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Via Scorticabove, nulla di fatto in Comune: i rifugiati restano in strada, dal Campidoglio nessuna soluzione

I sudanesi cacciati restano in strada, fermi sulla loro posizione di resistenza pacifica allo smembramento della comunità e con il rischio, forte, di uno sgombero della forza pubblica

Un tavolo permanente per risolvere la vicenda dei rifugiati di via Scorticabove sfrattati otto giorni fa. Fuori dal politichese un nulla di fatto: i sudanesi cacciati restano in strada, fermi sulla loro posizione di resistenza pacifica allo smembramento della comunità e con il rischio, forte, di uno sgombero della forza pubblica. Il Comune continua ad offrire i 40 posti in quattro strutture di cui si è rifiutato di fornire l'ubicazione, a promettere dialogo permanente e a "vantarsi" di un'assistenza ai sudanesi nell'area di via Scorticabove. 

Nonostante da una settimana ora 87, fino a pochi giorni fa 118, persone vivano per strada, accampati nel cuore della Tiburtina Valley, il comunicato del Campidoglio non parla di soluzioni, ma di obiettivi. In particolare l'obbiettivo è "una soluzione per l’accoglienza nell’immediato, accompagnata da un percorso di medio periodo che punti a tutelare i diritti e i legami comunitari", si legge in una nota del Campidoglio. A rappresentare il Comune a trazione pentastellata l'assessora alla Persona, Scuola e Comunità Solidale di Roma Capitale Laura Baldassarre e rappresentanti del Dipartimento Politiche Sociale di Roma Capitale e del IV Municipio.  

"Il percorso di assistenza – dichiara l’assessora Baldassarre – è stato avviato e prosegue. Abbiamo voluto questo tavolo permanente per fornire risposte all’emergenza abitativa e sociale delle persone sfrattate che permetta di superare la fase attuale. Nell’immediato sono state individuate alcune strutture alloggiative per fornire la prima necessaria forma di assistenza in un momento di forte criticità dovuto anche alle alte temperature estive. E’ l’inizio di un percorso che attraverso l’ascolto e il dialogo intende fornire, anche attraverso la collaborazione preziosa con gli altri soggetti attivi della rete di solidarietà, strumenti e soluzioni di medio periodo per la tutela dei diritti".

La vaghezza del comunicato e delle parole dell'assessora Laura Baldassarre nascondono numeri e sostanza dell'accoglienza proposta. Secondo quanto emerge si tratterebbe dei 40 posti nei centri di accoglienza extra Sprar, gli stessi proposti da otto giorni a questa parte e puntualmente rifiutati. I 40 posti sono tutti in 4 centri diversi: in pratica dieci per ogni struttura. In che zona? Sollecitati dalle associazioni presenti al tavolo, tra cui Unhcr, Baldassarre e gli altri presenti al tavolo hanno preferito non indicare quartieri e strutture.

Perché vengono rifiutati i posti offerti? Da un lato i posti proposti sono la metà di quelli necessari, quantificati in base al censimento fatto a febbraio. Dall'altro, e soprattutto, il fatto che quei posti  farebbero fare ai sudanesi un salto all’indietro di 15 anni: dall’autonomia abitativa e all'integrazione con il quartiere, tornerebbero agli orari di rientro, ai regolamenti, alle stanze da sei letti.

Adam Isshak, uno dei portavoce della comunità sudanese accampata in strada in via Scorticabove all'Agenzia Dire: "Ci viene proposta una soluzione per 40 persone noi invece qui siamo 87 al momento, molti sono fuori a lavorare. Siamo rifugiati politici, questo significa che non vogliamo una soluzione di emergenza per tre o quattro mesi, ma vogliamo un posto dove vivere. Non vogliamo soluzioni temporanee e di emergenza". 

"Noi da qua non andiamo via - sottolinea Adam - perchè non pensiamo che questa cosa sia stata gestita bene. Sarebbe bastato trovare una soluzione prima di eseguire lo sfratto, ci saremmo accordati e ora non ci ritroveremo tutti in strada. Che succede se in 40 accettiamo la soluzione di prima accoglienza del Comune di Roma? Dove andranno gli altri? Che fine farà la nostra comunità?". Il braccio di ferro per ora andrà avanti con una differenza rispetto ad altre situazioni, come il caso di via Curtatone: "Non vogliamo dar battaglia. Siamo disponibili ad una soluzione condivisa purche' non sia una soluzione di emergenza", conclude Adam.

Alessandro Capriccioli e Marta Bonafoni, capogruppo rispettivamente di +Europa Radicali e della Lista Civica Zingaretti al Consiglio regionale del Lazio commentano l'esito dell'incontro: "Oltre a essere obiettivamente inadeguata sul piano numerico  l'offerta 'di breve periodo' proposta dall'Amministrazione capitolina ai rifugiati sudanesi sfrattati dallo stabile di via Scorticabove non tiene conto della particolarità di un'esperienza pressoché unica nel panorama romano".

"Riteniamo", proseguono, "che la costruzione del percorso 'di medio-lungo periodo' su cui la stessa Assessora Baldassarre si è detta d'accordo vada accelerata il più possibile, attraverso un confronto diretto con la comunità sudanese e il contributo di quanti -istituzioni, associazioni, esponenti politici e società civile- siano disponibili a dare fattivamente una mano. Nel frattempo chiediamo al Questore, al Prefetto e alla Sindaca Raggi di non procedere con controproducenti operazioni di sgombero nei confronti dei rifugiati sudanesi fino a quando, attraverso gli incontri con l'Amministrazione che sono già stati calendarizzati, il percorso da adottare non sia stato meglio definito. Governare in modo efficace significa anche saper cogliere il carattere eccezionale delle situazioni che si debbono affrontare. E il caso dei sudanesi di via Scrticabove", concludono, "ne è una plastica ed emblematica dimostrazione".

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