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Salvo l'Istituto storico del Medioevo: Raggi scopre lo sfratto e stoppa la procedura

Freno della sindaca all'iter avviato dagli uffici del dipartimento Patrimonio, che a loro volta scaricano la responsabilità sulla Sovrintendenza capitolina

Dietrofront di Raggi: l'Istituto storico del Medioevo rimane dove sta. La sindaca M5s frena sulla procedura di sfratto avviata dallo stesso Comune di Roma al prestigioso ente che esercita la propria attività nei locali di piazza dell'Orologio dal 1883. "Non si è trattato di un'iniziativa politica" fanno sapere dal Campidoglio.

L'iter, partito dagli uffici del dipartimento Patrimonio, non sarebbe infatti stato condiviso con la sindaca. Che messa al corrente dell'accaduto, e soprattutto sollecitata dall'ondata di polemiche partite proprio in seguito alla notizia dell'imminente sfratto, avrebbe stoppato il tutto, chiedendo al dipartimento di trovare una soluzione alternativa il prima possibile. 

Detto fatto. In serata ecco la nota stampa diffusa dal Campidoglio: "Gli assessorati al Patrimonio e alla Crescita culturale recependo gli indirizzi della sindaca Raggi per bloccare le procedure, tengono a precisare che l'istruttoria è stata avviata dal dipartimento Patrimonio dopo aver acquisito il parere e le esigenze della Sovrintendenza capitolina". Insomma, chiunque sia stato dovrà trovare un'altra soluzione.  

All'ente era stato chiesto di "rilasciare bonariamente i locali, liberi da persone e cose, entro 90 giorni dal ricevimento della presente". Tre mesi per abbandonare la struttura per un debito accumulato di circa 24 milioni e 400mila euro. Fatto invece negato dai referenti dello stesso istituto.

"È una falsità. I locali sono richiesti per le necessità di spazi dell'Archivio storico capitolino, che era stato collocato nel complesso borrominiano da Pietro Fedele" sostengono i referenti dell'ente, una vera istituzione per gli esperti studiosi del settore. "Sorprende che lo stesso Comune abbia restaurato nel 2006 grandi spazi al secondo e al terzo piano dello stesso complesso destinati al Capitolino e tuttora del tutto inutilizzati. Sfuggono le motivazioni di questa richiesta che priverebbe Roma di un'istituzione riconosciuta nel mondo e con un'intensa attività culturale ed editoriale".

Alle proteste degli storici dell'istituto sono seguiti polemiche politiche trasversali, da destra a sinistra, e una lettera dello storico Alessandro Barbero pubblicata su La Stampa. Che ha accusato la burocrazia del Comune di Roma di voler "distruggere uno dei cuori pulsanti di quel corpo oggi un po' scarnificato dai tagli ma ancora ben vivo, che è la ricerca storica italiana". 

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