Murales vandalizzati da scritte neofasciste a Centocelle, parla l'artista: "Vi racconto la mia opera"
Intervista Soledad Agresti, l'artista che ha realizzato i dipinti di piazza San Felice da Cantalice
Due giorni fa, di fronte alle prime svastiche e scritte inneggianti al Duce, si era detta “incredula”. Oggi Soledad Agresti, l’artista che domenica scorsa ha realizzato due murales sulla cabina Acea di piazza San Felice da Cantalice, a Centocelle, ammette di essere “stanca”. Le sue opere, nella notte tra martedì e mercoledì, sono state vandalizzate per la seconda volta dopo che ieri aveva passato la giornata a restaurarle. Insieme ai due dipinti, svatische, croci e la scritta fascista “onore al duce”, hanno coperto anche alcune frasi evocative sul tema delle nuvole realizzate su un altro lato della cabina da un gruppo di cittadini solidali, che è rimasto per tutta la giornata in piazza insieme a lei.
Soledad Agresti è un’artista originaria di Formia che si dedica prevalentemente alla pittura ma spazia anche tra la scultura, le installazioni e la scenografia teatrale. Ha lavorato in alcuni musei demoantropologici e collabora con la manifestazione che si svolge ogni anno a Roma, la Raw (Rome Art Week). La sua curtatrice artistica è Ilaria Giacobbi. Le sue opere realizzate a Centocelle sono ormai diventate un caso per via delle scritte fasciste che le hanno vandalizzate. Tantissimi cittadini hanno espresso sui social e in piazza la loro solidarietà. Il presidente della commissione municipale Cultura, Alessandro Stirpe, ha annunciato che avanzerà una denuncia e ha promesso: “Per ogni murales deturpato ne realizzeremo altri due”. Per raccontare il suo lavoro e capire quanto accaduto Romatoday ha intervistato l’artista.
Cosa racconta l’opera?
Il lavoro parte dall’idea che ci stiamo mangiando il mondo non lasciando niente a coloro che verranno. ? un tema che sento molto e il mio modo di esprimerlo era questo. Ho pensato al cambiamento climatico ma forse, in maniera inconscia, anche ai naufragi dei migranti che restano sommersi sott’acqua. Il mondo degli affari si sta mangiando tutto senza tenere conto di quello che verrà e del fatto che sta togliendo il respiro alle generazioni future. Anzi, nemmeno troppo future visto che sta già accadendo adesso. In maniera lata parla della prevaricazione del più forte che nel dipinto non viene rappresentato se non con alcuni attributi sociali, con la divisa dell’uomo d’affari. Rappresenta la prevaricazione che tutti noi, almeno una volta, abbiamo provato sulla nostra pelle. Tutti noi ci siamo sentiti sottomessi a qualcun altro pur avendo una via di fuga. Eppure, così come il ragazzino potrebbe spostarsi ma non lo fa, rimaniamo lì sotto, senza ribellarci. Questa cosa è accaduta a tutti e spesso non siamo solo vittime ma anche carnefici. Senza volerlo assumiamo ambedue le sfaccettature.
A fianco di questo dipinto c’è una figura femminile. Qual è l’idea alla base?
Spesso gli atteggiamenti di preoccupazione e di ostentata indignazione non si trasformano in qualcosa di concreto, in una reale attenzione al problema. Così questa figura si va a liquefare e a cadere in queste cornici che sono come un cannocchiale che porta l’attenzione sull’indignazione della figura e la evidenziano. L’opera nasce da un verso della canzone Don Raffaè di De André. Il verso in questione è: “Si costerna, s'indigna, s'impegna. Poi getta la spugna con gran dignità”. In quel caso si riferiva allo Stato ma è quello che facciamo un po’ tutti noi. Il suo titolo è “...con gran dignità”.
Come è nata l’idea di realizzarlo in quel punto?
Abito ai margini di Centocelle e ci passo spesso. ? sempre stato un angolo spoglio e abbandonato in cui prosperava il grigio e dove spesso si accumulavano rifiuti. Per questo ho deciso di realizzare i dipinti. ? un’iniziativa totalmente personale, non commissionata, anche se poi attorno a questo lavoro si sono attivati in molti. Realizzando il dipinto ho conosciuto tante persone che non avevo mai visto solo passandoci. Questa è un aspetto che mi piace dei murales: si conoscono persone che spesso si aprono e ti raccontano la loro vita, anche questioni personali.
Molte delle sue opere sono nate per essere destinate a un museo, realizzate – immagino – in ambienti più ‘protetti’. Questi dipinti l’hanno portata a stretto contatto con le persone. Che quartiere ha scoperto?
Le persone con me sono state deliziose e quasi tutte accoglienti. Anche i commenti sono stati entusiastici. L’acustica della piazza, poi, è particolare perché si sentono anche le voci delle persone più lontane. C’è chi mi ha chiesto di realizzare altri dipinti su altre pareti, chi mi ha proposto di ravvivare i muri di casa propria. E poi l’offerta di acqua e caffè. Il giorno dopo le prime scritte, poi, un gruppo di persone è stata con me tutto il giorno mentre ripristinavo il lavoro. ? un peccato perché questo sentire collettivo si deve veder schiacciato da due minuti di azione di uno che gli è girata e ha fatto quella scritta arancione. Lavorare in un ambiente chiuso è sicuramente diverso perché ascolti di più te stesso mentre all’esterno ti devi relazionare con gli altri ma questa permeabilità è molto bella.
? il primo murales che realizza a Roma?
Sì, ne ho fatti altri a Milano e Formia ma a Roma è il primo.
Poche ore la loro realizzazione le opere sono state vandalizzate con scritte di stampo fascista. Ieri le ha ripristinate ma nella notte sono state nuovamente vandalizzate. Come si sente? Si è fatta un’idea del perché abbiano preso di mira il suo lavoro?
Di fronte alle prime scritte non mi sono nemmeno arrabbiata. Avevo la certezza che avrei risistemato tutto. Oggi mi sento stanca e, come si dice a Roma, un po’ mi rosica perché non mi era proprio balenato nella testa che quello potesse essere un gesto che sarebbe rimasto nel tempo. Forse li ho sottovalutati. Ora devo capire cosa fare perché ripristinarlo sarebbe inutile. Però è un gesto che non capisco. Mi sarei immaginata un enorme fallo ma ‘onore al Duce’ non lo capisco. Non vedevo la politicizzazione di questa opera, per me questo lavoro non è schierato. La prima impressione che ho avuto è che si tratti di ragazzini che non trovando sfogo in altro e non avendo uno spazio in cui si sentono valorizzati e integrati vedono nella distruzione di qualcosa la possibilità di farsi vedere.
Lei stessa prima ha parlato di un legame ideale con i naufragi dei migranti in mare. ? un argomento che suscita spesso reazioni di odio cieco, soprattutto a destra. Non pensa che qualcuno possa aver interpretato l’opera in questo modo?
Ho pensato anche a questo anche se all’inizio, nonostante la questione dei naufragi mi stia molto a cuore, non avevo proprio associato questo aspetto al gesto. Tante persone passano e ti chiedono cosa significa il tuo lavoro e io rispondo sempre: “me lo dica lei cosa vede”. Le risposte sono tutte giuste, l’opera vive di vita propria. Qualcuno me lo ha chiesto se il ragazzino fosse di colore ma non lo è. Ha gli occhi azzurri e i capelli lisci. Ha solo delle ombreggiature per dare risalto al volto. Forse è stata questa cosa a suscitare il fastidio di queste persone.
Ha già pensato a cosa fare ora che le scritte e le svastiche sono state rifatte?
Credo che la contromossa sia estendere gli interventi. Queste persone non dovrebbero avere potere decisionale quindi se questo è il loro modo di imporre la loro decisione, a mio avviso, gli interventi dovrebbero ampliarsi. Anche perché Centocelle è sempre stato un quartiere antifascista, popolare e accogliente. Inoltre dovrebbe avere la possibilità di essere visitato da sempre più persone e arricchire le pareti colorate per me è un modo di renderlo un bel posto in cui stare.
Ha già adocchiato altri muri a Centocelle?
Li avevo adocchiati ma mi dicono che è più difficile di quello che penso. O appartengono al Demanio o a palazzi privati per i quali è necessario ottenere l’assenso del condominio. Ma in questi casi è difficile ottenere l’unanimità degli inquilini perché non tutti possono comprendere la valorizzazione che si ha nel dipingere una parete del proprio edificio, anche se possono vedere prima il progetto. In ogni caso, mi piacerebbe che questo lavoro si incrementasse con l’arrivo di altri artisti magari anche con la creazione di installazioni e interventi di altro tipo.
Le opere senza le scritte fasciste (Foto Facebook Soledad Agresti)
Soledad Agresti mentre cancella le prime scritte vandaliche (foto Facebook Soledad Agresti).