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San Raffaele Pisana, chiude il reparto per bimbi disabili: i genitori occupano

Dal 1 dicembre lo spazio convenzionato con la regione Lazio non esiste più. Ancora ricoverati i bambini per i cicli curativi già avviati, ma già non si accettano più prenotazioni. Le famiglie: "Qui a oltranza"

La Regione non risponde e i genitori dei piccoli pazienti danno il via all'occupazione. Dal 1 dicembre niente più day hospital nè ricoveri, è ufficialmente chiuso il "Codice 56" del San Raffaele Pisana, il reparto pediatrico che da anni offre cure d'eccellenza a migliaia di bambini affetti da varie forme di disabilità dello sviluppo. Era tra i fiori all'occhiello della sanità laziale, un centro privato convenzionato. Da ieri non esiste più. Al suo interno sono rimasti ancora sette ragazzini che stanno finendo le terapie. Sulla carta le porte chiuderanno quando l'ultimo paziente lascerà la struttura. I genitori però sono pronti alla lotta: "Resteremo qui dentro finché non avremo risposte".

A parlare è ancora una volta Maria Gemma di Trocchio, una madre che usufruisce da anni dei servizi del professor Giorgio Albertini, responsabile del reparto ospedaliero, per il suo bambino affetto da autismo: "Il Comitato genitori IRCCS San Raffaele Pisana dichiara il reparto pediatrico OCCUPATO perché non abbiamo più tempo da perdere e vogliamo che il diritto alle cure dei nostri figli venga difeso dalle istituzioni che dovrebbero farlo senza pressione da parte dei familiari".  Dietro a lei mamme e papà da tutta Italia si battono per i loro figli. C'è un comitato di protesta, ci sono migliaia di firme e una lettera inviata ai massimi vertici istituzionali del Paese. Anche al Papa. 

Un'extrema ratio quella di occupare i locali arrivata "dopo mesi di attesa senza nessuna risposta da parte di Zingaretti. Dopo essere stati ricevuti dai suoi dirigenti Panella e D’amato senza nessuna soluzione certa. Dopo la manifestazione di questa mattina sotto la Regione Lazio per chiedere la modifica della Delibera di Giunta regionale per evitare la chiusura del reparto, dopo che ancora una volta ci sentiamo dire le cose a metà e dette anche in malo modo". 

La chiusura è da imputare a una delibera regionale del 2012 per la valutazione delle prestazioni sanitarie legate alla disabilità: manca la scala per la fascia d'eta 0-18 (il cosiddetto indice di Barthel), fissata invece dalla conferenza Stato-regioni del 2011. Nella pratica, non ci sono i metri di valutazione per riconoscere la validità delle prestazioni del centro (che quindi non vengono pagate) perché mancano criteri ufficiali per individuare la stessa disabilità in età evolutiva. Il comitato chiede dunque una modifica della norma di legge. 

Ad appoggiare le istanze delle famiglie, le forze di opposizione in Regione. "Ci eravamo già interessati alla vicenda un mese fa e, raccogliendo il grido di allarme degli utenti del nosocomio, avevamo presentato una mozione che garantisse il mantenimento dei servizi in questo presidio dedicato ai bambini diversamente abili - scrive in nota il consigliere di Fratelli d'Italia, Fabrizio Santori - abbiamo dovuto fare i conti in Consiglio regionale con l’ottusità della maggioranza a sostengo del presidente Zingaretti che incurante del dramma che genitori e figli vivranno, ha bocciato il nostro documento. In sostanza, non c’è la volontà politica da parte della Regione di far proseguire questo servizio"

Torna sul caso anche il consigliere di Forza Italia, Antonello Aurigemma. "Un’eccellenza della nostra sanità ha chiuso da ieri e le famiglie, dopo mesi di mancate risposte da parte della regione, hanno occupato il reparto stesso perché aspettano ancora un riscontro da parte del presidente Zingaretti. Peraltro, le ricadute negative riguardano anche il personale, visto che sono 28 i medici e gli infermieri che rischiano il posto di lavoro"

Nessuno ha ancora risposto all'appello. Le famiglie però andranno avanti a oltranza, forti di 31000 firme sotto la petizione contro la chiusura, di mille mail inviate a Zingaretti, Renzi, Lorenzin. E di un esercito di genitori, pronti a tutto pur di garantire una vita dignitosa ai loro figli. 

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