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Filippo Giannitrapani

Collaboratore Sport

Sarri non fare il romanista, per la Lazio è stata un’umiliazione

Ha provato a recriminare su un torto arbitrale Sarri al termine del Derby, ma dopo l'umiliazione subita i problemi della Lazio non dipendono da Var e arbitro

Il Derby per la Lazio è rimasto in equilibrio fino al fischio iniziale di Irrati. Da quel momento non c’è stata storia. La Roma ha dominato i biancocelesti trovando il gol, con un pizzico di fortuna, dopo nemmeno un minuto di gioco e poi ha dilagato per il primo tempo per poi gestire senza affanno nella ripresa. La Lazio in 90 minuti più recupero è stata spettatrice. Cercare un errore dell’arbitro o Var non è ammissibile. “Su Millinkovic-Savic per me era rigore. Era l’unico episodio che poteva rimetterci in gioco e il Var non lo ha segnalato”. Così ha parlato Sarri ne post gara quando nemmeno lui è riuscito a spiegarsi questa involuzione della Lazio, per poi parlare di errori dei suoi. Dopo una prestazione del genere, recriminare non è concesso. E poi quello è più da Mou (che ieri ha stravinto il Derby al contrario di quello immaginato da Zeman) che da Sarri. La Lazio ha sbagliato totalmente partita quando non doveva. Non dovrebbe mai accadere, a maggiore ragione in una partita così importante.

La squadra di Sarri è stata più volte sull’ottovolante in questa stagione alternando alti e bassi. Le cadute sono spesse coincise dopo un impegno infrasettimanale, ma questa volta la Lazio ha avuto la settimana lunga come piace a Sarri per preparare la partita. La Lazio ha preparato malissimo la partita a livello tattico e mentale. Tatticamente l’inserimento di un palleggiatore in più di Mou ovvero di Oliveira al posto del solista Zaniolo, ha cambiato le carte in tavola. La Roma ha trovato palleggio e transizioni veloci che hanno messo in apnea Luis Alberto e compagni e difensivamente il sacrificio di Pellegrini e Mkhitaryan ha oscurato Milinkovic e colleghi. Mentalmente la Lazio è sparita dopo 56 secondi, e anche meno. Strakosha legge malissimo il calcio d’angolo di Pellegrini e nessuno, Luiz Felipe per primo è veloce nell’allontanare il pallone insaccato da Abraham. Non si può approcciare così un Derby. Un gol preso a freddo condiziona la partita è inevitabile, ma poi si hanno 89 minuti più recupero per reagire. E qui preoccupa la Lazio. I biancocelesti non hanno reagito al gol giallorosso, hanno subito passivamente. Nessuna lotta, nessun tentativo di contendere il pallone, contrasti molli. Ma anche mentalmente non è scattato nulla. Sotto di tre gol nel Derby è mancata quella ferocia nervosa, rabbia che alla Roma non è mancata aggredendo in continuazione i biancocelesti vedi intervento di Zalewski al 73esimo. Lampante quando nella ripresa la Roma colleziona due calci d’angolo consecutivi nelle bandierine opposte, e Pellegrini passeggiando va alla battuta. Al di fuori di Immobile, nessun calciatore della Lazio ha richiamato l’attenzione dell’arbitro dando l’impressione di sperare di arrivare al triplice fischio il prima possibile senza ulteriori danni.

Nel Derby poi si sono evidenziate lacune pesanti in casa Lazio, figlie di un mercato assente. La difesa è da rifondare: Acerbi fischiato dalla Curva è un problema da risolvere (cessione opzione più probabile), Luiz Felipe perno difensivo troppo spesso va a vuoto ed è in scadenza; Hysaj ha tradito Sarri con prestazioni horror, Marusic titolarissimo ma con evidenti difficoltà. Dalla panchina nessuno capace di dare una sterzata.

All’andata Sarri vinse il Derby giocando in contropiede e sfruttando gli inserimenti di Milinkovic, nel ritorno il tecnico è stato umiliato da Mou. Sul campo, tatticamente e mentalmente. La pressione, l’ansia del Derby è stata troppa e gestita male da Sarri che già dal dopo Venezia pensava alla stracittadina. Non è bastata la settimana lunga ad evitare un Derby al massacro, sportivo, biancoceleste e arbitro e Var non c'entrano niente. 

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