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Roghi tossici, il piano rom è in ritardo e Raggi corre ai ripari: 16 nuove telecamere fuori dai campi

Si parte da via Salviati. Nuove telecamere a infrarossi collegate alla Sala Sistema Roma e gestite dalla Polizia Locale di Roma Capitale. I campi però, secondo gli annunci di Raggi, dovrebbero avviarsi a chiusura

Nuove telecamere a infrarossi fuori dai campi rom. Il piano per la chiusura delle baraccopoli è in alto mare, quelle di maggiori dimensioni presenti nelle periferie della città sono ancora aperte e allora la sindaca corre ai ripari e intanto decide di installare nuove telecamere per garantire la sicurezza e contrastare il fenomeno dei roghi tossici. Si parte dall'insediamento di via Salviati in V municipio. 

"Il dipartimento Lavori Pubblici ha coordinato le operazioni con impianti di video sorveglianza ad alta risoluzione che garantiscono al tempo stesso un monitoraggio continuo e l'individuazione di eventuali fonti di calore fino a una distanza di 1 km" fa sapere il Campidoglio. Un nuovo sistema di sorveglianza collegato alla Sala Sistema Roma e gestito dalla Polizia Locale di Roma Capitale che sarà presto funzionante anche in altri campi rom della città. 

Via di Salone, via Cesare Lombroso, via Luigi Candoni, Castel Romano e La Barbuta. In totale è prevista l'installazione di 16 telecamere e di 11 termocamere. "In questo modo sarà garantito un maggiore controllo e interventi più veloci da parte delle autorità per migliorare la sicurezza, la salute pubblica e il decoro". 

"Prosegue il nostro lavoro per contrastare il fenomeno dei roghi tossici. Dopo Salviati, nelle prossime settimane saranno installati nuovi impianti di sorveglianza anche in altre aree - spiega Raggi - un lavoro che si affianca a quello per superare e gradualmente chiudere i campi rom presenti a Roma. Grazie a più controlli in tutta la città abbiamo registrato una progressiva e costante diminuzione dei roghi tossici. Nel 2020, infatti, nei campi rom si è verificato il 30% in meno degli incendi rispetto all’anno precedente". 

A che punto è il piano rom 

Certo, se il piano per la chiusura dei campi rom avesse raggiunto gli obiettivi inizialmente prefissati, non ci sarebbe bisogno di nessuna telecamera. E invece rispetto agli annunci del 2017 il Comune è in forte ritardo. Solo un campo è stato smantellato e Barbuta e Monachina che sulla carta dovevano chiudere entro il 31 dicembre 2020 (vedi i bandi di gara fatti per il superamento dei due singoli insediamenti) sono ancora aperti. Questo perché le misure proposte tre anni fa nel Piano rom per trovare una sistemazione abitativa alle famiglie non hanno funzionato come da aspettative (buono affitto, rimpatri, autorecupero di immobili, utilizzo di strutture di proprietà comunale per l'emergenza abitativa). 

Perché il piano rom di Raggi è un flop 

Secondo numeri forniti dall'associazione 21 Luglio a inizio anno (che il Campidoglio non ha mai smentito) al Camping River, unico insediamento dicevamo che è stato chiuso in questi anni, su un totale di 400 abitanti nel 2017, solo sei famiglie hanno utilizzato il buono affitto da spendere sul mercato immobiliare privato, di questi solo quattro contratti sono oggi ancora attivi. Altre 14 famiglie sono state rimpatriate ma oggi tutti i progetti avviati con i Paesi d'origine si sono interrotti e i nuclei sono rientrati a Roma. A la Barbuta, maxi campo ancora aperto, su 586 persone nel 2017, nessuna ha utilizzato gli strumenti messi a disposizione dal piano. Idem a Castel Romano. Mentre a La Monachina quattro famiglie sono riuscite a sfruttare il buono affitto.

A dimostrare il fallimento generale del piano messo in campo, un nuovo bando di gara alternativo, pubblicato prima di Natale per la ricerca di alloggi temporanei destinati all'accoglienza delle famiglie rom in uscita dai campi. Importo a base di gara di 1.785.726 euro. Neanche questo un gran successo: due lotti su tre sono andati deserti


 

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