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Caos affrancazioni, stop al maxi-rimborso da 300 mila euro: la Corte d'Appello congela il risarcimento

Nuovo capitolo nella vicenda della compravendita a prezzi di mercato nelle abitazioni dei piani di zona

Sentenza sospesa. Si apre un nuovo capitolo nella vicenda della compravendita a prezzi di libero mercato delle abitazioni realizzate in regime di edilizia convenzionata nei piani di zona della Capitale e quindi vincolate al rispetto di prezzi calmierati. La Corte di Appello di Roma ha accolto le motivazioni con le quali un venditore, presentando ricorso avverso alla sentenza di primo grado che lo condannava a versare 300 mila euro all’acquirente della propria abitazione, aveva richiesto la sospensione dell’esecutività della condanna. La decisione è stata fissata al dicembre del 2020. 

Il caso in questione è quello di Paolo Visintin, raccontato da Romatoday nel febbraio scorso. Un caso che ha scoperchiato una situazione che coinvolge circa 250 mila abitazioni in tutta Roma. Queste case, realizzate a partire da una legge degli anni ’70 con agevolazioni o finanziamenti pubblici e per questo destinate a essere vendute o affittate a prezzi calmierati alle famiglie meno abbienti, dopo il primo acquisto, sono state rivendute e comprate per anni a prezzi di libero mercato. Il Comune dava il via libera con i nulla osta, i notai firmavano. 

Nel 2011 la legge 106 ha stabilito che per svincolare le compravendite dal prezzo massimo di cessione è necessario effettuare con il Comune una nuova convenzione e versare una quota, detta ‘affrancazione’. Ma le compravendite nella Capitale proseguono allo stesso modo. Nel settembre del 2015 una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (la numero 18135 del 2015) ha stabilito che il vincolo, invece, rimane anche per le vendite successive alla prima. Il valore di tutte le abitazioni realizzate nei piani di zona è quello fissato dalle convenzioni. L’effetto è immediato: compravendite congelate, rogiti rimandati a data da destinarsi, chi ha comprato a prezzi di mercato inizia a chiedere ai venditori il rimborso della differenza. 

La storia di Paolo: "Devo restituire 300 mila euro"

Paolo Visintin nel febbraio del 2018 viene condannato in primo grado a restituire quasi 300 mila euro. Questa la storia: nel 1993 acquista la sua abitazione nel piano di zona di Casal Brunori versando quanto previsto dalla convenzione, 142 milioni di lire. Ci abita per 14 anni e nel 2007 decide di vendere. “Ho chiesto al comune, alla banca e al notaio” racconta a Romatoday. “Tutti mi hanno confermato che dovevo vendere a prezzi di mercato”. Il prezzo stabilito è 385 mila euro. Nel 2015 arriva la sentenza della Cassazione. Nel 2016, quasi dieci anni dopo la compravendita, scatta il ricorso con cui l’acquirente punta ad annullare parzialmente la compravendita e chiedendo la restituzione della differenza, 283 mila euro più spese legali. La condanna arriva nel gennaio del 2018. 

Paolo Visintin decide di impugnare alla Corte di Appello ma la sentenza è esecutiva e i pignoramenti possono partire prima che il procedimento arrivi a sentenza definitiva. Per questo Visintin, difeso dall’avvocato Marco Cesetti, decide di chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza. Con provvedimento depositato il 3 settembre scorso il collegio dei giudici della Corte di Appello ha accolto le sue motivazioni e, fissando la sentenza a dicembre del 2020, ha deciso per la sospensione. Il collegio ha da un lato riconosciuto che il patrimonio del ‘debitore’, in attesa della sentenza, sarebbe stato in seria difficoltà; dall’altro ha dichiarato la non manifesta infondatezza del ricorso che è basato sulla violazione del legittimo affidamento di Paolo Visintin, perché al momento della compravendita del 2007 non era ancora prevista la possibilità di affrancare, e perché la legge 106 del 2011 non deve essere interpretata retroattivamente.

La storia di Paolo Visintin, fra le prime a essere arrivata al grado dell’appello, va a cadere su un quadro che vede centinaia di cause in tribunale con avvocati e notai che negli ultimi mesi, anche con convegni pubblici, hanno cercato di fare chiarezza. L’assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, Luca Montuori, ha chiesto un intervento legislativo del Governo. Da una parte ci sono i venditori, i quali, anni dopo le compravendite, si ritrovano ad affrontare richieste di risarcimento da centinaia di migliaia di euro. Dall’altro gli acquirenti che da un giorno all’altro si sono ritrovati con case a ‘prezzi massimi di cessione’, obbligati a ricorrere all’affrancazione per poterle rivendere a prezzi di mercato e alla cosiddetta ‘trasformazione’ (non ancora possibile per la maggior parte dei piani di zona) per raggiungere la piena proprietà.

Intanto il Comitato venditori 18135, dal numero della sentenza della Cassazione del 2015, cresce di mese in mese. Il presidente è proprio Paolo Visintin che, dopo aver raccontato la sua storia a Romatoday, ha iniziato a raccogliere sempre più denunce di venditori che sono ritrovati di fronti alle medesime richieste di rimborso. “Oggi siamo quasi 150 persone per un totale di richieste di rimborso che ammonta a 30 milioni di euro” racconta. “E purtroppo continuiamo ad aumentare”. 

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