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Violenza e condizioni di lavoro peggiorate: "Così il Coronavirus ha colpito le donne e il 25 novembre presenteremo il conto al governo"

Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne diverse iniziative sono in programma nella Capitale. Anche sabato 28 novembre ci sarà un flash mob

Abiti neri e un fazzoletto ‘fuxia’ per presentare il conto al governo del prezzo pagato dalle donne per il confinamento in casa ed enunciare i dati della violenza domestica, che durante i mesi della quarantena ha registrato un’impennata. Quest’anno, la Giornata internazionale contro la violenza verso le donne, che ricorre il 25 novembre, non vedrà un fiume di gente attraversare le strade di Roma per un corteo nazionale. Nella Capitale, però, saranno diversi gli eventi organizzati dalla rete Non una di meno Roma, che non faranno passare inosservata questa data. 

Il primo appuntamento è alle ore 11, a piazza Montecitorio, per un presidio dal titolo eloquente: “Vi presentiamo il conto”. Le attiviste di Non una di meno presenteranno i dati sulla violenza domestica, che ha subìto un’impennata durante la quarantena. Lo hanno detto i numeri dei centri antiviolenza, riportati nei mesi scorsi anche da Romatoday, i quali, di fronte a un calo iniziale legato alla convinzione che anche questo servizio avesse chiuso come molte altre attività, nei mesi della pandemia hanno registrato un numero di richieste di aiuto quasi raddoppiate. Un trend in crescita rimasto inalterato dall’inizio della pandemia: tantissime donne, costrette a stare per molto più tempo in casa con mariti e compagni violenti e senza poter fare affidamento sulla rete familiare o di amicizie, hanno visto la propria condizione aggravarsi.

“Le conseguenze del lockdown si misurano nei dati della violenza domestica (+119%) destinati ad aumentare ancora con le nuove misure di confinamento, con i centri anti-violenza femministi e le case rifugio che hanno dovuto far fronte a un'emergenza nell'emergenza per non lasciare nessuna da sola e con l'accesso all'aborto che è diventato ancora più complicato”, scrivono nella nota che annuncia la mobilitazione. Proprio la scorsa settimana, Non una di meno Roma, insieme al Coordinamento delle assemblee delle donne e delle libere soggettività dei consultori del Lazio ha presentato uno studio con i numeri dei medici obiettori negli ospedali pubblici del Lazio: quasi il 70 per cento. 

I numeri del conto da presentare al governo sono però anche quelli ‘economici’ che le donne hanno pagato per il “confinamento in casa”. Scrivono le attiviste di Non una di meno: “Lavoratrici e madri sono obbligate a un’impossibile conciliazione tra lavoro e famiglia, tra salario e salute. Ma sono soprattutto le donne e le persone lgbtqia+, migranti, precarizzate e non garantite a pagare la crisi e a perdere per prime il lavoro (sono già 470mila le donne che hanno perso il lavoro per la crisi economica da pandemia). Il ricorso sistematico al lavoro gratuito, precario o malpagato non è corrisposto da nessuna valida misura di sostegno al reddito e al salario, dall'inclusione nel welfare, dal supporto per la cura di bambini, malati e anziani”.

Poi aggiungono: “La tenuta della sanità e della scuola mostra un sistema sociale distrutto dalle politiche di austerity e fondato sulle diseguaglianze. Il corpo delle donne e gli ecosistemi condividono lo stesso destino: risorse gratuite, inesauribili e a disposizione”. Per questo la richiesta che verrà portata in piazza riguarderà anche l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund: “Pretendiamo che le risorse vadano a finanziare sanità e scuola pubblica, a garantire un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare veramente universale e non familistico che liberi le donne dal carico esclusivo del lavoro di cura. Lottiamo per un permesso di soggiorno europeo slegato dalla famiglia e dal lavoro, per le risorse ai centri anti-violenza femministi e alle case rifugio, per un nuovo piano antiviolenza che metta al centro autonomia e autodeterminazione”.

Il pomeriggio alle ore 17 l’appuntamento è invece a ponte Garibaldi, il luogo dove, il 12 maggio 1977, è stata uccisa la studentessa Giorgiana Masi. L’idea non è solo quella di “ricordare le donne vittime di femminicidio e gridare insieme la nostra rivolta contro la violenza maschile e istituzionale sulle donne” ma di fare di ponte Garibaldi un “luogo simbolico” in cui le donne potranno ritrovarsi “ogni qualvolta ci sia un femminicidio”. Ponte Giorgiana Masi, appunto. Alle 16, un’ora prima di questo appuntamento, una catena umana partirà dalla Casa Internazionale della Donna, che si trova non molto distante dal ponte, in via della Lungara a Trastevere. Nello storico immobile, la cui apertura negli ultimi anni è stata messa in discussione da un contenzioso aperto dall’amministrazione Raggi, verrà così inaugurata una ‘zona fuxia’. 

L’idea punta a richiamare la suddivisione in zone di diversi colori dell’Italia attraversata dalla pandemia: gialle, arancioni e rosse. La ‘zona fuxia’, spiegano però le attiviste di Non una di meno, non sarà legata a indicazioni geografiche: “Non è una città né una regione: è uno spazio di lotta e di possibilità, di solidarietà e di relazione da costruire assieme per trasformare l'esistente e immaginare la vita oltre la pandemia”. L’appuntamento è per sabato 28 novembre alle ore 16 in piazza del Popolo. Armate di nastri, abiti, oggetti, striscioni e trucchi, cartelli e messaggi, metteranno in campo un flash mob. Con un obiettivo: “Dichiarare Roma zona fuxia”.

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