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Politica Ponte Mammolo / Via delle Messi D'Oro

Ponte Mammolo simbolo della mala accoglienza: rifugiati ancora parcheggiati in strada

Dormono sulla spianata di cemento davanti a quello che è rimasto delle loro baracche, rase al suolo dalle ruspe lo scorso 11 maggio. L'assessore Danese assicura una soluzione a giorni, ma le accuse non si placano

Montagne di lamiere fatiscenti, con pezzi di vita schiacciati sotto le macerie. Scarpe spaiate, libri, tanti libri, molti di favole per bambini, addobbi di Natale, spazzolini da denti, rotoli di carta igienica. E poi divani, letti, cuscini, lenzuola, un frigo ribaltato, mezzo aperto. Dentro ci sono ancora delle uova. Il tempo delle ruspe è stato troppo rapido per fare le valigie. In via delle Messi d'Oro è rimasto un cimitero dall'odore nauseante. A pochi metri decine di uomini che ancora dormono sull'asfalto, fotografia da giorni dell'accoglienza che fallisce. 

LO SGOMBERO - Il campo di Ponte Mammolo era abusivo, in condizioni igienico sanitarie precarie da secoli. Alle 9 dell'11 maggio le escavatrici sono sul posto. La Polizia Municipale dà pochi minuti agli abitanti per prendere i loro effetti personali e lasciare le baracche. C'è chi fa muro e si ribella, una vigilessa rimane ferita da un coccio di bottiglia, l'assessore Danese interviene e chiede uno stop che permetta agli occupanti di recuperare almeno i documenti. Le tensioni si allentano. Il campo viene raso al suolo, e parte lo smistamento. 

Sono tutti rifugiati politici e richiedenti asilo, in gran parte eritrei, chi stanziale e lì da anni con tanto di residenza e allacci alle utenze, chi transitante, arrivato dalla Sicilia e in viaggio verso il Nord Europa. Dei presenti al momento dello sgombero, secondo i numeri forniti dalla Sala Operativa Sociale, 174 vengono trasferiti subito in un centro di prima accoglienza, il Baobab di via Cupa, 60 tra donne e bambini vanno in case protette. Per decine di uomini invece non c'è posto, restano parcheggiati sulla spianata di cemento in attesa di risposte. E le accuse sono pesanti, da subito. 

VIDEO | RIFUGIATI IN STRADA A POCHI METRI DALLE MACERIE

GLI ATTACCHI - “Una vergogna” per i volontari di Medu (Medici per i Diritti Umani), impegnati con i rifugiati già nel campo e firmatari di una lettera diretta al primo cittadino. “Perché, signor Sindaco, a Roma non è possibile approntare misure di accoglienza decenti a persone che, ricordiamo, non scelgono di andar via, ma fuggono dai loro paesi a causa di violenze, guerre e persecuzioni?”. Anche l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati bacchetta Roma, parla di “sgombero coatto” che ha interrotto senza ragione “l'azione di concertazione avviata con gli abitanti”. 

Danese assicura “una soluzione per tutti nei tempi più rapidi possibile”. Ma il timore è uno solo: i centri sono strapieni e di quelli rimasti, una sessantina, non si sa che fare. Dieci giorni dopo non c'è ancora una risposta. Come non c'è alla domanda che infuoca la polemica: chi è arrivato prima, le ruspe o le politiche sociali?

“Se il Comune intendeva togliere le persone dal degrado, così ha fatto peggio, il progetto di farli uscire dal campo doveva essere attuato prima”.  Cecilia di Resistenze Meticce parla con la stessa rabbia di tutti i volontari che hanno lavorato per anni nel campo, e che ora assistono i migranti rimasti senza un tetto. Individua precise responsabilità nelle istituzioni. Tutto troppo rapido, e non sorretto da una pianificazione sufficiente, alla faccia dei diritti di chi è titolare (tutti) di protezione internazionale. 

Anche Federica, di Prime Italia, altra associazione sul posto con i migranti, condanna senza appello. “Nessuno si aspettava che le ruspe arrivassero lunedì, davvero nessuno di loro. C'è chi è tornato da lavoro e ha trovato la sua casa rasa al suolo”. Le ragioni di un'azione così rapida? “Si conoscevano da tempo le condizioni dell'insediamento, che è abusivo, e da tempo si parlava di trovare soluzioni alternative, ma le pressioni dovute al transito dei migranti in arrivo nelle ultime settimane hanno accelerato le decisioni. Ponte Mammolo è l'unico snodo per i transitanti, e forse il timore è stato di ritrovarsi di fronte una situazione fuori controllo”. Certo “non è una giustificazione a modi e tempi di attuazione”. Messi D'Oro-3-2

REPLICA E NUMERI - L'assessore al Sociale difende l'operato degli uffici, appoggiata su tutto la linea dal prefetto Gabrielli. Lo fa appena le ruspe finiscono il lavoro - “non è vero che non c'è stato preavviso” - e lo fa ancora nei giorni successivi, quando gli attacchi su assenza di coordinamento e pianificazione si fanno pressanti - “siamo stati presenti, abbiamo già trasferito 200 persone in alloggi alternativi”. 

E il primo conflitto è proprio sui numeri. Il giorno del censimento, una settimana prima dell'arrivo delle ruspe, i migranti del campo lasciavano nome e cognome presso la parrocchia di don Marco Fibbi. Qui le unità mobili dell'assessorato ne hanno contati 114. Il giorno dello sgombero dicono di averne trovati 204. Per le associazioni di volontari si toccava i 400. 

“NESSUNO CI HA AVVISATO” - Altro scontro, ben più acceso, è sul modus operandi, che forse esula dalle cifre. Danese ha dichiarato di “aver avvisato gli abitanti la settimana prima e di aver avviato un iter progettuale per l'assistenza”. Per migranti e associazioni però durante il censimento in parrocchia nessuno degli operatori sociali avrebbe fornito dati logistici. 

Lo sgombero era nell'aria e che ci sarebbe stato lo sapevano tutti, “ma non così e non con questi tempi”. No, Kimbrom, 30 anni, dal 2005 residente nel campo e ora senza casa, non lo aspettava. Altrimenti, forse, avrebbe preso le sue cose. (LA VIDEO TESTIMONIANZA). “Sapevamo che prima o poi ci avrebbero spostato, ma io qui ho lasciato tutto, non ho più niente, neanche un maglione, meno male che ho preso i documenti, così lo sanno che io sono regolare in Italia”. 

Messi d'Oro 2-2-2IGIENE E SANITA' - Già, c'è l'oggi a spazzar via numeri e polemiche. Quelle montagne di lamiere da un lato, e quelle decine di ragazzi dall'altro, che da giorni vanno avanti grazie ai pasti della Caritas, alle tende da campeggio regalate, alle coperte portate dai cittadini del quartiere, in condizioni igienico sanitarie preoccupanti. Sono i medici a dirlo. 

“Abbiamo già rilevato diversi casi di scabbia, la patologia si sta diffondendo perché la situazione igienica è peggiore della precedente” racconta Michela Nardi, medico di Medu. “In sé non è un patologia grave, ma l'assenza di servizi e il pessimo quadro igienico rendono più difficile la cura della malattia”. Niente bagni per i migranti, e niente acqua. Da Prime Italia la conferma: "Avevamo chiesto wc chimici ma non sono mai arrivati".

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