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Boxe, Italo Mattioli è l'allenatore dell'anno: la storia di un maestro con il pugilato nel sangue

Insieme a Luigi Ascani ha fondato la Team Boxe Roma XI, una fucina di campioni. Ed a distanza di tanti anni continua a frequentare la palestra "con la stessa passione di sempre"

Italo Mattioli è praticamente cresciuto in palestra. Prima come pugile poi, soprattutto, come maestro. Mosso da una passione che non accenna a diminuire, si è tolto molte soddisfazioni. L’ultima gli è stata tributata da boxeringweb che, a fine 2021, lo ha incoronato allenatore dell’anno.

Italo, ci siamo sentiti tante volte in passato alla vigilia di qualche incontro dei suoi pugili. Questa volta però parliamo di lei. Dov’è nato innanzitutto?

Io sono nato a “Cecafumo”, vale a dire al Quadraro. Abitavo in viale Spartaco 20. E lì che ho trascorso l’infanzia, mia sorella ancora ci abita. Invece io, nel 1978, mi sono trasferito a Garbatella dove sono andato a vivere con mia moglie.

Com’è cambiata la Garbatella in questi anni?

Era un quartiere popolare che con il passare del tempo ha cominciato a somigliare sempre di più ad un rione del centro. Un po’ com’è accaduto a Trastevere. Però io conservo ancora qualche ricordo di quando sono andato a viverci.

Ci fa un esempio?

Io abito in via delle Sette Chiese. Vicino casa mia c’era una di quelle classiche osterie dove gli uomini andavano a giocare a carte. Ora non c’è più. Ricordo che lì, una volta a settimana, arrivava una Fiat bianchina. Chi la guidava aveva un sacco di iuta e quando lo tirava fuori accorrevano subito un sacco di persone. Una volta, spinto dalla curiosità, sono andato a vedere cosa attirasse tutte quella gente. Beh, erano le ranocchie. Nel sacco c’erano le rane che quell’uomo poi vendeva, chiaramente ancora vive.

E quando si è trasferito alla Garbatella già praticava pugilato?

Sì, certo. Io ho cominciato da ragazzino. Mio nonno, Armando Alleori, è stato un ottimo pugile. Ha fondato la palestra del dopolavoro ferroviario ed è stato anche nazionale. Un ottimo dilettante. Per ragioni politiche, però, non ha partecipato alle Olimpiadi. Lui era di fede comunista e non ha voluto mai fare la tessera del fascio. 

La passione è stata tramandata dal nonno al nipote, saltando una generazione?

In realtà anche mio zio, Giovanni Battista Alfonsetti, è stato pugile. A differenza di nonno ha preso parte alle Olimpiadi, nel 1952. Era un medio massimo, a fine carriera un peso massimo. Una guardia destra impostata in guardia normale. Era un armadio e  lavorava al Mattatoio. E’ stato anche pugile professionista.

Lei invece che carriera ha fatto?

Come dicevo avevo iniziato presto ed ho debuttato a 16 anni nel torneo “primi pugni”. Però ho smesso quando ho trovato lavoro in ospedale. Facevo l’infermiere al Forlanini ed i turni non mi consentivano di  svolgere degli allenamenti con continuità. Sono rimasto inattivo per qualche tempo, cosa che mi ha fatto anche prendere rapidamente un sacco di chili. Da 54 ero arrivato a pesarne 90. Per questo, con la sola intenzione di rimettermi in forma, ho preso la decisione di cercare una palestra. L’ho trovata sulla prenestina.

E’ lì che ha cominciato la sua carriera da allenatore?

No, il mio maestro Sergio Natale, avrebbe voluto che diventassi un allenatore. Pensava di lasciare a me la Preneste ring, una piccola palestra. Però io non avevo proprio voglia di fare il maestro e per anni sono rimasto dello stesso avviso. Almeno finché non sono andato all’Accademia pugilistica di Trastevere. Sono rimasto folgorato. E’ scattato qualcosa dentro di me, che mi ha spinto a prendere il tesserino da tecnico. Era il 1994.

Lei però ha legato il suo percorso d’allenatore, in sodalizio con Luigi Ascani, soprattutto alla Team Boxe Roma XI. Come c’è arrivato, da Trastevere, alla Montagnola?

L’Accademia a fine anni 90 ha chiuso i battenti. Così ho chiesto a Gigi Ascani, che già conoscevo da anni e che per me è come un fratello, se conoscesse un locale dove poter aprire una palestra. E’ stato lui a trovare il capannone di viale Pico della Mirandola. Era uno spazio abbandonato, pieno di rifiuti, dove andavano a dormire anche dei barboni. E’ stato così che abbiamo deciso, insieme, di realizzarvi la Team Boxe. Un risultato che siamo riusciti ad ottenere anche grazie all'aiuto che ci è stato fornito, all’epoca, dal Municipio. Devo dire che abbiamo ricevuto il supporto di tutti i gruppi politici, da Massimiliano Smeriglio che era il presidente a Simone Foglio, rappresentante del centrodestra.

Quanti sono gli atleti che ha allenato nella sua carriera?

Penso più di cento. Ho allenato persone molto diverse tra loro. Alcuni hanno iniziato e dopo qualche incontro hanno preso altre strade, raccogliendo successo in altri campi. Uno di loro, ad esempio, è diventato, magistrato a Rimini. Un altro viceprimario al Sant’Eugenio. Poi ce ne sono altri che sono entrati nei gruppi sportivi delle fiamme oro o dei carabinieri. Altri ancora, invece, hanno scelto la strada del professionismo.

Quali sono i pugili più talentuosi?

Oggi mi viene in mente Damiano Falcinelli. Ma anche i fratelli Francesco e Mattia Faraoni. Francesco, un peso medio, oggi è nelle fiamme oro. Mattia invece è campione italiano. Abbiamo poi Pietro Rossetti con cui ultimamente abbiamo ottenuto un titolo internazionale. Ma potrei citare anche Guido Vianello che oggi vive e combatte negli Stati Uniti ma che ha cominciato con noi. 

Tanti atleti che le hanno consentito di togliersi delle soddisfazioni. Qual è il prossimo obiettivo?

Con Giovanni De Carolis noi abbiamo ottenuto il massimo che si potesse raggiungere a livello professionistico. Un titolo mondiale, un sogno. Ovviamente lavoriamo affinché, dopo il suo, ne possano arrivare anche degli altri. 

E lei con quale spirito continua ad andare in palestra?

Lo spirito è quello del primo giorno, anche se, la sera, comincio a sentire la fatica rispetto a qualche anno fa. A dicembre mi hanno messo uno stealth, per una stenosi coronarica. Io comunque in palestra continuo ad andare tutti i giorni, dal lunedì al venerdì. Con la stessa determinazione di sempre.
 

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