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Una casa per le donne vittime di violenza: tra le ipotesi anche gli alloggi dei custodi

Un centinaio di appartamenti occupati senza titolo da ex custodi e familiari potrebbero rientrare tra i beni pubblici da destinare a chi esce da situazioni di violenza domestica, come discusso in commissione pari opportunità

Tirare fuori le donne dai contesti violenti, dar loro protezione, iniziare percorsi di semiautonomia e autonomia, ma soprattutto dare una casa. Il tema è stato affrontato in commissione pari opportunità il 3 ottobre e presto diventerà oggetto di confronto anche con la commissione patrimonio. 

"Per sostenere le donne servono misure concrete e di lungo periodo - fa sapere la consigliera Michela Cicculli, presidente della commissione pari opportunità -. Con gli stanziamenti quinquennali per i centri antiviolenza abbiamo fatto un primo passaggio e lavoreremo ancora per diffondere e incrementare le quote di riserva che prevedono alloggi popolari per le donne che escono da situazioni di violenza". 

Una strada percorribile è anche quella del patrimonio di Roma Capitale. Immobili vuoti e inutilizzati oppure occupati senza titolo, come le case dei custodi delle scuole di proprietà dell'ex provincia, oggi città metropolitana. La figura del custode, infatti, è ormai retaggio del passato. Nel 2009 l'allora giunta Alemanno chiedeva a quelli andati in pensione di restituire gli alloggi entro 3 anni, ma non è mai successo. 

Da anni i custodi ancora in vita e in molti casi i parenti più prossimi, ovviamente senza titolo, occupano gli alloggi senza riconoscere alcun canone, a volte nemmeno le bollette. Nel 2020 l'associazione nazionale presidi aveva denunciato la presenza di circa 100 appartamenti in queste condizioni. "Ne parleremo con Trombetti - conferma Cicculli a RomaToday - però prima va fatto un censimento, capire gli alloggi liberi e quelli occupati, oltre a quelli già venduti dal comune e di cui non abbiamo risultanza". 

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