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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Quarantena violenta, aumentano gli abusi sulle donne: "La convivenza forzata ha aggravato la situazione"

I numeri dei centri antiviolenza indicano un forte aumento dopo il calo dei primi giorni di isolamento

All’inizio della quarantena i centri antiviolenza avevano registrato un forte calo di richieste di aiuto. Poi, verso la fine di marzo, i telefoni hanno ricominciato a squillare con una frequenza crescente confermando i timori di quante conoscono bene il problema: costrette a stare per molto più tempo in casa con mariti e compagni violenti  e senza poter fare affidamento su una rete familiare in cui rifugiarsi la quarantena ha aggravato la condizione quotidiana di molte donne. Lo raccontano le notizie di cronaca, relative soprattutto a quante arrivano a denunciare le violenze alle forze dell’ordine. Lo testimoniano le esperienze delle operatrici dei centri antiviolenza e i numeri raccolti dai centralini.

Secondo numeri diffusi dal Campidoglio, a marzo del 2020 sono state 556 le donne prese in carico dai tre centri antiviolenza comunali registrando un aumento dell’89 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, 294. L’aumento rispetto a gennaio, prima dell’emergenza, è invece del 10 per cento (da 505 a 556) anche se è calato del 33 per cento quello delle donne che hanno deciso di chiedere aiuto per la prima volta (da 88 a 59).

La scorsa settimana la D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) ha diffuso i dati raccolti negli 80 centri che aderiscono alla rete in tutta Italia dal 2 marzo al 5 aprile. In questo lasso di temo sono 2.867 le donne che hanno chiesto aiuto con un incremento del 74,5 per cento rispetto alla media mensile registrata con l’ultimo rilevamento statistico nel 2018. Di queste 30 sono nel Lazio, anche se i centri che aderiscono alla rete nella regione sono di meno rispetto ad altri territori e, quindi, il dato totale è sottostimato.

“Con la quarantena la situazione è esplosa in maniera esponenziale, l’incremento è stato fortissimo”, racconta a Romatoday Teresa Di Gennaro, del Centro Donna Lisa (06 87141661 - 328 6967602), che aderisce alla rete D.i.Re. “Sono però calate le donne ‘nuove’, che non si erano mai rivolte a noi, (il 28 per cento del totale rispetto al 78 per cento rilevato nel 2018, ndr) forse perché hanno meno praticità e sono più annichilite da una devastante condizione di convivenza forzata. Queste donne però devono sapere che possono chiedere aiuto e che non devono resistere per forza". Il problema, continua Di Gennaro, "è che le poche case rifugio disponibili a Roma sono piene e nemmeno i fondi del 2019 sbloccati dal dipartimento Pari Opportunità il 2 aprile scorso sono stati distribuiti dalle regioni, Lazio compreso. Nei casi più urgenti i centri antiviolenza si ritrovano a pagare di tasca propria le pensioni per le donne che non se lo possono permettere”.

È il caso del progetto attivato alla fine di marzo dalla cooperativa Befree (0664760799), che da più di dieci anni si occupa di contrasto alla violenza di genere e alla tratta gestendo diversi centri in tutta Italia. È stato necessario un finanziamento messo a disposizione dalla fondazione Haiku Lugano per reperire posti letto aggiuntivi in strutture alberghiere per poter dare risposte ai casi più urgenti. Da un lato le case rifugio sono piene, tra misure di distanziamento sociale da rispettare e fuoriuscite bloccate in attesa delle fine dell'emergenza, dall’altro il lockdown toglie ogni possibilità di appoggiarsi presso la rete familiare e amicale.

“Ad aprile abbiamo registrato un aumento delle richieste di ospitalità rispetto alla media dei mesi precedenti”, spiega Carla Quinto, avvocata di Befree. “La convivenza per tutta la giornata nella casa familiare innalza l’aggressività. Come centro antiviolenza”, spiega ancora Quinto, “ sappiamo che ogni storia è diversa e per questo prima di intervenire effettuiamo una valutazione del rischio dell’incolumità di una persona. Nei casi più gravi a volte siamo riuscite a far allontanare l’autore delle violenze, e devo dire che grazie al ‘codice rosso’ (la legge che ha modificato la disciplina penale per reati legati alla violenza di genere, ndr) anche in questi giorni siamo riuscite a intervenire. A volte invece non abbiamo avuto il tempo di preparare una denuncia ed è stato necessario ricorrere all’ospitalità in tempi rapidi. In meno di un mese abbiamo già ospitato cinque donne e un’altra è in arrivo. L’essenziale è ricordare che non si tratta solo di un posto dove stare ma di attivare un percorso”.

Oltre all’acuirsi dei comportamenti aggressivi, una delle facce della violenza durante la convivenza forzata è l'esercizio del controllo dell'uomo sulla donna, che senza poter mai uscire non lascia tregua. Per questo un altro elemento registrato dalle operatrici dei centri antiviolenza è l’aumento nell'uso di strumenti tecnologici alternativi alla semplice chiamata come per esempio il ‘1522’, il servizio messo in campo dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per raccogliere denunce di stalking e violenza. “Pochi giorni dopo la quarantena abbiamo attivato una mail (nonseisola.lucha@gmail.com) e una chat sul nostro account Facebook (@lucha.ysiesta) per dare modo alle donne che non possono chiamare al telefono (3291221342) di contattarci ugualmente. Abbiamo anche pubblicato una guida per la sicurezza informatica per facilitare l’uso di questi strumenti”, spiega Simona Ammarata della Casa delle donne Lucha y siesta.

L’immobile di via Lucio Sesto, fino a poche settimane fa, oltre che ad essere un luogo fertile per la cultura sensibile alle discriminazioni di genere, forniva 14 dei 25 posti letto disponibili in tutta la città per percorsi di autonomia e di fuoriuscita dalla violenza. La palazzina di proprietà dell’Atac, occupata ormai 11 anni fa dalle attiviste, è stata messa all’asta dal Campidoglio che ha proceduto con il distacco delle utenze e deciso di svuotare la struttura. Le operatrici sono però reperibili.

“Stiamo lavorando con maggiore emergenza perché in condizioni di semi-normalità la donna può provare a controllare, con il supporto del centro, un processo di fuoriuscita dalla propria condizione mentre in questa situazione molte persone arrivano a non avere alcuna alternativa alla fuga", continua Ammarata. "Proprio in questo momento di emergenza la città ha perso 14 posti importanti ed è anche per questo che è stato necessario rivolgersi a strutture ricettive pagate con i soldi dei centri che magari sono stati costretti a depotenziare altri progetti. Va perà ricordato che queste sono solo soluzioni tampone per un paio di mesi al massimo perché gli alberghi sono luoghi neutri privi di quel personale qualificato che accompagna le donne in un percorso molto complesso”.

Nelle ultime settimane anche le istituzioni, sia la Regione sia il Comune, hanno promosso iniziative finalizzate ad affrontare questa situazione anche se i centri antiviolenza interpellati hanno raccontato una situazione di mancato supporto da parte delle istituzioni locali. Ieri Roma Capitale ha fatto sapere di aver inaugurato un servizio di contatto su Whatsapp sui numeri dei tre centri antiviolenza comunali: Trionfale (331.6493913) e Sisenna (366.9384736), entrambi 24 ore su 24, e Colasanti-Lopez (366.9384721), attivi dal lunedì a venerdì dalle 10 alle 18. Questi centri continuano ad essere raggiungibili anche da rete fissa, mail e tramite il numero di emergenza 1522.

“I centri antiviolenza di Roma Capitale non si sono mai fermati, rispondono ad ogni ora del giorno e della notte per offrire assistenza e supporto, oggi anche via Whatsapp”, le parole dell'assessora alle Politiche sociali Veronica Mammì. "I dati rilevati ci confermano che all’inizio dell’emergenza ci potrebbe essere stata una difficoltà maggiore a chiedere aiuto, ma il trend di attività dei nostri centri continua a salire", aggiunge la delegata della sindaca alle Politiche di genere Lorenza Fruci.

Alla Croce Rossa è stata invece affidata dal Comune una struttura a Tor Marancia da 40 posti, attualmente occupata da 10 persone, destinata però non solo a donne vittime di violenza ma anche a donne sole, madri con figli minori o gestanti senza dimora o in situazione di fragilità.

Nelle scorse settimane la Regione aveva invece stanziato altri 750mila euro per il cosiddetto ‘Contributo di libertà’, un reddito destinato alle donne che intendono intraprendere percorsi di fuoriuscita dalla violenza.

Solo sulle cronache di Romatoday dall’inizio di aprile sono stati riportati ben 16 casi di episodi di violenza demestica che hanno visto l’intervento diretto delle forze dell’ordine. Storie di violenza quotidiana, consumata anche davanti a figli molto piccoli, minacce di morte, percosse, umiliazioni e tentati omicidi. Una delle ultime notizie, riportata oggi, racconta di un uomo che ha picchiato la moglie, con cui è separato in casa, minacciandola di morte per non essere riuscito a violentarla. La stessa cosa era accaduta solo una decina di giorni prima.

2 aprile
"Mi tradisci", picchia la moglie e la manda all'ospedale
Colpisce la moglie con pugni in testa per non lasciarle segni

3 aprile
Picchia e colpisce la moglie con una sedia, voleva che il figlio si allontanasse da casa 

4 aprile 
Picchia la moglie, la minaccia di morte e le estorce soldi per la droga 

6 aprile
Picchiata durante la gravidanza e costretta a fare sesso davanti alla figlia di 7 anni 

8 aprile
Minaccia di uccidere la compagna con una spada e aggredisce gli agenti 

10 aprile
Aggredisce la sua convivente, in passato picchiò anche il figlio minorenne 

13 aprile
Picchia la compagna e la figlia di tre mesi: 40enne in manette 

15 aprile 
Ubriaco picchia la convivente e la manda all’ospedale, le violenze andavano avanti da due anni
Picchia la madre e si barrica in casa, fermato con lo spray urticante 

16 aprile 
“Vattene via che ti ammazzo”, poi picchia la compagna davanti alla figlia piccola

20 aprile
Tenta di uccidere la fidanzata accoltellandola ripetutamente: 27enne in pericolo di vita 
Armato di ascia minaccia di morte la moglie. Lei prende in braccio la figlia e scappa

21 aprile
Calci e pugni alla compagna davanti alla nipote di 4 anni: arrestato per maltrattamenti

23 aprile
Picchia la moglie davanti alla figlia minore per un rapporto sessuale non voluto

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