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Sabato, 20 Aprile 2024
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I rifiuti di Roma, il degrado ambientale e il festival dell'improvvisazione

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RomaToday

NON SARO' BREVE ma penso di dover veramente fare un punto sulla questione dei rifiuti di Roma per provare a capire come abbiamo fatto a ridurci in queste condizioni.

Partiamo dall'inizio.

La chiusura di Malagrotta, che il sindaco Marino ha semplicemente sottoscritto portando a chiusura un processo iniziato due anni prima, ha certamente creato uno stato di crisi rilevante rispetto al ciclo di gestione dei rifiuti della Capitale.

Per trent'anni, infatti, le amministrazioni comunali (ma anche provinciali e regionali) hanno delegato all'avvocato Cerroni e ad AMA la politica ambientale della Capitale, lasciando che si costituisse una situazione di monopolio che nella discarica trovava il suo punto di forza.

È evidente che Marino non può essere ritenuto responsabile di tale situazione.

Quello che però risulta assolutamente ingiustificabile, e che va totalmente imputato al nuovo Sindaco, è l'improvvisazione con cui la sua amministrazione, che con grande e impropria enfasi si è intestata la chiusura della discarica, ha deciso di affrontare questa scelta epocale.

Epocale perché la chiusura di Malagrotta avrebbe dovuto inevitabilmente comportare una revisione strutturale del ciclo di gestione dei rifiuti a Roma.

E l'operazione non poteva certamente essere semplice, stante che:

  • "Patto per Roma" che obbligava l'amministrazione a raggiungere percentuali di raccolta differenziata molto spinte (il 65% entro il 2015) e per Roma quasi impensabili,
  • Roma è totalmente priva di impianti per il trattamento e la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti (proprio grazie alla precedente esistenza della discarica),
  • Roma è città tanto articolata e complessa urbanisticamente che inevitabilmente si sarebbero dovuti progettare sistemi di raccolta differenziata altrettanto articolati ma efficienti e soprattutto non in competizione
  • la logistica urbana necessaria a sostenere i nuovi modelli di raccolta differenziata a Roma (rimesse, centri di raccolta, centri di trasferenza) è totalmente assente.

Invece che cosa ha fatto la nostra Amministrazione?

Per captare il consenso delle associazioni variamente ambientaliste e dei movimenti di opinione, a dicembre 2013 adotta una delibera (la 129) che spinge AMA a puntare sulla raccolta differenziata con la modalità porta a porta, attuando un piano messo a punto dalla stessa AMA nel 2012.

E ciò senza che venisse condotta una seppur breve valutazione sulle conseguenze economiche, tecnico-gestionali e logistiche di tale scelta.

Le conseguenze di tutto ciò sono sotto gli occhi di tutti.

  1. Non potendo di fatto applicare in maniera omogenea e diffusa il PaP (ci pensate a cosa significa fare il PaP in un condominio di Don Bosco o di Viale Kant?) AMA ha dovuto adottare una pluralità di modelli di servizio (stradale, stradale potenziato, PaP con raccolta di 5, 4 o 3 frazioni separate, con postazioni mobili e chi più ne ha più ne metta) spesso coesistenti in maniera concorrente, con la conseguenza che praticamente da nessun modello si ottiene quanto pianificato.
  2. L'ampliamento, comunque, della modalità di raccolta PaP ha necessariamente richiesto lo spostamento di una ingente quantità di forza lavoro AMA da altri servizi (ad esempio lo spazzamento o la pulizia del verde) con le conseguenze che tutti vediamo. Per intenderci, dove prima con un mezzo e un operatore si potevano raccogliere 12 tonnellate di rifiuti (raccolta stradale) ora è necessario impiegare 5 mezzi con 5 squadre di due persone ciascuna le quali , peraltro, dopo aver effettuato le raccolte debbono portare i mezzi da qualche parte (e dico proprio da qualche parte, dove si può in qualsiasi punto della città) per scaricare quanto raccolto in una macchina più grande che poi porta i rifiuti ad uno stabilimento (4 in tutta la città) per il trattamento o la trasferenza (più spesso) dei rifiuti.
  3. Ovviamente i costi della gestione sono andati alle stelle (ci costava 629 Ml€ nel 2009, siamo arrivati a 794 Ml€ nel 2015), e comunque le percentuali di raccolta differenziata sono lontane dagli obiettivi (nel 2014 eravamo al 39% nominale, nel senso che questa percentuale non tiene conto degli scarti contenuti nella raccolta differenziata che tornano nella indifferenziata).
  4. Inoltre, non avendo a disposizione impianti per il trattamento delle frazioni differenziate (organico compreso) tutto quello che viene raccolto in maniera differenziata viene ceduto a impianti di selezione privati, ai quali AMA ha peraltro rilasciato le deleghe per incamerare gli eventuali contributi che gli stessi impianti potrebbero farsi riconoscere per la valorizzazione economica dei materiali selezionati. Ancora per intenderci, questo significa che AMA non ottiene alcun beneficio economico dalla raccolta differenziata (secondo l'Agenzia per la Valutazione dei Servizi Pubblici Locali ha stimato che AMA, se avesse gestito in maniera adeguata le raccolte differenziate del 2014, avrebbe potuto incamerare 51 Ml€; ne ha incamerati 6).
  5. Infine, dato che anche per la gestione delle frazioni indifferenziate (dopo la raccolte e il primo trattamento meccanico biologico - TMB) Roma non dispone di impianti che permettano di chiudere il ciclo (termovalorizzatori, discariche ecc.), i rifiuti di Roma, trasformati in combustibili da rifiuto, vagano per tutta l'Italia per essere bruciati.
  6. Il nuovo modello organizzativo ha di fatto resa insufficiente la forza lavoro di AMA e ciò, unitamente alla impossibilità di chiudere il ciclo di gestione per mancanza di impianti, ha comportato che AMA sia ricorsa sempre di più ad affidamenti a terzi di gran parte dei servizi connessi alla raccolta e al trattamento dei rifiuti (nel 2015 siamo arrivati a circa 300 Ml€ di affidamenti, senza contare che da poco è stata bandita una ulteriore gara con base d'asta di 370 Ml€ per la raccolta e il trattamento dei rifiuti indifferenziati).

Prospettive?

Il famoso ecodistretto di Rocca Cencia. Un'altra improvvisazione a ruota libera.

Segnalo infine, sempre a proposito di improvvisazioni, che per non dispiacere alle solite associazioni e per fare i primi della classe, la nostra amministrazione ha deciso che, siccome l'avvocato Cerroni è il male assoluto (lo dico senza voler sostenere il contrario), la frazione organica stabilizzata (FOS) che viene prodotta dagli impianti dello stesso Cerroni (che ovviamente e inevitabilmente continuano a lavorare per AMA) non possa essere utilizzata per fare la bonifica della discarica di Malagrotta.

Attenzione perché la FOS è dovunque utilizzata a questo scopo e quella di "Cerroni" ha tutte le caratteristiche richieste per questa utilizzazione. Però l'avvocato deve comprare il terreno per fare il capping della discarica, e pagare perché la FOS da lui prodotta venga portata da qualche parte per essere utilizzata per bonificare altre discariche.

Geniale, non vi pare? Così non solo favoriamo il "turismo" della FOS, con camion che girano in tutta Italia, ma in più, data la difficoltà di collocazione di questa frazione, intasiamo gli impianti con le balle in attesa di trasferimento riducendo l'operatività degli impianti stessi.

Mi pare che, dato tutto quanto sopra, non sia difficile spiegare perché si sia giunti alla situazione attuale.

Che altro c'è da aggiungere?

Sì, forse si potrebbe dire, a favore di tutte le associazioni che hanno sostenuto e sostengono l'attivazione di questo nuovo modello di gestione dei rifiuti, che i risultati ambientali ottenuti sono evidentemente e certamente "straordinari", ma non certo positivi.

prof. Maria Ioannilli, Università di Roma Tor Vergata

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