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La terza stagione del teatro Arvalia tra provocazione e sperimentazione

Guidato artisticamente da Valentina Marcialis, il teatro del XV propone quest’anno un palinsesto ricco di anteprime nazionali e riletture sceniche di testi e fatti contemporanei legati a tematiche inerenti la psiche umana

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Provocazione e Sperimentazione: questi i due poli intorno ai quali si concentra la programmazione della terza stagione teatrale all’Arvalia, lo spazio romano del Quindicesimo Municipio che offre, fin dalla sua nascita, un variegato calendario all’insegna dei nuovi linguaggi, drammaturgici, coreografici, scenici e multimediali.

Guidato artisticamente da Valentina Marcialis, il teatro Arvalia propone infatti quest’anno un palinsesto ricco di anteprime nazionali e riletture sceniche di testi e fatti contemporanei legati a tematiche inerenti la psiche umana nei suoi rapporti con l’Altro e la Società storica in cui viviamo e di cui siamo quotidiani testimoni.

Si comincia il 17 ottobre con Pietre, spettacolo coreografico della Compagnia Aleph guidata da Paola Scoppettuolo e ispirato all’omonima poesia della straordinaria poetessa americana Sylvia Plath, in cui il gesto esplora il concetto di “pietrificazione” sottolineando narrativamente la condizione di paralisi dell’animo umano.

A seguire, Ritorno a Haifa, messa in scena del romanzo dello scrittore arabo Ghassan Kanafani, nella quale il regista Carlo Orlando ed Eva Cambiale raccontano il dramma di una coppia di coniugi che dopo vent’anni tornano nella loro casa di Haifa per cercare il figlio, abbandonato durante i bombardamenti Anglo-Israeliani del 1948. Nel giardino di Emanuela Cocco, in programma a novembre, ci trasporta in una dimensione femminile analizzando il ruolo materno dal punto di vista dei bambini, spettatori nascosti e incompresi. Figlie di Sherazade, di e con Chiara Casarico e Tiziana Scrocca, è la storia vera di due giovani donne che raccontano personali situazioni di disagio dovute alla diversità di genere nel mondo: un ritratto sulla condizione femminile e sui diritti negati delle donne.

L’universo femminile è presente anche nel dramma psicologico che segue ai primi di dicembre, I Shot Andy Warhol, diretto da Alice Capitanio, nel quale le attrici Caterina Ghidini e Tiziana Martucci ricostruiscono la storia dell’omosessuale Valerie Solanas, fondatrice di una società per la castrazione del maschio, che nel giugno 1968 attentò alla vita del maestro della pop art. Dall’Ulisse Di J. Joyce il regista Carlo Cecchi dirige a fine gennaio Iaia Forte in una delle sue più struggenti interpretazioni teatrali, Molly B,  un’introspezione emotiva e sensoriale condita da un dialetto napoletano musicale e scandito con estrema cura del personaggio.

A febbraio arriva invece l’ultima follia del Teatrificio Esse, la compagnia toscana di Armando Sanna, Pasquale Scalzi e Aldo Gentileschi che propone una performance al limite tra il mimo e la danza nel rapporto sincretico che esiste tra suono e azione e dal quale scaturisce un soggettivo R’umorismo.  A marzo Marta Gilmore guida registicamente  Oscar De Summa e Armando Iovino ne L’Isola, un testo scritto in Sudafrica nel 1972, in pieno apartheid, da Athol Fugard: la rappresentazione mira ad evidenziare gli aspetti positivi e vitali che possono coesistere e a volte superare la drammaticità e rassegnazione nella dura esperienza di un carcere.

Mutamenti la rassegna annuale di spettacoli, performance, installazioni, video ed esposizioni proposta da L’Officina Del Teatro, regala a fine aprile un ventaglio di proposte diversificate che spaziano dall’immaginario al teatro politico. A concludere la stagione sarà la compagnia diretta da Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa nella personalissima interpretazione del testo di Maria Maddalena de’ Pazzi Le parole dell’estasi: Nel lago dei leoni è un’analisi della dimensione storico/politica dell'essere umano nel suo continuo confronto con la metafisica esistenziale.

Nel concentrare messaggi e poetiche in ogni performance – data anche la brevità della programmazione di ogni spettacolo – l’Arvalia si schiera dunque in un teatro che sfida, con il repertorio proposto, la tradizione scenica romana affrontando, con coraggio e autosufficienza economica, le difficoltà che un teatro di quartiere può avere, in una ricerca d’autore e all’insegna di una pura e freschissima sperimentazione.
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