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Venerdì, 26 Aprile 2024
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"Bocciamo la distanza, costruiamo una scuola diffusa": le lezioni nella 'fase 2' disegnate dai genitori dell'istituto Salacone

Il documento è stato scritto dal comitato dei genitori dell'istituto comprensivo Simonetta Salacone. Così hanno contribuito a un tema dibattutto in tutta Roma e in Italia

Bocciata la “scuola a distanza” meglio concentrarsi a progettarne una “diffusa” perché le lezioni online “aumentano le disuguaglianze tra studenti quando invece la scuola pubblica è democratica e inclusiva”. Intanto, mentre in quasi tutti i settori lavorativi l’Italia sta ripartendo o si prepara a farlo, il futuro della scuola a settembre è ancora pieno di incognite e proposte poco chiare. È in questo contesto che il comitato dei genitori dell’istituto comprensivo Simonetta Salacone, che riunisce le scuole primarie Pisacane (Tor Pignattara), Balzani e Iqbal Masih (Centocelle), quella per l’infanzia Guattari e le ‘medie’ Baracca (Centocelle) ha deciso di mettere nero su bianco le proprie riflessioni e proposte.

Parole che da alcuni dei quartieri più variegati di Roma, sia per il numero delle nazionalità presenti sia dal punto di vista sociale, sono finite quasi subito a ingrossare le considerazioni di una rete non solo cittadina ma anche nazionale di comunità scolastiche impegnate a ripensare sé stesse mettendo al centro bambini e adolescenti. “La lettera è nata circa un mese fa quando, passato il panico iniziale verso la pandemia, abbiamo capito che per quest’anno la scuola non avrebbe più riaperto e che nemmeno a settembre sarebbe stata più la stessa”, racconta Serena Baldari, tra i genitori del comitato. “I primi decreti hanno ignorato del tutto i bisogni educativi dei bambini e le blande ipotesi di ripartenza emerse fin’ora parlano ancora di didattica a distanza o, peggio, di lezioni da seguire metà in classe e metà online. Così abbiamo deciso di mettere per iscritto le nostre preoccupazioni e di cercare di capire in quale direzione vorremmo andare”.

Sul punto di partenza sembra non esserci alcun dubbio: la didattica a distanza è stata una “scialuppa di salvataggio” in un momento di emergenza ma non è una strada da percorrere per costruire la Fase due. “Tutti i genitori hanno apprezzato gli sforzi degli insegnanti nel cercare di recuperare gli ultimi mesi di anno scolastico ma le lezioni online vanno bocciate”.

Nella lettera vengono elencati una serie di motivi. “La scuola delegata alla didattica a distanza perde pericolosamente la sua prerogativa di inclusività e smarrisce la sua funzione sociale finendo per inasprire le difficoltà e acuire le disuguaglianze”. Non tutti hanno gli stessi dispositivi digitali o spazi adeguati per trasformare le proprie case in scuole. Non è, però, solo un problema di strumenti tecnologici. Non tutti i genitori hanno le stesse competenze culturali e linguistiche, le stesse dispobilità di tempo, per poter seguire i propri figli nell’apprendimento. “Il venir meno della frequenza scolastica, per i bambini in età prescolare e scolare”, si legge ancora nella lettera “crea una ‘vacanza’ che, se all’inizio può presentare alcuni aspetti positivi, a lungo andare rischia di assumere i contorni del disorientamento e della perdita”.

La lettera - "Emergenza Coronavirus in Italia: quale scuola?"

La scuola è invece una “agenzia di socializzazione secondaria solo alla famiglia” nella quale il bambino “fa esperienza di sé, dell’altro, del gruppo, apprende regole, sviluppa il suo senso di appartenenza alla comunità e alla società, sperimenta gradualmente un senso di autonomia”. Infine c’è la vita familiare, tutta da riorganizzare: “Nell’attuazione di una Fase 2 di convivenza con il virus non è stato chiarito quale possa essere la gestione ottimale dei figli considerando il rientro al lavoro” perché “i supporti ad oggi messi a disposizione dallo Stato (buono baby sitter e congedo parentale al 50% per 15 giorni) non possono risolvere il problema che si pone ai nuclei familiari, né dal punto di vista delle risorse finanziarie né da quello della gestione del tempo”.

La situazione lascia senza risposta domande urgenti che non possono trovare soluzione a ridosso dell’inizio del nuovo anno scolastico e che devono veder coinvolti tutti i livelli istituzionali. La scuola “sicura” capace di convivere con la diffusione di un virus destinato a circolare ancora molti mesi, se non anni, deve quindi essere pensata per durare, per lasciarsi alle spalle l’emergenza. Per questo, “immaginiamo una scuola diffusa” da realizzare in uno spazio adatto a ripensare la didattica in presenza, “organizzata su gruppi più piccoli di alunni, da mettere in essere anche negli spazi complementari delle singole scuole – palestre, mense, aule polivalenti – nei giardini e nei cortili, in strutture di quartiere al momento inutilizzate o solitamente destinate ad altro uso, ma compatibili”. Il tutto passando per “il reclutamento di altro personale docente qualificato e il ricorso a realtà esterne che possano arricchire il tempo scolastico con attività complementari”. Come si legge nella lettera, la crisi del coronavirus ha reso così evidente “l’urgenza di approntare un piano di investimenti sostanziali, sia in termini economici sia progettuali, a favore dell’istruzione, un settore che svolge un insostituibile lavoro di formazione degli individui e delle collettività cui questi individui partecipano, e che incide in modo strategico sullo sviluppo, presente e futuro, del Sistema Paese”.

In quanto alla questione dei luoghi, in città e nei quartieri “ci sono anche altri spazi urbani che si possono attivare in questo senso”. I parchi, le piazze, le strade libere dalle auto. “Questi due mesi di chiusura forzata dentro casa per i bambini e gli adolescenti sono stati un paradosso: proprio nel momento in cui la città, con il traffico ridotto al minimo, sarebbe stata più sicura per loro non ci potevano vivere. E allora perché non pensare a potenziare i trasporti pubblici e ad aumentare le strade chiuse al traffico intorno alle scuole o nei tragitti che le collegano ai parchi o alle biblioteche? Sono tutte soluzioni che qualunque amministrazione con un minimo di visione può attuare con facilità”. Potrebbero non essere solo le aule a misura ‘anti-Covid 19’, quindi, a salvare la scuola ma anche una città a misura di bambino, “una città non escludente, nella quale tutti si possono muovere”.

La lettera dei genitori dell’istituto comprensivo Salacone è ormai da tempo parte di un mosaico composto da tante altre lettere, appelli, riflessioni e proposte emerse da altre ‘comunità scolastiche’ cittadine e nazionali. Una “rete” in cui ogni nodo è legato ad altri nodi ognuno dei quali è concentrato ad alimentare la riflessione sulla scuola da costruire. E mentre a livello nazionale si lavora per fare in modo che le linee guida ministeriali siano favorevoli a questo discorso, per la realtà romana “il dialogo è già stato aperto con la Regione, in particolare con le consigliere Roberta Lombardi (M5S) e Marta Bonafoni (Lista civica Zingaretti) alle quali abbiamo chiesto di istituire dei tavoli istituzionali a vari livelli così da lavorare insieme alla riapertura delle scuole a settembre”. Sia mai che la scuola al tempo della ‘Fase 2’ da soluzione d’emergenza contribuisca a modellare una parte della scuola del futuro. 

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