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Filippo Giannitrapani

Collaboratore Sport

Conference League come Coppa delle Coppe, l'importanza della vittoria

La Roma deve vincere la Conference League per diventare grande. Un pò come fece la Lazio di Eriksson vincendo la Coppa delle Coppe nel '99 e poi aprì un periodo di successi in Italia e in Europa

Mercoledì 25 maggio, la Roma a Tirana è attesa all’appuntamento più importante dei suoi ultimi 20 anni, dopo la Coppa Italia del 26 maggio 2013 persa contro la Lazio: la finale di Conference League. 

La Conference è un trofeo che la squadra capitolina deve assolutamente vincere senza sè e senza ma, non solo per cambiare faccia ad una stagione ad oggi deludente sui risultati (in lotta per il quinto posto e fuori ai quarti di Coppa Italia) ma per dare una scossa al suo futuro. La Conference League infatti deve rappresentare per la Roma il primo passo verso traguardi, obiettivi importanti come all'epoca fu la Coppa delle Coppe per la Lazio. I biancocelesti vinsero quel trofeo e poi aprirono un ciclo importante di successi che culminò con lo scudetto e la Supercoppa Europea. La Conference non è la Champions League, il livello delle squadre non è eccezionale (come non lo era quello della Coppa delle Coppe della Lazio) e la Roma è arrivata all’atto finale senza giocare davvero a calcio ma allo stesso tempo senza soffrire troppo, escluso il sintetico della Norvegia. ma vincere questa "coppetta" che "coppetta" non è, proprio come fece la Lazio, significa costruirsi un futuro.

Un futuro che i Friedkin vogliono radioso, luminoso. Gli americani stanno investendo (a volte male vedi Shomurodov flop, a volte benissimo vedi Abraham, bloccando dei rinnovi perchè la permanenza va meritata) tanto sulla Roma perché la vogliono grande. Hanno ingaggiato un top manager come Mourinho, che più che sul campo dove il livello di gioco della squadra sia per demeriti del tecnico che per qualità della rosa è molto basso, sta cambiando la mentalità del club ed è riuscito a riportarla in una finale europea dopo 31 anni (Coppa Uefa persa contro l’Inter nel 90/91). Il lavoro di costruzione di una grande Roma da parte dei Friedkin non si limita soltanto alla prima squadra ma è un lavoro globale fatto su tutto l’ambiente a partire dall’ Olimpico sempre sold-out che si giochi di giovedì, lunedì domenica, pomeriggio o sera, con promozioni e prezzi accessibili per tutti passando al progetto stadio di proprietà sempre più concreto per un impianto stile Premier League, tra i 55 e i 65.000 posti con migliaia di parcheggi e stalli per le due ruote, un centro commerciale, un centro sportivo e un nuovo parco giochi per la comunità a Pietralata. La dirigenza americana lavora e investe pure sui giovani e sul settore femminile con la Primavera di De Rossi che ha vinto la regular season con Volpato protagonista (anche in prima squadra) e le ragazze di Spugna hanno conquistato la prima storica qualificazione in Women Champions League e la seconda finale consecutiva di Coppa Italia dove sono detentrici del trofeo. 

La Roma sogna in grande ma per farlo serve alzare trofei. Vincere la Conference League certificherebbe che la strada intrapesa dai giallorossi è quella giusta. La finalissima di Tirana contro il Feyenoord diventa lo spartiacque non solo della stagione ma del futuro della Roma. Una vittoria proietterebbe i giallorossi in un futuro importante, una sconfitta invece ributterebbe ombre sull’ennesimo progetto fallito.  

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