dall’alto valore architettonico. “Quegli edifici non possono essere lasciati così e non devono essere oggetto di una speculazione immobiliare”.

IL COMUNE DI ROMA – Ormai sono passati otto mesi da quando, lo scorso dicembre, il sindaco Alemanno dichiarò: “Ho dato un ultimatum ai vertici Fintecna: o a gennaio sostituiscono i soggetti privati o è necessario rivedere il progetto con qualcosa di meno ambizioso”. Ma l’avvertimento non ha sortito effetti. La parte privata, che va dai costruttori Toti e Ligresti passando per la società di gestione risorse Fimit, non è cambiata e nessun progetto alternativo è stato messo su carta. Così tutto è fermo. E nessuno sa dare risposte sul futuro delle torri. Si sbottonano poco anche gli uffici competenti del comune di Roma.

“L’unica informazione di nostra competenza è che con delibera dell’Assemblea Capitolina, nel maggio 2010 è stato definito lo stralcio dell’immobile delle tre torri dalla Carta della qualità del Piano regolatore” ci spiega l’assessore al Patrimonio del Comune di Roma, Lucia Funari. “Per quanto riguarda le torri non è stata ritirata la licenza a costruire. I privati non reputano più appetibile il progetto, ma ancora non si sono ritirati” risponde a Roma Today l’assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, Marco Corsini. Così, addio 24 milioni di euro di oneri concessori che il Comune avrebbe dovuto incassare al momento del ritiro della licenza e che sarebbero dovuti servire a realizzare alcune infrastrutture nel quartiere. Un contributo già di per sé “scontato”. Come scrivono Daniele Nalbone e Paolo Berdini nel libro “Le mani sulla città” (Ed. Alegre): “Analizzando il Protocollo di Intesa stipulato il 28 novembre 2002 dal Ministero delle Finanze e dal Comune di Roma, dovrebbe valere tra i 60 e gli 80 milioni di euro”.

FINTECNA IMMOBILIARE – Chi potrebbe doversi prendere carico della patata bollente delle ex torri delle Finanze dell’Eur è la parte pubblica proprietaria del complesso: Fintecna Immobiliare. La possibilità meno onerosa potrebbe essere bloccare la demolizione e ricostruire, come fece Penelope con la sua tela, ciò che qualche anno fa è stato distrutto: la facciata delle torri magari per destinarle ad uffici, proprio come prima. Comunque, per ora, la “governance” interna del progetto non è ancora stata risolta e la parte privata, anche se si è tirata indietro, non è ancora uscita ufficialmente dal gioco.

IL PROGETTO DI DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE – Come per il vicino albergo a “quattro-cinque stelle” a servizio del nuovo centro congressi, futuro era di lusso anche per le ex torri delle Finanze, di proprietà della Alfiere spa, una società mista pubblico privata in cui il 50 per cento delle quote è in mano a Fintecna Immobiliare, totalmente controllata dal Ministero delle Finanze, mentre l’altra metà è posseduta dagli investitori privati del Progetto Alfiere spa. Un futuro che era di lusso, o meglio, ufficialmente lo è ancora oggi. Perché nonostante mesi fa si è diffusa la notizia che la parte privata ha rinunciato al progetto, le autorizzazioni per costruire giacciono presso gli uffici competenti del Comune di Roma, pronte per essere ritirate. Al posto delle  tre torri progettate alla fine degli anni ’50 dagli architetti Ligini, Cafiero, Marinucci e Venturi ci doveva finire un complesso residenziale di lusso progettato dall’archistar Renzo Piano. Tre palazzi da 11 piani, soprannominati le “Torri di vetro”, per un totale di circa trecento appartamenti, con l’aggiunta di uffici e spazi commerciali, da ricoprire di vetro per farne dei giardini d’inverno e serre con orti botanici. Costo previsto: circa 10mila euro al metro quadrato.

L’EUR DEL FUTURO - A metà luglio l’annuncio di un accordo siglato da Eur spa e Fiera di Roma srl per la gestione di un “polo congressuale romano”, la cui punta di eccellenza sarà proprio la Nuvola. “L’accordo – ha spiegato l’ad di Eur spa Riccardo Mancini – consentirà a Roma di tornare a competere a livello internazionale con le più importanti destinazioni della meeting industry, come Vienna, Parigi o Barcellona”. Oltre alla Nuvola, dietro alle tre torri grigie, sta prendendo forma sempre più completa la facciata lucida del nuovo albergo in costruzione, la Lama, una struttura ricettiva di lusso, da quattro-cinque stelle, con sette suites e spazi fitness. Secondo i piani di Eur spa, la Nuvola dovrebbe essere pronta entro il 31 gennaio 2013. E qui una domanda sorge spontanea. Come farà Roma a “presentarsi al mercato internazionale” se a fianco del promettente centro congressi nuovo di zecca un pezzo di città è stato abbandonato a sé stesso?
 

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