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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica Borghesiana

Sfratti, Marina e i suoi 4 figli da oggi sono per strada: "Il Comune non paga più il buono casa"

Marina ha usufruito del buono casa per due anni e mezzo. Poi lo sfratto per pignoramento. "Così il Comune ha smesso di aiutarmi"

Marina, 38 anni, quattro figli e un contratto con un tirocino da 400 euro al mese, è stata sfrattata questa mattina dalla casa in via di Borghesiana in cui ha vissuto nell’ultimo anno e mezzo. Ha messo tutte le sue cose in alcune buste di plastica rigida e qualche valigia e ha aspettato l’arrivo dell’ufficiale giudiziario e della polizia insieme a una decina di attivisti del sindacato Asia Usb. Mentre i presenti hanno portato fuori tutto, il fabbro ha cambiato la serratura. Poi la porta si è chiusa per sempre alle spalle di Marina che si è allontanata con il figlio di quattro anni, autistico, nel passeggino.

Potrebbe sembrare uno dei tanti sfratti che ogni giorno vengono eseguiti a Roma. Nel 2018 ce sono stati 6 al giorno, nel 2017 ne sono stati registrati 8. Ma non è così. Perché Marina aveva diritto al buono casa del Comune di Roma, una misura di sostegno abitativo destinata alle famiglie in emergenza abitativa che prevede il pagamento dell’affitto da parte dell'amministrazione fino a un massimo di 750 euro mensili più 4mila euro iniziali per le caparre e mille per l'allaccio delle utenze. Dopo due anni e mezzo, però, Marina ha smesso di ricevere questo aiuto.

Il motivo è già stato raccontato da Romatoday, con un reportage di Veronica Altimari, nell’ottobre del 2018. Marina è stata sfrattata per la prima volta nel giugno del 2015. Aveva tre figli, che oggi hanno 12, 14 e 18 anni, ed era incinta del quarto. A quel tempo Marina era già nella graduatoria per l’assegnazione di una casa popolare. Dopo qualche mese "e un po' di battaglie" il Comune di Roma le ha riconosciuto il diritto a ricevere il buono casa così Marina trova un abitazione in affitto. Il canone lo pagava il Comune.

“Circa due anni e mezzo dopo, il 15 giugno del 2018, si è presentata a casa la polizia comunicandomi che avevo 15 giorni di tempo per uscire perché la banca si stava riprendendo l’appartamento”, ricorda Marina. “La precedente proprietaria”, spiega Maria Vittoria Molinari, sindacalista di Asia Usb, “non aveva pagato il mutuo della casa così era scattato il pignoramento”.

Marina ha cercato subito un’altra casa in affitto e ha chiesto al Comune di Roma di versare il buono casa al nuovo proprietario. “Avevo diritto a un sostegno di cinque anni rinnovabile di altri tre e ne avevo usufruito solo per due anni e mezzo”, racconta. “Grazie all'aiuto dell’allora assessora alle Politiche sociali del VI municipio, Francesca Filipponi, attiviamo le pratiche per riattivare il buono casa”, spiega Molinari. “Abbiamo subito inviato il nuovo contratto d’affitto e i documenti che testimoniavano lo sgombero ai dirigenti degli uffici comunali competenti, scritto numerose mail al responsabile capitolino per il buono casa. Non abbiamo mai ricevuto risposte”. Tutti si blocca "e non ci è mai stata comunicata ufficialmente la motivazione".

Per poter entrare nel nuovo appartamento Marina aveva già versato di tasca propria le caparre. Ma era chiaro fin da subito che se il Comune non avesse versato il buono casa Marina e i suoi quattro figli erano destinati allo sfratto. Come denuncia Asia Usb, l’amministrazione di Virginia Raggi, da dirigenti e funzionari del dipartimento Politiche abitative che si occupano delle assegnazioni del buono casa fino alle assessore competenti, Rosalba Castiglione prima e Valentina Vivarelli oggi, sono stati messi al corrente di questa situazione fin da subito.

Marina si è incatenata molte volte davanti alla sede del dipartimento Politiche abitative e in Campidoglio per protesta. “Ho parlato con tutti, anche con il vicecapo di gabinetto della sindaca Raggi, Marco Cardilli. Nel corso dell’incontro del 20 giugno 2019 (convocato dopo che Marina e altre donne in emergenza abitativa si sono incatenate davanti all'ingresso di Palazzo Senatorio, ndr) c’era anche l’attuale assessora Vivarelli, al tempo presidente della commissione capitolina Patrimonio”, racconta Marina. “Tutti a dirmi che avrebbero risolto la situazione”.

Oggi Marina è in mezzo a una strada. È arrivata al terzo sfratto in quattro anni e negli ultimi cinque mesi ha dovuto aprire la porta all’ufficiale giudiziario per quattro volte. Oggi è stata l’ultima. “Non so dove andare. L’unica proposta che mi è stata fatta è il trasferimento in una casa famiglia ma non è una soluzione accettabile. Il più piccolo è autistico ed è molto abitudinario. Anche lo sfratto di oggi farà aggravare la sua situazione”, denuncia.

Una situazione già difficile. “Mentre attendiamo di poterlo curare in un centro convenzionato con il Comune devo rivolgermi alle cure private. Ma non posso permettermi la terapia da 5 giorni a settimana di cui avrebbe bisogno. Costerebbe mille euro al mese. Riusciamo a portarlo solo per due giorni. Nella casa famiglia non potremmo vivere”. Poi si chiede: “Quanto costa una casa famiglia al Comune?”. Romatoday non è riuscito a ricostruire la cifra esatta ma sa che i centri di accoglienza dove il Campidoglio porta le famiglie che subiscono sgomberi costano poco meno di 20 euro a testa al giorno. La spesa per quattro persone è di oltre duemila euro al mese.

Da oltre cinque anni Marina è tra le oltre 13 mila famiglie che attendono l'assegnazione di una casa popolare a Roma. “A ottobre mi è stato detto che in graduatoria avevo davanti 70 nuclei familiari, considerando solo quelli numerosi come il mio. ‘Prenderai casa molto presto’, mi hanno detto. Ma non ho molta speranza. Forse ci riuscirò quando avrò 80 anni”. Marina e i suoi quattro figli, però, sono senza casa da questa mattina.

"La storia di Marina certifica la politica fallimentare del buono casa e delle politiche abitative dell’amministrazione comunale, ma anche l'accanimento di alcuni dirigenti comunali che invece di trovare soluzioni all'emergenza casa trovano cavilli per ostacolare soluzioni", denuncia Asia Usb. "Con lo sfratto di oggi si conclude un'assurda vicenda che fa emergere le vere responsabilità dell'amministrazione comunale che conduce una guerra alle famiglie più deboli anziché trovare soluzioni".

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