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Tevere, "campioni inutilizzabili": analisi da rifare. Resta un mistero la moria dei pesci

Lo stato di decomposizione degli organi, nei pesci prelevati come campioni, era troppo avanzato. Asl Rm1: "Erano colliquati, cioè liquefatti"

Da domenica primo giugno i romani stanno segnalando la presenza di centinaia di carcasse. Banchi di pesci morti sono stati dapprima avvistati tra Ponte Amedeo di Savoia e Ponte della Musica, poi più a sud, all’altezza del Ponte della Scienza, tra Ostiense e Marconi.

Le analisi effettuate

Per fare chiarezza sulle cause che hanno portato alla morte centinaia di esemplari, la ASL è stata incaricata di eseguire degli accertamenti. I risultati, attesi per la giornata del 4 giugno, sono arrivati. Ma non sono stati in linea con le aspettative. Le carcasse d barbi tiberini ed i cefali raccolti sul fiume, non hanno permesso di stabilire alcuna verità scientifica. “Lo stato di decomposizione era troppo avanzato, gli organi – fanno sapere dalla ASL RM1 – erano colliquati, cioè liquefatti”.

I campioni decopomposti

Il responso dei veterinari che operano all’Istituto di zooprofillassi, cui la ASL RM1 si era affidata, non scioglie il mistero. “Il parchetto viscerale è stato comunque inviato alla UOT Toscana, presso il centro laboratoriale di chimica tossicologica dell’unità di Firenze”. Verranno eseguiti comunque delle analisi per la ricerca di cianuro e pesticidi. Ma il campionamento va ripetuto.

La doccia fredda

L’unico aspetto positivo, com’è stato ribadito dalla ASL, è che i pesci rinvenuti “non fanno parte della nostra catena alimentare”. Resta però da comprendere quali sia stata la causa della loro morte.  Durante l'emergenza Coronavirus “le acque cristalline del lockdown ci avevano illuso – ha commentato Rosalba Giugni, presidente dell'associazione MareVivo – ma questa è stata una doccia fredda”. Non la prima, visto che analoghi episodi si sono verificati nel 2008 e nel 2017. Ma ora dobbiamo capire cos’è successo”. Anche per evitare che si possa ripetere.

Possibili cause

Le ipotesi al vaglio sono due. L’idea che nel Tevere siano state sversate sostanze altamente inquinanti sembra quella meno cauta. Dovrebbero esservi state rilasciate, per provocare questo danno, in grandissima quantità. C’è chi invece indica la scarsa portata idrica come concausa. In acque poco profonde, gli inquinanti trasportati dalle banchine per effetto del temporale del 31 maggio, avrebbe finito per intossicare i pesci. Ma sono tutte ipotesi che vanno verificate.

Lì'impegno per l'ambiente

Nel frattempo si continua a chiedere chiarezza. I portavoce romani dei Verdi hanno chiesto, ad ASL ed ARPA, di rendere pubblici gli accertamenti sullo stato delle acque del Tevere. La minisindaca Sabrina Alfonsi invece, stigmatizzando “il disastro ambientale” avvenuto con la  recente moria di pesci , ha chiesto  di mettere in campo “una task force che sia in grado di gettare le basi per una programmazione reale, con tempi definiti, per il rilancio del Tevere”. Per ora resta il mistero sulle cause che ne hanno decimato la fauna ittica. “I pesci non possono parlare, noi sì” ha ricordato Alfonsi. E non solo il 5 giugno, data in cui ricorre la giornata mondiale dell’ambiente. I riflettori sul Tevere, e sulle centinaia di pesci improvvisamente venute a galla, vanno mantenuti accesi.
 

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