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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Roma, Totti: "Spalletti ha spinto per mio ritiro". Il mister: "Prima leggo il libro poi replico"

L'ex capitano: "I giocatori sono bestie, sono bastardi, ma mi portano rispetto. Io ero come loro"

Francesco Totti e la Roma: un legame unico. Alla vigilia della presentazione della sua autobiografia l'ex numero 10 della Roma ha rilasciato una lunga intervista rilasciata al Venerdì di Repubblica. "Perché non ho chiuso giocando in Asia, in America etc...? Perché avrei rovinato 25 anni di carriera. Ho sempre detto che avrei indossato un'unica maglia. Sono uno di parola", racconta.

"Se mi sono pentito del 'no' al Real Madrid? No, ma decidere fu durissimo. Rimasi anche per Ilary. Stavamo insieme da poco e a me non piacciono i rapporti a distanza. A ripensarci però non ho manco vinto tanto poco: un Mondiale, uno scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe, una Scarpa d'oro", dice

Totti torna poi su alcuni episodi della sua carriera. "Il fallaccio a Balotelli? Arrivò dopo un crescendo, erano anni che lui provocava, insultava me e i romani. Un continuo. Alla fine la cosa è esplosa. Fu un fallo orrendo, proprio per fargli male. Ma dopo, stranamente, i giocatori dell'Inter non mi assalirono. Maicon mi diede addirittura il cinque. La sensazione era che anche tra i suoi compagni interisti Balotelli creasse qualche irritazione", le parole del dirigente giallorosso.

Che ha poi parlato così di Antonio Cassano: "Quando arrivò a Roma venne ad abitare con me e la mia famiglia per quasi quattro mesi. Faceva dei regali incredibili a mia madre. Anelli, bracciali da 5-6 mila euro. Manco fosse la moglie. Se mi vedeva a cena con amici al ristorante pagava non solo per me, ma per tutti anche se non li conosceva. Ma non lo faceva per comprare il mio affetto, ma perché è fatto così. E' un puro. La rottura tra noi? Gli era sparito l'assegno dello stipendio e s'era messo in testa che a rubarglielo era stata la nostra domestica, una che stava con noi da anni. Per lei avremmo messo la mano su fuoco. Provammo a convincerlo, ma niente. Se ne andò. Qualche giorno dopo l'assegno fu ritrovato sotto il sedile della sua auto", racconta Totti.

"Se è vero che da calciatore sbarravo la strada all’acquisto di campioni che potessero farmi ombra? Leggenda da bar. Ho sempre voluto vincere, e non veder vincere. Per vincere ho sempre detto che servono i campioni. Speravo che venissero Ronaldo, Ibrahimovic, i più forti del mondo. Non solo davanti, ma anche difensori o centrocampisti. Purtroppo avevamo un limite, le poche possibilità economiche per spendere per questi campioni. Io ho cercato veramente di portare gente impensabile a Roma", le parole di Totti a Venerdì di Repubblica.

Totti racconta anche la sua vita da dirigente: un lavoro, il suo, un po' da mediatore tra Di Francesco e lo spogliatoio. "Sì, i giocatori sono bestie, sono bastardi, ma mi portano rispetto. Io ero come loro, li conosco bene, conosco il loro linguaggio segreto fatto d’occhiate, mezze parole. Cerco di rendermi utile. Nello spogliatoio ora si parla quasi solo inglese. Se non lo sai non capisci nulla. E si fa meno gruppo. In ritiro, rientrato dal campo, ognuno si isola in camera sua col telefonino a navigare o mandare messaggi. Cosa voglio fare da grande? Ancora non lo so. Per adesso mi godo questo momento vicino alla squadra e alla Società. Respiro l’aria del campo".

Infine il rapporto con alcuni allenatori che ha avuto in carriera: "Quando parli con Capello hai sempre torto. Sa tanto, ma l'ultima parola deve essere sempre la sua. Se passa un piccione e lui dice che è un gabbiano, ti dimostrerà che è un gabbiano. E' cocciuto, perfezionista. Un maniaco. Luciano Spalletti fu uno dei grandi fautori del tuo abbandono?  E' quello che ha spinto di più. Con la società erano una cosa sola".

Il tecnico dell'Inter ha replica a Totti in conferenza stampa: "Il libro? Non l'ho ancora letto, lo leggerò e poi casomai si faranno alcuni discorsi. Adesso non vado a rispondere a nessuno, davanti a noi c'è una partita che è molto più importanteb.

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