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"Sì" ai tavolini a due passi dalla fontana di Trevi: il Consiglio di stato dà ragione al ristoratore 

La sentenza, dopo nove anni dal ricorso, rigetta le motivazioni contenute nel piano di massima occupabilità redatto dal I municipio

"Sì" ai tavolini in piazza dell'Accademia di San Luca, a due passi dalla fontana di Trevi. Il Consiglio di Stato annulla il piano di massima occupabilità (pmo) elaborato nel lontano 2013 dal I municipio accogliendo il ricorso del titolare del ristorante e condannando Roma Capitale. Una scelta non usuale. Solo in qualche raro caso un pmo è stato annullato direttamente dal tribunale per motivazioni strettamente inerenti ai criteri adottati e non alla generica legittimità del Comune di intervenire sul tema. "Si tratta di una sentenza innovativa perché il giudice ha riconosciuto la possibilità di contestare le schede di dettaglio dei piani di massima occupabilità applicando gli stessi criteri che si è dato il Comune" commenta l'avvocato Paolo Giovannelli.

Cos'è un pmo?

Con il termine si fa riferimento a uno strumento di regolarizzazione degli spazi pubblici nella Città Storica di Roma, gestito per lo più dai municipi, nel caso specifico dal I municipio, spesso oggetto di proteste e ricorsi da parte dei commercianti. Riguardano esclusivamente la pianificazione delle occupazioni di suolo pubblico (osp) dei locali di somministrazione (ristoranti, bar, pub ecc. ecc.), cioèspazi di collocazione di tavolini, sedie, e arredi vari per le consumazioni all'aperto. Detto altrimenti, sono delle planimetrie di vie e piazze dei vari rioni che indicano dove è consentito occupare il suolo pubblico da parte dei commercianti. 

La sentenza

Tornando alla sentenza, vediamone i dettagli. Il Comune nel 2012 rilascia al ristoratore in questione 18 metri quadrati di occupazione di suolo pubblico davanti all'esercizio. Nel 2013 però, nove mesi dopo, annulla quella stessa concessione, pubblicando il piano di massima occupabilità per la piazza che non prevede tavolini nello spazio precedentemente concesso. 

La ragione? I dehors concessi sarebbero posizionati, si legge nella ricostruzione dei fatti presenti nella sentenza, che RomaToday ha potuto visionare, "in prossimità dell'incrocio con vicolo Scavolino impedendone l'accesso da parte dei mezzi di pronto intervento". Ma è proprio quest'affermazione che viene contestata dal Consiglio di Stato. A Roma Capitale viene contestato di essersi "limitata ad affermare in maniera generica che l'occupazione dell'area impedirebbe l'accesso al vicolo ai mezzi di soccorso". A fronte però degli stessi criteri indicati, due consulenze tecniche di parte indicano piuttosto il contrario. 

"Nella consulenza tecnica redatta dall'arch. Lattanzi (depositata in primo grado del giudizio), non solo è dato (pag. 3) conto di siffatti criteri, ma (pag. 4) è anche dimostrato come la loro applicazione al caso concreto consentirebbe pur sempre il rilascio di concessione per l'occupazione di suolo pubblico in un'area della piazza; sarebbe infatti rispettato lo spazio libero previsto in area pedonale senza marciapiede e consentita la svolta in uscita dal vicolo Scavolino" si legge nella sentenza.

Dunque, "l'amministrazione - proseguono i magistrati della camera di consiglio - dovrà dapprima esattamente identificare i criteri tecnici previsti per area come quella in esame (area pedonale senza marciapiede che consente l'accesso ad un vicolo di ridotte dimensioni anch'esso ubicato in area pedonale) e verificare se in concreto l'occupazione di uno spazio della piazza sia per essi assolutamente preclusa". Una vittoria dunque per il titolare del ristorante, che dopo nove anni di vicende legali, potrà riposizionare i suoi tavolini. 

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