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Sciopero generale dei trasporti venerdì 16 giugno: bus, metro e treni a rischio anche a Roma

La mobilitazione, che coinvolge anche il trasporto aereo, è stata indetta dai sindacati di base Cub, Sgb e Cobas. Sarà di 24 ore con rispetto delle fasce di garanzia. 4 le ore di sciopero indette invece dal Sulct

I trasporti, per lo spostamento di persone e merci, sono asse fondamentale del nostro Paese che potrebbe rappresentare un volano di crescita e di sviluppo.

Da anni si susseguono nel nostro Paese la parziale progettazione e realizzazione di piani dei trasporti che si basano essenzialmente sullo sviluppo di grandi opere infrastrutturali, soprattutto legate all'alta velocità del mezzo ferroviario e alla grande viabilità su strada.

La pratica delle privatizzazioni in questo comparto si è diffusa pericolosamente e progressivamente, producendo dissesto economico, disoccupazione, minori servizi all'utenza, riduzione preoccupante dei livelli di sicurezza, salari, diritti e tutele dei lavoratori in caduta libera.

I trasporti dovrebbero rappresentare un servizio accessibile alle persone garantendo il diritto alla mobilità (sbandierato solo quando i lavoratori scendono in sciopero), complementare alle attività industriali e dei servizi, per questo dove essere saldamente sotto il controllo pubblico.

Mai si è perseguita realmente la progettazione di un piano organico dei trasporti che da una parte tenesse conto complessivamente dell'integrazione dei vari settori del trasporto e dall'altro delle necessità legate alla sostenibilità sociale ed ecologica di questo fondamentale comparto industriale del Paese.

I lavoratori da una parte subiscono le scelte aziendali che sono dedite al massimo profitto, utilizzando leve che puntano alla riduzione dei livelli occupazionali, dei salari, della sicurezza del e sul lavoro, della manutenzione del parco macchine e dall’altra subiscono il “monopolio” sindacale di Cgil, Cisl, Uil, diventate ormai un corpo unico con le organizzazioni padronali.

I pochi rinnovi contrattuali (a perdere) siglati senza il coinvolgimento dei lavoratori, hanno aumentato sempre di più la distanza tra rappresentanza e democrazia. Questo è ancor più evidente dopo la firma del Testo Unico di Rappresentanza del 10 gennaio 2014 tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil (al quale hanno aderito anche sindacati di base come USB e COBAS) e il progressivo attacco al diritto di sciopero, facendo diventare sempre più invasivi i vincoli imposti dalla legge 146.

Il continuo smantellamento della competenza del “PUBBLICO” sulla gestione dei Trasporti come nelle Ferrovie, nel TPL, con la scellerata deregulation negli Aeroporti, dei Vettori Aerei come Alitalia, ha portato inevitabilmente alla diminuzione dei servizi offerti all’utenza e alla decadenza della qualità di quelli esistenti, con il conseguente aumento delle tariffe e all’espulsione dei lavoratori dai posti di lavoro.

I Trasporti, quindi, devono essere di proprietà PUBBLICA e avere finanziamenti certi.

Nell'attuale sistema industriale - incentrato sulla distribuzione e vendita di prodotti nei centri commerciali, nei supermercati, nei negozi, nelle stazioni, negli aeroporti, con l'e-commerce ecc... - il settore della logistica (trasporto merci e spedizioni) ha assunto un ruolo di nevralgica importanza. Per questo, imprenditori senza scrupoli e cooperative (anche false), non vedono l'ora di accaparrarsi la gestione degli appalti e, con l'intento di triplicare i profitti, hanno imposto situazioni di totale sfruttamento: ritmi di lavoro sempre più pesanti e flessibili, utilizzo di manodopera in nero, condizioni igieniche e di sicurezza quasi inesistenti, continui cambi d'appalto al massimo ribasso, salari da fame e il mancato riconoscimento di vari istituti contrattuali e troppo spesso buste paga “truccate”...

A tutto ciò si aggiunge il finanziamento dei fondi pensione chiusi, disciplinati con il D.Lgs. 5 dicembre 2005 e dell’assistenza sanitaria complementare, con i soldi dei lavoratori attraverso i rinnovi contrattuali, dove parte dei miseri aumenti salariali finiscono nei fondi pensione, nell’assistenza complementare e negli enti bilaterali. Mentre si assiste al continuo depauperamento del sistema pensionistico pubblico: dalla riforma Amato nel 1992, al governo Monti/Fornero nel 2011, fino al regalo alle banche con l’APe (Anticipo Pensionistico) del governo Renzi nel 2016. Ciò va di pari passo con la diminuzione delle prestazioni sanitarie a copertura pubblica (ASL) e l’aumento delle offerte private: la totale distruzione del sistema di solidarietà costruito con la lotta dei lavoratori!

Nel settore aeroportuale si denunciano crisi aziendali nonostante che il settore sia in continua crescita (oltre il +4,5% medio annuo ed in particolare Malpensa +10% ca., Venezia +10% ca., Marconi + 14%. A livello Nazionale il + 5,9% di merci trasportate ed il + 2,6% in volume di movimenti aerei) e le aziende scaricano sui lavoratori il peso di una concorrenza selvaggia, che non ha tutelato neppure l’utenza.

La macelleria nel comparto aeroportuale è uno dei laboratori in cui sperimentare la precarizzazione di massa, l’impoverimento generale e la cancellazione dei diritti di intere generazioni di lavoratori. Gli ammortizzatori sociali finiscono per essere utilizzati per tutelare gli azionisti e finanziare le ristrutturazioni aziendali con il benestare dei Governi e dei sindacali confederali.

L’accordo proposto in Alitalia, che confermava gli esuberi e il mancato rinnovo dei contratti a termine, senza un piano di rilancio, in osmosi con un piano generale del sistema aeroportuale che deve superare la logica della concorrenza (deregulation) porta inevitabilmente ad assistere definitivamente al declino del vettore aereo e del “sistema aereo in Italia”.

Perché il continuo ridimensionamento di Alitalia sul mercato domestico e su quello intercontinentale, anche in presenza di un intervento finanziario attraverso aumenti di produttività e di carichi di lavoro, diminuzione di salario e di Cigs, non porta a nessun rilancio, ma apre ulteriormente il mercato Italiano, e non sempre alle compagnie low cost, si veda Ryanair che trasporta oltre 130 milioni di passeggeri diventando il primo vettore aereo in Italia.

In questo quadro con il più classico “ricatto del lavoro” è stato gestito il referendum in Alitalia, al quale i lavoratori hanno risposto No!

Il NO dei lavoratori di Alitalia ci dice che si vuole resistere contro i soprusi di chi, in questi anni, ha mandato in fallimento Alitalia, Alitalia CAI, Alitalia SAI e l’Italia intera, contro i Governi padronali, sfiduciando Cgil Cisl Uil Ugl e le associazioni professionali, diventati a pieno titolo complici del capitale.

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