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Piani di zona, altro rinvio a giudizio nell'inchiesta sugli affitti gonfiati

A processo gli ex responsabili delle cooperative Vesta e Atilia per Spinaceto, Monte Stallonara e Pisana-Vignaccia

Nuovo rinvio a giudizio nell’ambito delle inchieste relative ai piani di zona della Capitale. A finire a processo per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche gli ex componenti dei cda delle due società di costruzione, il Consorzio regionale cooperative edilizie Vesta e la Società coperativa edilizia Atilia, Ugo Klapetz e Giselda Pisaneschi, insieme all’ex presidente Mauro Lilli, poi deceduto. Così come disposto dal giudice, l’udienza si terrà il 28 gennaio del 2020. 

I tre imprenditori sono indagati per non aver sottratto il finanziamento pubblico destinato per l’edilizia agevolata dal canone di locazione richiesto agli inquilini. Nel documento di richiesta di rinvio a giudizio si parla di “artifizi e raggiri consistiti, tra l’altro, nello stipulare una convenzione con il Comune di Roma” per la costruzione di alloggi di edilizia residenziale pubblica agevolata, indicando il prezzo massimo di cessione “senza aver proceduto a decurtare dallo stesso l’importo del contributo regionale”.

In particolare, per il piano di zona ‘A5 Spinaceto’ non sono stati sottratti dal prezzo finale quasi due milioni di euro di contributo regionale (1.990.615, 59 euro, la metà dei 3.981.231,19 concesso a fondo perduto), e per il piano di zona ‘B50 Monte Stallonara’ oltre 600 mila euro (612.327,17 euro, la metà di 1.224.654,35, sempre a fondo perduto). Entrambi realizzati dal Consorzio Regionale Cooperative Vesta. L’importo non decurtato per ‘C23 Pisana Vinaccia’, realizzato dalla società cooperativa edilizia Atilia, ammonta invece a quasi 2 milioni e 400 mila euro (2.398.560,04 euro). 

I vertici delle due società, secondo il pm, non avrebbero inoltre presentato "il pur previsto piano finanziario e le opere migliorative corredate del prescritto assenso dei fruitori finali” facendo in modo che i prezzi rialzati venissero “certificati e approvati" da Comune e Regione. Tali prezzi tra il 2013 e il 2014 sono stati rivisti al ribasso dall’amministrazone capitolina con un procedimento in autotutela. 

Per il giudice sono così stati "indotti in errore" gli inquilini, che si sono ritrovati a stipulare "il contratto di locazione a condizioni più svantaggiose", il Comune di Roma, che ha concesso il diritto di superficie e rilasciato il titolo edilizio per l'edificazione, e la Regione Lazio, che ha erogato il contributo. Per i giudici, un "ingiusto e ingente profitto". L’indagine è partita nel lontano 2012 dalla denuncia di un  gruppo di 48 inquilini di questi quartieri, difesi dall’avvocato Vincenzo Perticaro e sostenuti dal sindacato Asia Usb. 

“Ci chiediamo se alla luce di questo rinvio a giudizio il Comune di Roma si attiverà per applicare correttamente i prezzi massimi di cessione e le convenzioni”, le parole di Perticaro. “Nonostante le denunce avanzate dagli inquilini, da parte delle istituzioni la vicinanza è stata minima perché continuano a subire sfratti ed esecuzioni. La solerzia con cui è stata approvata la legge sulle affrancazioni non la vediamo per approvare una sospensione degli sfratti così da non danneggiare ulteriormente gli inquilini”. 

Aggiunge Angelo Fascetti, di Asia Usb: “Speriamo che le inchieste facciano luce su questi meccanismi e che si applichino le norme fino in fondo. Nonostante la revoca degli immobili, infatti, anche a Spinaceto gli sfratti a carico di quattro famiglie stanno andando avanti”. Diffondendo la notizia, la stessa sindaca Virginia Raggi aveva annunciato lo stop delle procedure. “Ma il curatore fallimentare si è opposto davanti a un giudice che ha accordato la prosecuzione degli sfratti. Il tutto senza che l’amministrazione abbia ancora stabilito i prezzi massimi di cessione e quindi stabilito l’ammontare degli affitti”.

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